Giorno 28 e 29 | L'ultimo giorno in Giappone e il mio volo di ritorno a casa (parte 1)

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Ciao ragazzi! E così è arrivato l'ultimo giorno del mio soggiorno in Giappone. Come succede per tutte le cose grandiose e i meravigliosi eventi, il tempo è passato veramente in fretta! E ciò probabilmente perché ogni giorno è stato pieno di attività: in questo modo, il mio periodo in Giappone è sembrato anche più lungo di quanto in realtà sia stato. L'ultimo giorno in verità è stato davvero abbastanza lungo per me, dato che ho trascorso quasi tutta la giornata fuori in bicicletta e la sera sono andato all'aeroporto. In realtà, ho fatto un giro in bici per circa 5 ore, passando a visitare tutte le famiglie ospitanti e gli amici che ho conosciuto qui e di cui sapevo l’indirizzo e ho percorso circa 30 chilometri fino all'ora di pranzo. Ho scattato anche molte foto con la mia macchina fotografica analogica, specialmente dei ritratti che spero vi piaceranno.

Quindi vi racconto un po' di più di quello che ho visto e sperimentato l'ultimo giorno, chi ho incontrato (alcune persone inaspettate, in particolare), cosa ho fatto e come ci si sente a lasciare la Terra del Sol Levante.

La notte prima

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Ho trascorso il giorno prima della partenza di nuovo in bici in giro per Gobo, sfruttando la possibilità di incontrare amici e persone care. La sera, le mie famiglie ospitanti e il Lions Club - Gobo hanno organizzato una festa d'addio con tanti invitati: ci siamo divertiti molto e ci siamo goduti del buon cibo e delle ottime bevande. Sono poi tornato a casa del signor Yanase e ho trascorso la serata parlando con loro e invitandoli a Kuroachia. Ho anche raccontato loro del mio paese, mostrandogli una presentazione che avevo preparato in precedenza: hanno detto che vorrebbero venire a trovarmi insieme al signor Ishikura e spero davvero che un giorno lo faranno! Poi, ho iniziato ad impacchettare le mie cose e mi sono anche fatto aiutare per misurare il bagaglio con la bilancia digitale: abbiamo dovuto usare tutta la nostra inventiva per non romperlo, visto che era di circa 29-30, 5 kg, mentre 30 era il limite di peso permesso dalla Qatar Airways. Ho dovuto quindi togliere un po' dei miei vestiti e dei prodotti da bagno e persino un regalo dal campus.

Per l'ultimo giorno avevo in programma di svegliarmi presto per avere abbastanza tempo per far visita a tutti i miei amici e le famiglie ospitanti che avevo incontrato a Gobo. Sono riuscito ad andare da tutti impostando la loro posizione su Google Maps sul mio telefono (e quindi ho dovuto andare anche in un'area con il wi-fi, perché non avevamo internet a casa del signor Yanase). Quello che avevo fatto e ho visto lo scoprirete presto…

Il mio grande giro per Gobo e l’area circostante, lungo 30 chilometri – l’ultima visita a tutti quelli che ho conosciuto

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Fonte

Ebbene sì: è stato un giorno davvero lungo, ma alla fine non mi sentivo neanche troppo stanco. Anzi, piuttosto recuperavo energia strada facendo.

Mi sono svegliato il martedì mattina presto e mi sono costretto a saltare giù dal letto alle 7-7. 30 di mattina. Visto che c'era già abbastanza sole fuori a quell’ora, avevo anche lasciato le mie tapparelle un po’ aperte, così da essere certo che mi sarei davvero svegliato, perché altrimenti ci sarei rimasto molto male: non potevo certo rovinare i piani per questo ultimo giorno e il tempo era piuttosto prezioso per me in questa circostanza. Era infatti tutto stato calcolato, inserendo nel programma ciò che valeva la pena fare e ciò invece no: nel giro di 12 ore dovevo già essere all’Osaka KIX Airport in attesa del mio volo per Tokyo Haneda.

Ogni volta che pensavo alla mia partenza, mi sentivo veramente strano e sapevo che tale sensazione sarebbe andata peggiorando con l’avvicinarsi della fine della giornata. Tutti quelli che di voi hanno viaggiato all'estero o semplicemente trascorso del tempo in qualche altro luogo, diverso dal paese d'origine, riconosceranno questa sensazione, quella di quando si sa che una bella esperienza finirà presto e che una volta svegli la mattina seguente, si sarà già tornati a casa. Per me è stato incredibile pensare che in 24 ore di orologio avrei di nuovo pranzato a Zagabria, mentre in quel preciso momento stavo mangiando con le bacchette e guardando la TV in giapponese. Quanto è pazzesco tutto ciò?!

Nonna Yanase era già sveglia quando mi sono alzato e le avevo già detto che la sera prima sarei andato a fare un giro in bicicletta la mattina presto. Mi ha preparato qualcosa da mangiare, lasciandomela sul tavolo, e mi ha dato altre due bevande sportive Pocari da mettere nel mio zaino. Le sono stato molto grato, ma anche triste allo stesso tempo e sono diventato ancora più nostalgico quando ho visto il nostro dizionario illustrato inglese-giapponese e giapponese-inglese sul tavolo, che è stato molte volte un modo utilizzato da noi per capirci meglio: nonostante questo prezioso aiuto esterno, ad entrambi spesso è dispiaciuto non essere riusciti a capirci sempre del tutto e quindi di non aver potuto godere appieno della conversazione. Tuttavia, alla fine penso che bene o male siamo riusciti ad abbattere la barriera linguistica tra di noi. Ho sentito anche raccontare una storia analoga su Mr Ishikura una volta che è venuto a trovarci un amico giapponese che parlava inglese. Quest’ultimo mi ha detto che il signor Ishikura, nonostante facesse molte battute per tutto il tempo, era triste di non riuscire a comunicare con me normalmente e di trovare a volte difficoltà nel parlare con me, anche se ha aggiunto che alla fine ci siamo trovati bene e che con me si è divertito molto. Entrambi abbiamo ricevuto i complimenti dai dirigenti del Lions Club, perchè ci hanno definiti i due burloni del gruppo e perché siamo riusciti a capirci anche senza traduttore. Ho avuto la fortuna di sapere le parole giapponesi giuste al momento giusto per farlo ridere.

Alla ricerca del segnale wi-fi

Dopo aver fatto colazione, ho preso il mio zaino con la fotocamera analogica e digitale dentro, l'asciugamano da mettere al collo per proteggermi dal sole e dal sudore, qualche bevanda e del cibo per sopravvivere nella giornata calda e il mio immancabile cappello giallo paglierino. La bici mi aspettava in garage e ho salutato la mia famiglia ospitante dicendo che sarei tornato 3-4 ore dopo. Erano circa le 9 di mattina quando ho lasciato il cortile.

Ho avuto solo un problema quella mattina: avevo intenzione di visitare la mia amica Rena che avevo incontrato nel campus di Osaka, ma non ero sicuro che l'indirizzo che mi aveva dato fosse quello giusto, né sapevo se sarebbe stata in casa la mattina. Ma dovevo correre questo rischio, perché ero determinato ad andarci. Non ero mai stato così lontano da Gobo in realtà, ma chi non rischia non ottiene nulla. Speravo veramente che quello che mi aveva dato fosse l’indirizzo giusto!

Per progettare al meglio tutti i miei giri avevo bisogno di Internet che non avevo in quella casa. Poi mi sono ricordato che l’altra mia famiglia ospitante, quella dell’architetto, era proprio sulla mia strada, così sono andato prima da loro. Una volta arrivato, ho deciso di non bussare e di non farmi vedere. Mi sono fermato all’ombra e ho usato il wi-fi di casa loro. Dopo aver inviato un messaggio a Rena con il percorso che avrei fatto per andare da lei, le ho detto "Ci vediamo tra circa 40 minuti", sono sgattaiolato fuori dal cortile e ho afferrato le mie cuffiette. Era ora di andare a scoprire il mondo! Avevo comunque in programma di visitare i miei amici architetti sulla via del ritorno.

"Se faccio un altro passo, non sarò mai stato così lontano da casa! "

Questa è una citazione di Samwise Gamgee dal film “La compagnia dell’anello” e mi è tornata in mente mentre attraversavo il ponte, ormai familiare, sopra il fiume Hidaka, fino a che sono arrivato oltre la collina, seguendo la grande strada.

Non ho intenzione di annoiarvi su questo, perché ho già ampiamente parlato di ciò che si vede dalla strada fino all'altro lato del fiume Hidaka in questo articolo. Stavo semplicemente seguendo la solita grande via che costeggia la riva del fiume e ho attraversato il solito ponte, mentre mi sono goduto la vista sul mio quartiere e sulle montagne.

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Dopo circa 10-12 minuti, sono arrivato alla fine di ciò che conoscevo, della strada e del paese fuori Gobo. Anche se erano passate soltanto 3 settimane da quando ci ero venuto a vivere, mi ero ricordato perfettamente il percorso. Stavo ora guardando di nuovo verso il delta del fiume e la zona sabbiosa dell'acqua bassa tutt'intorno a me.

Esplorando i 5 chilometri intorno al mare

Anche se era lungo solo circa 5 chilometri o qualcosa in più, mi è sembrato almeno il doppio, forse anche perché era tutto nuovo per me. Durante il tragitto verso casa di un mio amico, ho usato sia la pista ciclabile che la strada e devo dire che mi sentivo abbastanza sicuro, anche con le cuffie. Nessuno correva per queste strade o guidava come un matto. Per di più, ogni volta che i veicoli mi si avvicinavano, rallentavano e mi passavano accanto allontanandosi un po’ da me, di modo che distassero a più di un metro e mezzo o addirittura due. Mi è piaciuto attraversare una città nuova o un villaggio abitato lungo questa strada.

Il nome della strada che ho percorso è Kumano Highway.

Per la prima metà del percorso la strada ha delle case a sinistra e il canale a destra. Dietro al canale, c'era anche una piccola “isola” che funge da baia (dall'altra parte) e porto per le barche. Le case e gli edifici qui sono stati costruiti sulle pendici di una piccola collina coperta di alberi. Non ho visto molti locali sulla strada, né tante auto.

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Dopo pochi minuti, ho attraversato il ponte e mi sono fermato un po' per dare un'occhiata in giro alla zona. Alla mia sinistra c'era questo fiumiciattolo, che si dirigeva da qualche parte a nord dietro la collina: questo rivolo d'acqua è importante sia per i campi che per le piantagioni, che la gente del posto coltiva dietro la strada. Ho notato che quella mattina molte persone si trovavano effettivamente nel campo e si prendevano cura delle loro piante.

Per i successivi 2 chilometri e mezzo la strada andava un po' su e giù per le città e intorno alle colline, il che la rendeva molto più interessante. Mi è piaciuto tantissimo questo viaggio attraverso la città, costeggiando il sentiero pedonale. Questo è ciò che amo di più: attraversare zone nuove in bicicletta e scoprire molte cose da solo. Quello che ricordo di questo luogo è che c'erano case su entrambi i lati che lo rendevano interessante e si potevano notare scorci sulla baia con i suoi due frangiflutti che quasi chiudevano la zona. Avvicinandosi alla curva che girava intorno alla collina e alla baia, c’era una strada che porta al ponte che collega una specie di isola alle fabbriche. Purtroppo, era una zona chiusa e non volevo causare problemi.

C'era un punto dopo la prima curva intorno alla collina dove ho notato una vecchia auto un po’ rotta sulla sinistra fuori strada: non sembrava tanto giapponese e non mi aspettavo che qualcuno lasciasse della "spazzatura di metallo” di questo genere così. Ho deciso che avrei controllato sulla via del ritorno.

Campi e piantagioni

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Nella metà successiva del percorso ero circondato da campi e piantagioni su entrambi i lati. La gente qui usa anche i giardini recintati. L'agricoltura è davvero importante in Giappone e la maggior parte delle persone impara a vivere di questo. Non sono stato in grado di vedere con precisione che tipo di piante coltivavano però. Alla mia sinistra, c'erano colline ancora più maestose con molti alberi ed è stato sviluppato un sistema di canali che scende lungo i pendii e rifornisce i campi dell’acqua necessaria per la crescita delle coltivazioni. Si possono anche scorgere dei vecchi magazzini erosi dal sale e fabbriche di metalli abbandonate. Dietro a ciò, c'era un altro piccolo porto con alcuni frangiflutti dove probabilmente venivano trasportate tutte le merci. C’era anche una strada che portava fino alla riva, ma non volevo perdere tempo fino a che avessi raggiunto il mio amico.

Avevo ancora circa 2 chilometri da fare prima di raggiungere la mia destinazione, anche se mi sembrava molto più lunga. Quindi ho proseguito per la mia strada.

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Non ci sono molte cose da menzionare su questa parte. Ma posso dirvene altre tre che mi sono rimaste in mente di questo viaggio. La prima è che la strada è tutta salita e discese: si possono finalmente lasciare liberi i pedali di girare da soli, mentre ci si gode il piacevole vento in faccia. Inoltre, arriva fino a pochi metri sopra il livello del mare e ci si avvicina ad una decina di metri. La strada è stata costruita accanto ad un muro che si trovava accanto ad una piccola baia. Ho deciso che sulla via del ritorno sarei sceso fino al mare, avrei toccato per l’ultima volta l'Oceano e avrei cercato di trovare dei bei sassi o delle belle conchiglie nell'acqua bassa, da portare a casa.

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Potete vedere qui l'isola con le fabbriche nell'ultima foto. E dietro di me c'era la strada che risale la collina, con una specie di ristorante e un ostello con parcheggio.

Per il chilometro successivo ho visto soprattutto le piantagioni e i giardini chiusi su entrambi i lati. Alla fine di questo percorso c'era un altro villaggio più piccolo con un centinaio di case tutte vicine le une alle altre, lungo la seconda strada (non la Kumano Highway) che era più vicina alla costa. Sembrava un po’ come una zona fantasma, visto che non ho visto anima viva in giro.

Alla fine il viaggio è diventato abbastanza divertente, perché ero in discesa, la più ripida fino ad ora: ho continuato a scendere godendomi la velocità, ma piangevo allo stesso tempo pensando che poi sarei dovuto risalire per quella stessa strada più tardi.

L’incontro con Rena e la sua famiglia

Dopo circa 10 minuti mi sono ritrovato a casa della mia amica Rena e ho avuto anche l'opportunità e l'onore di incontrare la sua famiglia. Ma prima di arrivare da lei, non riuscivo a trovare il numero della sua casa e ho passato 2 minuti ad andare su e giù per la strada senza molto successo. E non avevo internet lì. Non ero sicuro di cosa fare e speravo di trovare una soluzione.

E la soluzione stava camminando verso di me: c'era una donna che attraversava la strada e ho pensato che avrei potuto provare a chiederle aiuto. Altrimenti, avrei passato chissà quanto tempo perso nel quartiere. Ho cercato di usare ciò che restava delle lezioni su "Come chiedere indicazioni sulla destinazione". Le ho spiegato nel mio modesto giapponese che ero un amico suo e della sua famiglia, ma che non riuscivo a trovare la loro casa. Lei non parlava inglese, come mi aspettavo, ma siamo riusciti ad arrivare al punto e lei mi ha capito abbastanza bene. Poi ho iniziato a seguirla e la seconda casa era quella che stavo cercando. Ha anche bussato alla porta e poi è andata via. L'ho ringraziata e mi sono sentito molto fortunato che fosse di passaggio al momento giusto.

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Sono stato davvero felice di rivedere Rena e anche lei era entusiasta, perché ci siamo incontrati nel campo giovanile, ma non sapevo che vivevamo anche relativamente vicini, ossia a circa 40-50 minuti in bicicletta da casa mia: in ogni caso non avrei mai perso l'occasione di incontrarci di nuovo! E così alla fine ce l'abbiamo fatta!

Sono entrato nella sua casa, che aveva gli interni in stile abbastanza giapponese e i pavimenti un po’ rialzati nelle varie stanze. Entrando dovevo solo fare attenzione a non sbattere la testa, perché ero più alto delle porte, il che faceva ridere davvero tutti.

Purtroppo, non avevo più cuori Licitar, i cioccolatini, perché li avevo distribuiti al campo, ma ho portato alcuni disegni e ho cercato di lasciare così un mio ricordo: questa era la mia "firma", una cosa che ho creato mentre ero al campus come illustrazione, una volta dopo aver bevuto il tè verde.

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Ho incontrato la mamma di Rena e i suoi fratelli (o cugini, scusa Rena, non ricordo! ), tutti molto gentili e amichevoli. Mi è stata offerta dell’anguria, a cui nessuno può resistere, ed è stato un ottimo modo per rinfrescarmi. Abbiamo parlato tutti insieme della nostra esperienza al campus e dei nostri piani futuri per incontrarci di nuovo. Mi ha anche lasciato suonare un po' il doppio sintetizzatore.

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Purtroppo però, sono dovuto ripartire presto e siamo andati tutti fuori in cortile per i saluti e lì ho chiesto loro di fare qualche foto. Ci siamo divertiti tantissimo e non vedevo l'ora di vederli un’altra volta. Li ho salutati tutti e sono tornato sulla strada principale.

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Prossima fermata: gli architetti

Fantastico! Sono stato davvero felice di andare a trovare Rena e vedere che alla fine è andato tutto bene. Ho ricominciato a sfrecciare di nuovo verso Gobo e questa volta il viaggio mi è sembrato molto più veloce, visto che già conoscevo il percorso. Mi ci sono voluti circa 40 minuti per arrivare a casa loro.

Sulla via del ritorno mi sono fermato due volte. La prima volta sulla spiaggia vicino alla strada e la seconda volta quando ho deciso di fare una pausa di 5-10 minuti e fare una sosta all'ombra, vicino a quel posto dove avevo visto le auto distrutte. Ho controllato bene se c'erano macchine in arrivo e sono andato dall'altra parte della strada. Ho anche lasciato la mia bici per la strada mentre saltavo verso il prato e le macchine.

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Sembrava un po' una scena tratta dal film Jurassic Park. Ma andiamo avanti.

Sono andato ancora una volta oltre il ponte sul fiume Hidaka e speravo di vedere di nuovo il mio amato paesaggio. In 10 minuti mi sono ritrovato di fronte alla casa e all'ufficio della quarta famiglia che mi aveva ospitato. Sono andato direttamente in ufficio e speravo di vederli tutti lì. C’era il capo, mamma Sachiyo-san, insieme a due giovani architetti, ma mancava il quarto uomo dell'azienda: peccato! Ho detto loro dove ero andato la mattina e che volevo salutarli prima di andarmene. Gli ho anche chiesto di fare una foto insieme con la mia macchina fotografica analogica.

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A questo punto siamo entrati in casa per l'ultima volta, ma non sono riuscito a trovare Sumire e papà Tetsuya-san. Sumire era tornata alla sua scuola di musica e Tetsuya era in viaggio di lavoro fuori da Gobo: in fondo, ci eravamo comunque visti una delle sere precedenti, quindi andava bene lo stesso. Ho dimenticato di dirvi che il giorno prima avevo chiesto loro in ufficio dove potevo comprare pennelli di buona qualità per la calligrafia, come mi avevano mostrato in precedenza. Mi hanno risposto che potevo semplicemente comprarli a Lawson, dove sono andato, ma, dopo aver parlato anche con dei ragazzi (usando il dizionario mobile), ho scoperto che non c'era nulla da comprare. Sono andato anche in un altro negozio sulla strada verso casa, ma ugualmente senza molto successo. Tuttavia, quando ho chiesto alla signora Yanase di quest’ultimo, mi ha detto di aspettare un attimo e poi tornò felice con una scatola con decine di pennelli dal suo negozio. Sono rimasto scioccato e piacevolmente sorpreso.

Era giunto ora il momento di dire "sayounara" ai miei amici architetti e di andare a trovare la mia seconda famiglia ospitante: Nakamichi.

Visita alla seconda famiglia e lezione di calligrafia

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Ho seguito lo stesso percorso del giorno prima, passando davanti alla casa tradizionale all'incrocio e da lì dritto verso la fine della strada principale. Ho dovuto attraversare la ferrovia una volta e sono passato di nuovo davanti a diversi negozi dall'aspetto fresco e un servizio di autolavaggio.

Dopo 10 minuti di viaggio, sono riuscito a raggiungere la strada che conoscevo. Prima di arrivare al cortile di casa mia, ho notato un uomo seduto su una sedia, un vecchio, che indossava vestiti semplici e un berretto e che fissava le piantagioni: volevo scattargli una foto e avvicinarlo per chiedergli il permesso, ma ho deciso di non farlo.

Ho detto ad Akari che sarei passato a trovarla un giorno e speravo che non se ne fosse dimenticata: fortunatamente non l’aveva fatto! Sia lei che sua mamma erano a casa: non volevo dar loro molto fastidio ma soltanto stare un po’ insieme, ringraziarli per tutto e salutarli prima di partire. Mi hanno offerto della frutta deliziosa, del ghiaccio e un succo di frutta, che sembrava mandato dal cielo dopo quell'immenso giro in bicicletta.

Poi, mi hanno detto che mi avrebbero portato qualcosa, visto che parlavo di calligrafia e illustrazioni: mamma Nakamichi-san infatti è tornata con delle scatole piene di fogli di carta fine e un astuccio con diversi tipi di inchiostro e pennelli. Mi hanno mostrato come fare la calligrafia nel modo corretto e in particolare come tenere il pennello (bisogna scrivere in verticale rispetto al foglio per riuscire a disegnare i diversi simboli kanji).

Per di più, mi hanno anche dato due grandi pennelli in regalo, così posso provarci a casa! Sono rimasto molto sorpreso di questo e ne sono stato felice.

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Era arrivato il momento di andarmene, purtroppo, perché mezzogiorno era ormai passato. Li ho ringraziati ancora una volta per tutto e, prima di lasciare la mia seconda casa a Gobo (le storie di questa parte del viaggio le trovate soltanto sulla mia pagina tumblr), ho scattato un'altra foto di Akari. Poi sono ripartito in bicicletta.

Sono passato di nuovo vicino al campo e ho notato il vecchio di prima seduto nello stesso punto. Mi sono fermato un attimo e ho pensato: "Ora o mai più" e ho deciso di andare da lui. Ho cercato di chiedergli se andasse bene scattargli una o due foto e lui ha acconsentito.

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Stavo pensando a "Humans of XY" mentre scattavo e questa fotografia è anche diventata una delle mie preferite in assoluto. Di solito non faccio foto a sconosciuti, quindi ho apprezzato molto quel momento: il vecchio usava anche le due dita della mano per fare il segno che indica vittoria o pace, mentre lo fotografavo. Dopo averlo fatto, l'ho ringraziato molto ovviamente: non so nemmeno il suo nome e ha detto a malapena una parola, ma mi è sembrato contento e soddisfatto.

Ho inviato le foto così scattate a diversi indirizzi in Giappone e anche una ad Akari: spero che almeno lei sappia chi è quest'uomo, dove abita e che possa dargli la sua foto.

Ma è ora di andare avanti! Anche se ero stanco, non mi sono arreso!

Visita a Doujou-ji e Anchin

Ho ricominciato a sfrecciare per il centro fino alla casa del signor Yanase e poi sono passato in tre stradine molto strette, senza mai fermarmi. Dopo aver attraversato di nuovo la ferrovia, mi sono ritrovato accanto al ristorante, ma ho deciso di passarci davanti di nascosto e continuare a girovagare per la strada che porta su per la collina.

Sono andato con la bici fino al cortile e l'ho lasciata all'ingresso del primo edificio. Ero venuto qui per salutare il signor Shunjo Ono e ringraziarlo ancora una volta per il tempo pieno di divertimento che ci ha fatto trascorrere al tempio, al ristorante e più tardi al campo giovani. Sono entrato nell'atrio, ma non ho visto nessuno. Dopo pochi secondi, qualcuno dell'altra stanza mi ha notato e ci siamo salutati; gli ho chiesto in giapponese se il signor Ono fosse in giro. Mi ha detto di aspettare qualche minuto perché sarebbe andato a cercarlo, visto che si trovava in un altro edificio.

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Mentre uno degli uomini usciva, l'altro è arrivato e mi ha aperto la porta della grande sala con le statue e il Japanese National Treasure. Sono rimasto di nuovo sorpreso dalla incredibile ospitalità delle persone del luogo: ho lasciato le mie scarpe sulla porta e ho camminato con le pantofole in giro per la stanza. L'uomo di prima mi ha acceso la luce e mi ha chiesto di aspettare alcuni minuti fino a quando il signor Ono sarebbe tornato. Mentre stavo camminando e ammirando le statue (di qualcuna vi metto qui sotto la foto), dopo 5-7 minuti è arrivato il signor Ono.

Credo che lui sapesse già perché ero lì, soprattutto quando gli ho detto che era il mio ultimo giorno e che la mattina successiva sarei tornato a Zagabria. Gli ho parlato dell'esperienza nel campus, della visita al Santuario di Miyajima, della pratica Zazen, Kongobuji, Inunakiyama, ecc. Abbiamo lasciato la sala e il primo edificio e siamo entrati nel cortile.

Abbiamo continuato la nostra conversazione su tutti gli altri progetti e le visite future. Era contento che fossi venuto a Doujou-ji e che mi fosse piaciuto molto: dopo tutto, è stato il primo tempio buddista in cui sono mai stato e qui ho imparato molto. Poi, gli ho anche chiesto uno scatto insieme.

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Era arrivato il momento di andarmene e ci siamo salutati. Mi ha chiesto come si dicesse "ci vediamo la prossima volta / buon viaggio di ritorno a casa" in croato e queste sono state le ultime parole che ho sentito da lui mentre lasciavo il tempio.

Arrivederci Anchin

Ho preso la mia bici, il cappello e le cuffie e sono tornato in strada per andare da Anchin. Sono arrivato in 2 minuti e ho lasciato la bici davanti al negozio. Mentre entravo mi sono sentito per la prima volta molto triste, ma ho cercato di nasconderlo: avevo solo una brutta sensazione per quello che sarebbe successo dopo. Passeggiando per il negozio ho notato prima Mr Englishman (quello che parlava un po' di inglese e russo) e poi sono entrato nella stanza dove avevo passato la maggior parte del mio tempo a lavorare.

E’ stato fantastico essere di nuovo lì e gli altri ragazzi sono stati sorpresi e felici di vedermi, anche perché ero entrato di nascosto e hanno dovuto smettere di lavorare. E' stato molto difficile dire che sarei partito quello stesso giorno in "hikouki" (aereo) per tornare a casa. Ho incontrato anche mamma Mieko-san e altri colleghi sono venuti a salutarmi. Speravo ancora una volta di poter tornare dopo pranzo. Sono entrato anche perché mamma Mieko mi ha chiesto se volessi mangiare qualcosa e ho visto il gatto Mitsa, che quando lavoravo lì voleva sempre entrare nella mia stanza quando avevo le porte aperte.

Ho passato circa un’altra mezz'ora seduto al ristorante nella parte riservata agli ospiti e ad un certo punto è anche arrivata un’altra nostra amica del Lions Club, una guida turistica della zona, che parla correntemente l'inglese e ha viaggiato in tutto il mondo: abbiamo parlato un po' di tutto quello che era successo in quelle 4 settimane e delle mie impressioni in generale. Mi ha dato il suo biglietto da visita e le ho detto che l'avrei contattata nel caso avessi voluto scrivere un libro sui miei viaggi in questi luoghi. Finora tutto va secondo i piani e gli articoli che sto scrivendo qui saranno di grande aiuto per questo mio progetto!

Ho lasciato il ristorante dicendo agli altri "mata ne" (Arrivederci), credendo davvero che un giorno sarei tornato. Ho preso il cappello di paglia e la bici e sono andato a casa per pranzare e a prepararmi per il viaggio.

Non ho avuto la possibilità di rivederli alla fine, perché non c'era abbastanza tempo...

Pranzo e calligrafia

Tornato a casa, il pranzo era stato preparato da nonna Yanase. Mentre mangiavo, mi ha portato un pennello e della carta: ero proprio curioso di vedere cosa sarebbe successo. Ha quindi incominciato ad insegnarmi a disegnare i tratti giusti per fare il segno della "pace" e ho provato a riprodurlo su diversi documenti: quando gli ho inviato in seguito una cartolina dalla Croazia, ho aggiunto anche questo simbolo.

Questo è avvenuto circa intorno alle 3 di pomeriggio e avevo ancora 2 ore e mezza di tempo prima che mi accompagnassero all'aeroporto: il mio aereo partiva alle 9. 10 di sera e avevano programmato di partire con me almeno verso le 7.

Ora avevo praticamente finito di fare le valigie e non avevo molto altro di cui preoccuparmi. Ho cercato di spiegare a mia nonna giapponese che non avrei portato con me tutta la roba, ma che avrei lasciato alcuni vecchi vestiti, soprattutto le magliette e i prodotti da bagno: le camicie poteva darle ai nipoti o lasciarle a Toshiro, il figlio del signor Ishikura. Mi ha detto che avevano intenzione di rispedirmi qualcosa per posta e mi ha chiesto di scrivere il mio indirizzo. Anche un altro ragazzo del Lions Club mi ha chiesto la stessa cosa e mi ha detto che mi avrebbe mandato torte e biscotti dalla sua fabbrica!

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Parlando di torte e biscotti, proprio questo ragazzo mi ha davvero regalato una scatola con circa 10 grandi biscotti al cioccolato : potevo infatti scegliere se farmeli inviare per posta o portarli a casa con me in aereo, ma visto che non mi fido del servizio postale croato (e a quanto pare ci sono stati alcuni problemi, infatti non abbiamo mai ricevuto un mio pacco, che è invece tornato in Giappone) ho scelto quest’ultima opzione. Speravo che non si sarebbero distrutti nel viaggio e trasformati in frittelle sull'aereo. Per fortuna sono sopravvissuti e sono piaciuti molto alla mia famiglia. Grazie gentile signor proprietario della fabbrica di dolci! Visto che non sapevo se il mio bagaglio avrebbe rispettato gli stringenti requisiti della compagnia aerea, ho iniziato ad immaginare lo scenario peggiore che sarebbe potuto succedere, ossia quello in cui avrei dovuto indossare più strati di vestiti. Così ho provato come ci si sentiva ad avere due pantaloni e 3-4 camicie in estate.

Il tempo è passato abbastanza veloce e sono stato ancora una volta nel negozio del signor Yanase per salutare gli altri. Erano forse 4. 30 di pomeriggio quando il signor Ishikura è arrivato.

Viaggio all'aeroporto di Osaka KIX

Ciao, ciao Gobo

Sono rimasto sorpreso che stessimo partendo così presto! Ci siamo affrettati a caricare tutti i bagagli e le borse: sono riuscito a riempire la mia grande valigia rosa e il mio zaino con quasi 30 chilogrammi di cose, senza danneggiare nulla. Speravo solo di non avere problemi al check-in per il peso: non mi andava proprio di pagare 100 dollari per questo.

Il signor Ishikura è venuto con la sua grande macchina e mentre stavo caricando le mie borse, mi sono reso conto che non riuscivo più a trovare il mio portafoglio: mi è iniziato a salire il panico e ho cominciato a controllare tutti i bagagli, a correre su e giù per la casa per qualche minuto, fino a che Ishikura mi ha detto di calmarmi. Ovviamente, era al suo posto nella mia piccola borsa da viaggio, dove conservo i documenti importanti.

Sfortunatamente, come temevo, Ishikura-san mi ha comunicato che non c'era tempo di andare ad Anchin, nemmeno in auto. Mi ha detto: "la prossima volta, la prossima volta, tsugi ne". Sinceramente ne ero triste, ma alla fine andava bene così: ci ero già stato durante il giorno, in fondo. Tuttavia, mi avrebbe fatto piacere rivedere ancora una volta mamma Mieko e forse adesso che avevo capito che non era più possibile, mi sentivo quasi in colpa per questo.

In pochi minuti è arrivata un'altra macchina. Dentro, c’era Mamiko del Lions Club-Giappone, che ci ha raggiunti sulla strada per l'aeroporto, una cosa che mi ha reso molto felice, perché mi spaventava un po’ andare all'aeroporto con i signori Ishikura e Yanase che non parlavano inglese: in caso di problemi, non avrei proprio saputo come fare. Ora invece, non c’era nulla da temere, a parte, al massimo, il peso della valigia.

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Prima di lasciare Gobo, ho preso la mia macchina fotografica analogica e ho fatto alcune foto al signor Ishikura, ai nonni Yanase e ad un operaio che camminava accanto a noi. Ho ringraziato ancora una volta nonna Yanase per tutto quello che avevano fatto per me e sono salito in macchina. Persino Yanase e Ishikura mi hanno fatto dei regali.

Dalla famiglia Yanase ho infatti ricevuto una lettera con tutte le foto che avevo scattato mentre stavo con loro, sviluppate nello studio fotografico di Yanase. L'ho apprezzato molto e ho promesso di inviargli le foto che gli avevo scattato io in Giappone. Ishikura-san mi ha anche dato le foto della mia prima festa di benvenuto al ristorante Anchin e una piccola cornice di legno con una della Shirahama White Beach e un messaggio in giapponese che mi augurava buon viaggio e mi ricordava dello scambio in Giappone.

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(Le prime due parole sono in Katakana: Kuroachia Gureko-he o Croatia Cara Gureko)

Arrivo ad Osaka KIX

Ero seduto nei sedili dietro con Mamiko e il signor Yanase si è messo al volante: ho iniziato a lasciarmi alle spalle Gobo durante il tramonto. Ci è voluta circa un'ora e mezza per raggiungere l'aeroporto. Mentre guidavamo sull'autostrada, siamo passati in mezzo ad Arida e Wakayama, dove c'era un'enorme fila di veicoli prima di un tunnel: il signor Ishikura quindi ha ovviamente iniziato a scherzare, dicendo che se avessi perso l’aereo, saremmo potuti tornare indietro. "Scusa, Gurego, scusa". L’altra opzione invece sarebbe stata di aspettare con me l’aereo successivo e poi lui e il signor Yanase sarebbero volati in Croazia con me, per poi tornare indietro.

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A quel punto, ho iniziato a sentirmi strano: mi sembrava come quando ero arrivato e lo stesso gruppo di persone che ora mi stava portando all’aereoporto, allora mi aveva accompagnato a Gobo, quando ero completamente perso e non riuscivo a realizzare che fossi in Giappone. Andando all’aereoporto, invece, avevo finalmente realizzato che ormai mi ero completamente abituato alle persone che avevo intorno ed era quindi molto strano tornare indietro. La parte divertente di quella corsa era che il signor Yanase ci ha spaventati a morte perché guidava di poco, troppo poco, più lentamente dei piloti di Formula 1, ma si divertiva molto. Anche Ishikura-san era un po' spaventato, mentre invece Yanase-san rideva moltissimo: io speravo soltanto che la macchina non volasse in aria. Ma fortunatamente il signor Yasane è un bravo pilota, nonostante sia un uomo dall'aspetto minuscolo e "fragile".

Il tramonto si avvicinava alla fine e il cielo si stava tingendo di viola chiaro e rosa. In un attimo, era arrivata la sera e, nel giro di un’ora, la notte. Siamo passati sotto un ponte dell'autostrada, che mi ricordavo di aver visto un’altra volta mentre andavamo a Wakayama e Osaka, e ho quindi capito che eravamo abbastanza vicini.

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Presto siamo entrati in una città della periferia della Prefettura di Osaka e molto lontano, dietro di noi, c'era il mare. Ho poi notato la ruota gigante del parco divertimenti e un grattacielo che conoscevo: significava che eravamo quasi arrivati all'aeroporto.

Quel grattacielo era per me come una sorta di portale magico nel tempo e nello spazio, che mi portava dal Giappone a casa, e la cosa non mi piaceva affatto. L'avevo visto quattro volte in totale: la prima quando avevo lasciato l'aeroporto quasi un mese fa, dopo essere arrivato; la seconda mentre andavo al campus con Mieko; la terza di ritorno da Osaka con Mr Yamashita e la quarta e ultima volta era proprio quella, il mio viaggio verso l’aeroporto e verso casa. E quella sensazione che stavo provando, che il tempo fosse passato troppo in fretta, la odiavo davvero: sapevo che dopo aver sorpassato quell'edificio non c'era più modo di tornare indietro.

Ora ci avvicinavamo all'ultima cosa che avrei riconosciuto prima di arrivare: il ponte più grande che avessi mai visto, che collegava la terraferma alla piattaforma dell'aeroporto. Quel ponte è lungo più di 4 chilometri e inizia nella città di Izumisano.

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Fonte

(Nell'angolo si può notare l'Aeroporto KIX)

La piattaforma dell’aeroporto, invece, è lunga circa 5 chilometri. Davvero affascinante! Cercate di immaginare un ponte che va dal fiume Sava alla piazza principale.

Ci sono voluti più di cinque minuti per attraversarlo tutto e arrivare dall'altra parte. Siamo andati dritti verso il parcheggio a piani, davvero enorme, quindi ci sono voluti pochi minuti per trovare un posto. Tutto sembrava come il primo giorno, quando ero andato con i miei bagagli fino alla macchina del signor Yanise e mi sono reso conto per la prima volta che avrei avuto problemi per la barriera linguistica. Diversamente da questo viaggio, l’anno prima, nello stesso periodo, quando sono arrivato in Svizzera e sono salito nell'auto della mia famiglia ospitante, avevo la fortuna di saper parlare tedesco e quindi ho potuto subito comunicare con loro.

Indossavo il mio cappello di paglia e avevo con me la polo bianca. Ho preso anche la sciarpa rossa da Zagabria, soltanto per divertimento. Siamo infine entrati nella prima sala.

Bagaglio sopravvissuto! Istruzioni per Tokyo Haneda

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Abbiamo iniziato a cercare il check-in della Qatar Airways. È molto più facile quando non sei solo riuscire a fare tutto il necessario! Se infatti c'è qualche problema, non è molto difficile superarlo, visto che c'è qualcuno su cui si può contare. Ho dimenticato di dirvi che alla fine eravamo in 6 in aeroporto: c'era tutta la squadra, più il signor Yanase. L'uomo del Lion Club – Gobo, che non parlava inglese, ma che era un bravo ragazzo, ci ha accompagnati fin qui, ma siccome era silenzioso (o meglio non ci capivamo) mi sono dimenticato di lui. Gomen nasai!

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Abbiamo trovato la Qatar Airways e c'era una giovane donna, piuttosto simpatica e disponibile, che parlava bene l'inglese, quindi tutto stava andando molto meglio del previsto. Mamiko-san le ha parlato e io annuivo semplicemente con la testa. Poi abbiamo messo il mio enorme bagaglio sulla bilancia e ho pregato tutti gli dei possibili e la forza dell'universo che non fosse oltre il limite. Quando la ragazza mi ha detto che pesava circa 29 kg e che non avevo niente di cui preoccuparmi, ho iniziato a ballare davanti a tutti.

Nonostante dovessi cambiare due compagnie aeree, non mi sarei dovuto preoccupare dei miei bagagli: visto che era la mia prima volta, ero un po’ spaventato di questo passaggio. Ma, se anche voi non lo avete mai sperimentato prima, ecco cosa mi hanno detto:

  1. Visto che la maggior parte del mio viaggio (circa il 97%) era con la Qatar Airways e invece avrei preso la Japanese Airlines solo tra Osaka e Tokyo, si applicano anche a questo secondo viaggio le regole della compagnia che effettua il volo più lungo.

    Le compagnie aeree giapponesi avevano il limite di circa 19-20 kg e io avevo paura che non mi facessero passare la valigia, ma ci hanno detto di non preoccuparci, che grazie a Qatar Airways avrei potuto portare molti più chili. Mi sono sentito molto sollevato sapendo questo.

    Inoltre, non hanno controllato il mio zaino: avrei potuto metterci anche una cosa in più da casa, ma non avevo voluto rischiare di superare il massimo di 8 kg.

  2. Durante il mio cambio di aereo a Tokyo Haneda mi hanno detto che il mio bagaglio sarebbe stato trasportato automaticamente sul nuovo aereo e di aspettare quello per Doha. Niente di cui preoccuparmi! Dovevo solo presentarmi e mostrare la carta d’imbarco.
  3. Poiché Tokyo Haneda era un aeroporto un po' più complicato di Kansai KIX, mi hanno stampato le istruzioni su come raggiungere il terminal internazionale per il mio volo dopo il primo atterraggio.

    Nonostante sia più grande di Osaka KIX, Tokyo Haneda comunque non è il più grande aeroporto del Giappone: ha tre enormi terminal per i voli nazionali e internazionali, quindi dopo l'atterraggio in uno di questi, per raggiungere l'altro i passeggeri devono usare un autobus. Ma nell’aereoporto dove mi trovavo io, non ce n'era bisogno, dato che tutto era sulla stessa piattaforma.

    Dovevo aspettare alla stazione degli autobus il numero 8 o 13, che arriva e riparte ogni 3-5 minuti e il viaggio verso il terminal internazionale dura circa 5 minuti. Bisognava anche prestare attenzione a dove scendere! Ho ricevuto i documenti e ho pensato che la cosa migliore sarebbe stata rimanere vicino agli altri e chiedere informazioni, se non ne ero sicuro di qualcosa.

  4. Una donna ad un certo punto ha riconosciuto i quadrati croati rossi e bianchi della sciarpa sul mio bagaglio e ha fatto dei commenti sulla Coppa del Mondo.

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Avevamo un'ora prima che dovessi andare ad aspettare il mio volo. Abbiamo quindi deciso di andare a cena da qualche parte e restare insieme ancora un po’ prima di dirci 'sayounara' (addio).

Cena con 'ebi tempura, gohan e kora'

Dopo aver fatto tutto, mi sentivo finalmente rilassato e non avevo altro da fare che godermi gli ultimi momenti con i grandi padroni di casa!

Eravamo alla ricerca di un posto dove mangiare e abbiamo trovato un modesto ristorante che non era troppo pieno di clienti. Potete immaginare che di ristoranti e negozi ce ne fossero a centinaia! Ho dovuto anche andare alla toilette, per il nervosismo causato dalla partenza imminente: qui ho visto dei divertenti pittogrammi e le regole su come comportarsi correttamente. Non avevo mai visto una cosa del genere prima di allora, ma siccome ero ancora in Giappone ho pensato che fosse del tutto regolare.

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Per quanto riguarda il ristorante, sinceramente non riesco a ricordare molto del menù, ma posso dirvi che c’erano riso e gamberetti fritti (ebi tempura) e probabilmente la loro versione degli spaghetti, chiamata 'soba'. Ho preso il riso con diversi bastoncini di gamberetti fritti, con una Cola da bere. L'interno del locale era piuttosto bello: non un posto grande, ma poteva ospitare fino a 10 persone, che si sedevano sulle sedie da bar.

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Abbiamo preso da mangiare e ci siamo seduti su questi tavoli: sembrava un fast food in stile giapponese. E' stato davvero un pasto delizioso e mi sono goduto ogni boccone: ero completamente pieno e soddisfatto dopo aver finito e non ho avuto fame fino a quando non abbiamo pranzato sull'aereo per Doha.

Dopo cena siamo andati ad aspettare e ci siamo seduti sulle comode sedie nella sala. Mi hanno lasciato con Mr Ishikura e Yanase mentre Mamiko mi aveva detto che mi avrebbero comprato un regalo da parte del Lions Club - Gobo, come ricordo del mio soggiorno in Giappone: ho colto l’occasione quindi per parlare un po' con quei due ragazzi, ma senza molto successo. Poi si sono scambiati. Ho anche visto che c’era un grande negozio Pokemon nelle vicinanze.

Mamiko e l'altro ragazzo sono tornati con una borsa con un regalo all'interno. Sono stato davvero grato per tutto quello che hanno fatto per me: i Giapponesi sorprendono sempre con il loro comportamento molto cordiale. Ho deciso che lo avrei aperto soltanto una volta arriva in Croazia e quindi l’ho messo nello zaino.

Sayounara Kansai. Ciao Tokyo Haneda

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Avevo ancora tempo e dovevo andare un’ultima una volta in bagno, solo per essere sicuro di evitare possibili problemi sul lungo volo di ritorno a casa. E mentre ero lì, mi sono sentito improvvisamente molto triste e nostalgico: è stato davvero difficile lasciare il Giappone, perché il tempo trascorso lì è stato al di sopra di ogni aspettativa ed ero anche preoccupato che potesse succedere qualcosa a qualcuno dei membri più anziani dei padroni di casa, dato che non avevo idea di quando sarei potuto tornare in Giappone per vederli.

Tornato con loro, ci siamo diretti ai controlli di sicurezza. Proprio quando avevamo finito di salutarci e di stringerci la mano come fratelli, e dopo aver appoggiato lo zaino sul rullo per la scansione di sicurezza mi sono ricordato che avevo dimenticato di dare anche a loro il mio diario perché lo firmassero. Ho detto ai ragazzi della sicurezza: "Ehi, sumimasen....chotto...chotto matte chotto, kudasai! "e questi mi hanno permesso di fare passare i miei amici attraverso i cancelli.

Avevo già usato questo diario il giorno prima, durante la festa d'addio, quando molti dei presenti lo avevano firmato. Mi mancavano solo la firma/il disegno/il messaggio di Ishikura-san e Mamiko. Dopo aver preso loro firme, l'ho rimesso nello zaino. Il personale di sicurezza non sembrò preoccuparsene: non c’era stato nessun altro oltre a me negli ultimi 10 minuti, quindi non ho causato alcun problema. Dopo aver passato i controlli, mi sono girato e ho salutato con "Arigatou gozaimashitaa & mata ne! " loro quattro. Ho camminato qualche minuto fino ad entrare nel grande corridoio, con decine di gates: sono stato fortunato, perchè il mio era proprio di fronte a me. Avevo forse 20-30 minuti prima dell'imbarco e c'erano alcune persone sedute intorno a farmi compagnia.

E così tutto è tornato come era all'inizio: da solo sono arrivato e da solo sono andato via. Tuttavia, mi mancavano ancora 2 o 3 ore da passare in Giappone prima di ripartire.

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Una volta iniziato l'imbarco, sono salito in aereo e naturalmente sono andato alla mia fila. Un ragazzo mi ha detto che ero seduto sul suo sedile e ho detto "sumimasen, gomen nasai" dieci volte (ossia ho chiesto scusa).

L'aereo era molto piccolo, visto che era destinato soprattutto ai voli nazionali e aveva 2 file con 2 posti a sedere. Io ero seduto da solo nel mio viaggio verso Tokyo.

Ricordo che non avevamo un display multimediale integrato nei sedili di fronte, ma non era necessario. Invece avevamo alcuni grandi schermi nel corridoio, dove era mostrata la mappa del percorso che stavamo facendo, alcuni dati come la distanza e il tempo rimasto e il meteo. Sono anche stato molto felice di riconoscere 3 simboli Kanji in una riga. Ottimo risultato!

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Abbiamo lasciato l'aeroporto che era già notte. Purtroppo non ho potuto fare fotografie di buona qualità, perché tutto era nero e buio, ma ricordo che abbiamo sorvolato in cerchio sopra la Prefettura di Osaka e di avere visto le migliaia di luci e isole. Quella scena notturna era semplicemente affascinante! Tuttavia, presto abbiamo volato tra le nuvole e metà del nostro viaggio è stato coperto dal buio. Io ero seduto accanto al finestrino, naturalmente.

Ho seguito sulla mappa tutti i posti sopra cui stavamo passando: abbiamo sorvolato Nagoya e poche altre città più grandi. Ricordo di aver visto un'altra enorme pista dall'alto (senza dubbio era di Nagoya). Abbiamo anche molto probabilmente sorvolato il Monte Fuji, ma siccome era buio, tutte le montagne sembravano uguali, quindi non sono proprio sicuro.

La parte più bella del nostro viaggio sono stati la tempesta e i fulmini! Lontano, forse a 100-200 chilometri da noi, si vedeva come una "torcia" tra le nuvole: ogni pochi secondi sopra la terra, il cielo diventava grigio o bianco e si poteva scorgere un fulmine. Uno spettacolo mozzafiato! Poteva sembrare una lotta tra gli Dei. Si riusciva anche vedere l'altro lato dell'isola di Honshu e il mare giapponese. Il Giappone è largo solo circa 200-220 km e da un aereo si vedono entrambe le coste facilmente.

Siamo arrivati a Tokyo Haneda in circa un'ora e 15 minuti. Purtroppo, visto che erano circa le 10.30 di sera e il cielo era pieno di nuvole non sono riuscito a vedere Tokyo. L'unica cosa che ricordo è l'atterraggio, visto che sembrava che stessimo per toccare la superficie del mare. Anche l'aeroporto di Tokyo Haneda si trova su una grande piattaforma collegata alla riva con un ponte. Quando si atterra, si può infatti vedere da vicino la superficie del mare: molto impressionante! E la piattaforma si trova a circa un metro dal livello del mare.

Terminal internazionale Tokyo Haneda

Ho cercato di seguire gli altri dopo che abbiamo lasciato l'aereo e di ricordare cosa mi aveva detto la donna del Kansai sulle linee di autobus. Sicuramente non volevo che ci fossero problemi proprio qui.

Una volta lasciato l'aereo, ricordo di aver camminato attraverso un corridoio piuttosto lungo che portava ad un altro grande corridoio. Ho notato anche alcuni passeggeri "dall'aspetto straniero" e speravo che andassero al Terminal internazionale. Ad un certo punto ho visto due scale che andavano in direzioni opposte: il caso peggiore. Per essere sicuro di non imboccare il corridoio sbagliato, ho preso il mio foglio con le istruzioni e ho chiesto a uno dei ragazzi della sicurezza che si trovavano lì.

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Presto sono uscito e mi sono ritrovato in una delle numerose stazioni degli autobus di questa piattaforma. Stavo cercando il numero di quello che dovevo prendere io e ho visto che stava partendo in quel momento. Fortunatamente, non ero l'unico ad aspettarlo e, ancora una volta, ho chiesto a una donna giapponese che stava aspettando di andare al terminal internazionale come me. L'autobus successivo è arrivato in 4-5 minuti ed era abbastanza pieno, soprattutto dopo che siamo entrati noi. Ero così felice di non portare con me nessun bagaglio tranne lo zaino, se no forse non ci sarebbero stati.

Il viaggio in autobus è stato piuttosto interessante e ci sono state alcune cose che mi hanno fatto capire ancora meglio quanto fosse grande questo aeroporto. Ero in piedi al centro dell'autobus (che non era poi così grande in realtà, forse un po' più della metà di uno degli autobus ZET a Zagabria) e ho cercato di guardarmi intorno. Ricordo che abbiamo dovuto attraversare diversi piccoli ponti sul mare che collegavano le diverse parti delle piattaforme, siamo andati molte volte a sinistra e a destra e ci siamo anche fermati probabilmente due volte prima di arrivare a destinazione. Ho dovuto fare attenzione a scendere alla mia fermata, ma la donna giapponese della stazione prima mi aveva detto che mi avrebbe avvertito in tempo.

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Mi ha detto di scendere dall'autobus insieme a lei. L'ho ringraziata e poi sono entrato nell'enorme Terminal. Stavo seguendo gli altri e ho usato la scala mobile per salire, piuttosto lunga e alta. Una volta al secondo piano ho visto la zona con centinaia di posti per il check-in. Mentre camminavo attraverso questa enorme sala, ho trovato la Qatar-Airways: c'era una linea d'attesa abbastanza lunga, la più grande tra quelle delle altre compagnie aeree. Mi sono messo in fila e ci sono voluti circa 15-20 minuti prima che fosse il mio turno. Alcuni ragazzi coreani mi hanno parlato e ci siamo scambiati per un attimo i rispettivi passaporti per darvi un'occhiata: loro stavano partendo per tornare a casa. Ho anche incontra l'equipaggio di una nave e poi mi sono seduto proprio dietro di loro prima di salire a bordo dell'aereo.

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Dopo tutto, è andato tutto bene con i miei biglietti! Ho avuto circa 45-50 minuti prima dell'imbarco e quindi sono riuscito a fare un po’ di esplorazione nella zona: ho trovato un distributore automatico e non potevo resistere a comprare l'ultima bevanda Pocari. Il che si è rivelato stupido, perché sono dovuto correre di nuovo in bagno.

Sopra la testa c’erano i cartelli con i numeri dei gates: il mio era circa il 110 e sono stato fortunato di nuovo ad esserci vicino. Sono andato a destra alle partenze, in una sala più grande o una con circa 10 postazioni per il check-in e ancora prima di entrarvi, bisognava mostrare la carta d'imbarco.

Proprio mentre stavo per passare attraverso il cancello di sicurezza, una donna che lavorava lì mi ha avvertito che il mio passaporto era caduto sul pavimento. Non me ne sarei accorto se non me lo avesse detto.

A questo punto, arrivato dall'altra parte, ho dovuto percorrere l'enorme corridoio per circa 5 minuti fino a quando ho raggiunto il mio gate. Tutti i grandi aeroporti hanno una "scala mobile" o meglio percorso mobile al centro, ottimo per chi è stanco e non vuole camminare con le borse o per chi ha fretta. Io non l’ho usato, ma ho camminato il più velocemente possibile. In questa zona ci sono anche molti ristoranti e bar, dove trascorrere il tempo prima dell'imbarco. Io non avevo né fame né sete, e non dovevo neppure andare in bagno. A questo punto, ho dovuto sopportare 11 ore di viaggio in aereo prima di arrivare a Doha. E la cosa divertente è che con il fuso orario, pur avendo lasciato il Giappone alle 0.30 di notte ora locale, sono arrivato a Doha alle 5 del mattino ora locale: questo viaggiare avanti o indietro nel tempo per i fusi orari semplicemente mi sconvolge!

Ho trovato un posto e mi sono seduto totalmente rilassato. Presto è arrivato l'equipaggio di Qatar Airways e si sono seduti dietro di me. Ho provato ad usare Internet, ma non sono riuscito a connettermi al wi-fi dell'aeroporto, così ho deciso di riposare prima di entrare in aereo. In tutta l'area c’erano un sacco di sedie e una costruzione ovale in vetro e metallo, attraverso cui si poteva vedere un altro edificio al piano di sotto e gli aerei dietro di esso. La mia sedia era accanto alla navetta o al passaggio che portava direttamente all'aereo.

Quando è arrivato il momento di mettersi in fila, ce n’erano due: dopo aver mostrato il pass ed essere entrato nell'aereo ho iniziato a cercare il mio posto circa al centro, un po' più indietro, e questa volta nella fila centrale.

L’ aereo su cui ero, era davvero enorme. Aveva 9 posti per fila, 3 da ogni parte, proprio come l'aereo da Doha a Osaka. Ho trovato il mio posto e ho messo lo zaino nella valigia. Questa volta non ero seduto da solo, ma vicino ad una coppia giapponese più anziana.

Gli aerei intercontinentali, naturalmente, hanno il display multimediale e sono abbastanza comodi. Ci sono state date le coperte, nel caso in cui facesse freddo durante la notte: io le ho messe rapidamente intorno alle gambe. C'era anche un piccolo cuscino per ogni passeggero.

Volevo vedere la mappa e dove eravamo. Dato che il mio posto era il più vicino alle finestre (ma ancora a 2 metri di distanza) sul lato sinistro non riuscivo a vedere il centro di Tokyo. Adesso ero davvero stanco e volevo solo dormire e in qualche modo sopravvivere a quelle 11 ore di volo.

Presto l'aereo sarebbe partito e avremmo lasciato il Giappone. Ci volle almeno un'ora e mezza per salutare il paese e dirigerci verso la Cina.

Arrivo a Doha, in Qatar

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