Dopo un pomeriggio all’insegna di un qualcosa da fare, girovagare per chilometri e chilometri, sfrecciando in macchina qua e là comporta una certa stanchezza e senza ombra di dubbio alcuno un certo senso di fame che non risparmia nessuno. Da Varese e dintorni, in seguito ad eventi che si sono rivelati poco interessanti nonostante le alte aspettative, mi sono precipitata ad Arese, al mio tanto amato Centro (commerciale) alla ricerca di un fatidico giubbotto di pelle, facendo un vero e proprio buco nell’acqua. Dopo qualche consolazione riparatoria sull’onda del fast fashion, trovo anche il presupposto di ricamarci attorno un articolo, oltre alla necessità primaria di dovermi sfamare all’alba delle 9 e mezza di sera. Non posso fare altro che riportare la mia soddisfazione nell’aver mangiato presso il tanto decantato “Signorvino”. Sia chiaro, si tratta di una catena presente in varie zone della nazione, pertanto il menù e i vini presumo che non cambieranno di una virgola, ma ogni punto di ristoro e vendita ha le sue diversità.
I clienti abituali e non si recano per comprare del vino, un po’ più differenziato dagli scaffali di un qualunque supermercato, ma ci vanno anche per consumare un pasto o un aperitivo senza pretese. I prezzi non sono di fascia bassa, ma considerando le porzioni che vengono servite, non preoccupatevi di tornare a casa a pancia vuota, anzi, tutt’altro.
Per quanto concerne l’aperitivo, con la bellezza di 9,50€ potete godervi un assaggio veloce e un calice di vino. Sembra esiguo a vederlo a distanza servito su altri tavoli, ma l’impressione sarà del tutto diversa nel trovarvelo davanti ai vostri occhi. Se proprio desiderate qualcosa di più consistente potete ripiegare sui taglieri, presenti sotto vari formati e varietà di cibi.
Essendomi fermata per cena e manifestando talvolta la brutta tendenza di avere l’occhio più grande della pancia, ho dato il via ad una serie di ordinazioni impossibili da finire, specie se in vista di un pasto. Il tutto incomincia con un “salamino” e un formaggio a scelta del cliente tra i tre elencati nella carta del ristorante. I piatti letteralmente saranno stati anche piccoli, ma il contenuto dell’ordinazione, spacciata come antipasto non lo è per nulla. Un cacciatorino, neanche tanto “ino”, non può che essere mangiato in minimo quattro persone e allo stesso modo il gorgonzola, circa due etti, a meno che vogliate uno sfogo cutaneo per la quantità di materia grassa contenuta. Quest’ultimo viene presentato con del carasau e della marmellata per accompagnare, mentre il primo con un bocconcino di pane integrale. In aggiunta sottolineo la presenza del classico cesto con panini e grissini, giusto per riempire ancora di più lo stomaco. Come portata principale ho ordinato le “pappardelle Signorvino” [presenti nella foto], ovvero della pasta all’uovo preparata con l’aggiunta di vino rosso nell’impasto condita con un succulento ragù d’anatra e nocciole tostate. La porzione si presenta abbondante, ma è davvero un peccato non terminare una prelibatezza del genere, accompagnata da un maestoso Prosecco del Veneto. Quando vedete sull’etichetta della bottiglia Valdobbiadene come luogo di provenienza, non può che essere una garanzia. Mi rendo conto che il rosso con la carne sia un’equazione logica e la mia decisione di optare per un bianco è come il diavolo e l’acqua santa, però non posso ignorare le mie preferenze. Qualora siate indecisi su cosa scegliere da abbinare, ogni piatto è combinato ad un vino consigliato. Tra le altre scelte ho assaggiato anche la pasta alla carbonara, definibile sublime, senza troppo giri di parole. Essendomi limitata a queste portate, non ho un’opinione consistente sui secondi o sui dessert, ma dal sorriso dei clienti, oltre che alla presentazione, non appaiono affatto male.
Non può essere tutto rose e fiori, è giunto il momento di scoccare qualche freccia a sfavore, nei confronti del personale, il più della metà completamente assente e poco cortese nei confronti dei clienti. Innanzitutto i tempi di attesa per poter farsi assegnare un tavolo: la cameriera dopo aver notato gente in fila per poter entrare si limita ad un “ciao” decisamente svogliato per poi perdersi in mansioni di poco conto, tipo ritirare bottiglie d’olio o forchette senza degnarsi di mandare qualcuno. Stesso atteggiamento una sua collega che pare proprio non vederci. Dopo un quarto d’ora si presenta finalmente qualcuno che ci accompagna al tavolo. Il tutto procede in tranquillità fino a quando non sopraggiunge un’interruzione, da due ragazzi del personale provenienti dalla cucina che trasportano in mezzo ai tavoli dei carrelli ingombranti obbligando la clientela presente e intenta a mangiare a spostarsi. Non finisce qui, ma questa critica va anche a pesare nei confronti degli stessi frequentatori, che portano con se cani di grande taglia con loro, facendosi servire dallo stesso ristorante con una ciotola, benché la loro presenza sia poco igienica, figuriamoci l’acqua e croccantini sparsi per terra. Della serie darsi manforte a vicenda. Il fattore tempi di attesa investe anche l’arrivo dell’ordinazione, capisco lasciare il tempo di mangiare l’entrée, ma dopo 45 minuti effettivamente se la persona al tavolo sta mangiando è per il semplice motivo di non sapere più come aspettare il piatto ingannando il tempo spizzicando. L’arredamento è un parametro di granlunga soddisfatto, ricreando una vera e propria enoteca, a metà strada tra il casual e la formalità.
Se siete molto pazienti e avete tantissimo tempo per poter mangiare bene, ve lo consiglio, per il resto sarei alquanto indecisa, dato che la sufficienza del giudizio viene raggiunta soltanto grazie alla bontà delle ricette proposte. Senz’altro in altri punti vendita italiani troverete molta più efficienza da parte del personale lavorativo, non voglio ridurmi a fare di tutta l’erba un fascio, ma in questo punto vendita è andata così, perciò cerco di prenderla con filosofia pensando di aver usufruito di una stupenda cena a due nonostante determinate circostanze negative.