L'Ellinikos: i Greci e il rituale del caffè
Una mattina, nella nostra casetta di Portarià, Sotiris esordì con “Facciamo che oggi ti mostro come lo prepariamo noi, il caffè”.
Vivere alla greca
Fulmini e saette. Non è che avessimo avuto proprio un buon rapporto con l’ellinikos, fino ad allora. La prima volta che fummo invitate a “bere un caffè” da amici greci, prima di andare a fare la spesa in città, restammo sedute in caffetteria per tutto il pomeriggio.
“Greek way of life”! Una filosofia di vita, un ritmo rilassante e allegro che pervade tutto, anche il rito del caffè… Se uno provasse a bere un caffè greco in mezzo minuto, magari in piedi al bancone come facciamo con il nostro espresso, rischierebbe non solo di offendere i gestori del locale e i propri accompagnatori, ma probabilmente la posa del caffè gli andrebbe anche di traverso… È che l’ellinikos non è proprio fatto per essere bevuto di fretta.
E poi ci si chiede perchè alcuni dei greci più greci che ho incontrato ritengano gli italiani troppo frettolosi e stressati...
La mia moka
Poco tempo prima, di ritorno dall’Italia dopo la settimana della nostra Pasqua, avevo provveduto a infilare in valigia una piccola moka, una busta di caffè Lavazza Oro e un fornelletto elettrico da tenere in camera: insomma, il kit di sopravvivenza dell’italiano fuorisede.
Il problema è che da più di un mese sentivo sempre la mancanza di un buon caffè all'italiana. Non c’era mix greco di caffeina, zucchero, latte o ghiaccio che potesse scuoterci dallo stato di zombie in cui versavamo io e la mia collega di prima mattina.
Avevamo trovato una specie di compromesso con la ragazza del kylikeio degli erasmus, a cui chiedevamo ogni volta un “espresso corto, caldo, in tazza piccola, zuccherato medio”, ma il risultato non era dei migliori, come potete immaginare, ed era tutta colpa nostra, del resto.
Al settimo cielo per il mio tesoretto, avevo annunciato a tutti i coinquilini e gli amici che se avessero avuto voglia di un “vero” caffè, avrebbero potuto bussare alla mia porta e glielo avrei preparato, a qualsiasi ora e tutte le volte che volevano. Comprai anche delle simpaticissime tazzine per quattro persone da Junbo, anche se alla fine poi non avevo mai lo zucchero…Ma insomma, se un caffè è davvero buono lo si capisce bevendolo amaro, giusto?
In ogni caso. Ero così entusiasta e orgogliosa di diffondere un po’ di “cultura del caffè” in giro per la Grecia, che avevo provveduto a portare con me anche in Tessaglia tutto il kit, promettendo a Sotiris che l’avrei preparato ogni mattina. Ebbi anche la malsana idea di proporre alla famiglia del nostro amico di prepararlo a casa loro per farglielo assaggiare, e per poco alla madre non venne un colpo. Lasciai subito perdere, sviando il discorso e chiedendomi cosa ci fosse di male in quello che avevo detto...
Gli italiani e il “monopolio culinario”
A posteriori mi rendo conto con un po’ di vergogna che, anche se ci vantavamo di essere di mentalità aperta e di aver esplorato e saggiato, sin dalla prima settimana, tutto quello che la cultura greca poteva offrirci, permaneva nel nostro approccio un atteggiamento di inconscia “superiorità”: per esempio, mangiando i dolci greci, dicevamo “sono dolciastri, c’è sempre troppo miele e troppa cannella, i nostri sono più buoni! ” e bevendo l’ellinikos avevamo guardato sin da subito con sospetto la posa amara sul fondo, la schiumetta densa, il colore chiaro e l’odorino caratteristico della miscela.
La verità è che noi italiani, all’estero, siamo così: quando in giro vedevamo italiani mangiare nei ristoranti turistici “di cucina italiana” li prendevamo in giro, ma noi non eravamo meglio! Comparavamo sempre la nostra cultura culinaria a quella locale, tendendo sempre a considerare migliore la “nostra” versione di quelle pietanze, sopratutto su prodotti che riteniamo, assolutamente a torto, “monopolio italiano”, come il caffè o la pizza (sì, pare che la pizza non sia altro che un’evoluzione della pita greca, cari i miei fascisti culinari! ).
Quando, una volta, un amico che era stato più volte in Italia mi disse che “tutto sommato, la pizza italiana è buona, ma continuo a preferire quella che mangio in Grecia”, mi resi conto di quanto assurdi potessero suonare alle orecchie dei miei interlocutori greci i nostri commenti su tutto...
Solo grazie a quella mattinata con Sotiris cominciai ad aprire gli occhi e a capire quanto il mio atteggiamento fosse scorretto, controproducente e soprattutto potenzialmente offensivo nei confronti del popolo che ci ha ingentiliti e civilizzati in passato con una cultura straordinaria, e che tuttora ci accoglie con particolare simpatia e affetto (non dimenticate mai che siamo “una faccia, una razza”).
Da allora ho cominciato a mettere a fuoco la neutralità del concetto di “diverso”, e ho capito che un approccio libero da pregiudizi e preconcetti non può che giovare, permettendo di apprezzare e di godere appieno, davvero, di tutto quello che la vita può offrire.
L’Ellinikos
Ecco, ora che sapete che proporre un espresso italiano a un greco non è proprio il modo migliore per rispettare la sua cultura, un’altra cosa da evitare è sicuramente dirgli qualcosa tipo “Ah, ma questo caffè lo conosco, l’ho già assaggiato al ristorante turco-curdo dietro casa! ”.
Il caffè greco è a tutti gli effetti un retaggio della dominazione ottomana, ma ormai da decenni la voce “caffè turco” è stata praticamente proibita nei menù. Il caffè è ora pienamente “ellinikos”, che vuol dire appunto greco. Vi basterà qualche chiacchierata con un qualsiasi greco per capire la complessità del rapporto che tuttora intercorre tra greci e Turchia.
Bere l'ellinikos nei bar non è male, soprattutto nelle tavernette al centro di piccoli villaggi caratteristici come quelli del Pelion oppure di Zagori, vicino Ioannina. Il top, però, è berlo a casa di qualcuno, potendo cogliere l'intero cerimoniale.
La signora di casa ti farà accomodare in soggiorno o in giardino, tornando dopo pochi minuti con un bellissimo vassoio, su cui è posato il set da caffè, composto da briki (il bricchetto che si usa per preparare l’ellinikos) e tazzine, insieme all’acqua e a qualche dolcino, in genere koulorakia rustici e “inzupposi”.
Fonte (vari tipi di briki)
Il briki è un pentolino affusolato nella parte alta, con un lungo manico, e può essere realizzato in vari materiali. I modelli più tradizionali sono in rame o in ottone (a Ioannina, rinomata per la lavorazione dei metalli, ne potete trovare di bellissimi in tutti i negozi di souvenir), ma ci sono anche versioni più moderne in acciaio.
È uno dei simboli dell’anima orientale della Grecia, e avrei tanto voluto comprarne uno, ma la valigia a fine viaggio scoppiava, e sapevo che non avrei comunque avuto modo di trovare facilmente la miscela adatta per prepararlo a casa, nè tantomeno qualcuno disposto a berlo con me… Il caffè greco, infatti, non si beve da soli: è la scusa perfetta per chiacchierare, per dire a qualcuno “ti voglio bene, sei importante per me, voglio passare un po’ di tempo insieme a te”.
Nei kafenia, i frequentatori, in genere adorabili vecchietti - ma ho visto anche giovani - passano interi pomeriggi a sorseggiare ellinikos mentre giocano a tavli oppure a scacchi o a dama, chiacchierando del più e del meno.
La ricetta
Veniamo finalmente alla parte clou del post.
Sotiris prese il bricco in rame, lo zucchero, le tazzine e una busta bianca in cui c’era la miscela di caffè adatta. Me la fece annusare: riconobbi subito il retrogusto dolciastro tipico dell’ellinikos, che a primo approccio mi sembrava fosse odore di stantio, ma in realtà è una questione di abitudine... L'odore diverso è dovuto proprio a a una diversa lavorazione subita dai chicchi.
Esistono varie dimensioni di bricchi, a seconda del numero di persone, un po’ come per la nostra moka. Nel bricco si versano, tutti insieme, acqua, zucchero e caffè, in quest’ordine. Le dosi sono: una tazza d’acqua per ogni persona, un cucchiaio di caffè a persona, e zucchero a piacere, a seconda dei gusti.
Ecco perchè nei bar vi chiedono sempre come volete il caffè: lo zucchero va fatto sciogliere insieme al resto, perchè non appena il caffè sarà pronto, non potrà essere mescolato. Nel dubbio, per ordinare il caffè nei bar vi basterà seguire queste linee guida: kafe sketo, ovvero nero; metrio, mediamente zuccherato, che è quello che prendevo sempre io; gliko, ovvero con due cucchiaini di zucchero, più dolce rispetto al medio; diplo o varigliko, ovvero doppia dose di caffè e molto zuccherato.
Ovviamente, se si prepara il caffè per più persone, occorre che la scelta sia omogenea, o sarà necessario preparare più bricchi: ad esempio, io lo volevo dolce, mentre Sotiris è abituato a prenderlo nero, ma essendo pigri, decidemmo di preparare un solo bricco dolce per entrambi.
Mettemmo quindi il bricco sui fornelli, mantenendo la fiamma bassa. Per creare la classica schiumetta, bisogna aspettare che il caffè arrivi ad ebollizione: più volte lo si toglie dal fuoco, lo si mescola o lo si rimette a bollire, più densa sarà la schiuma e migliore sarà il sapore. È la quantità di schiuma, infatti, che denota la bontà di un vero ellinikos.
Una volta pronto, si prepara il vassoio, con sopra i piattini con tazzine e dolcini, bicchieri d’acqua e cucchiaini.
Gustare il caffè alla greca
Ora bisogna aspettare. Non essendo sottoposto ad alcun tipo di filtraggio, i residui di caffè, una volta versata la miscela nelle tazze, dovranno depositarsi sul fondo, altrimenti il caffè sarà imbevibile. Per colpa della mia fretta mi era capitato più volte di rischiare di strozzarmi con la posa, soprattutto quando, arrivata quasi alla fine della tazzina, l’agitavo troppo, facendola alzare dal fondo…
Mentre si aspetta, si chiacchiera, si sorseggia acqua e si può dare qualche morso al dolcino di rito, che è parte essenziale del cerimoniale del caffè. Se si tratta di un koulouri, è consentito - e direi, altamente consigliato - inzupparlo nel caffè mentre si aspetta che si raffreddi e la posa sia scesa sul fondo. La nonna del nostro amico, la prima volta che l'andammo a trovare, ci aveva portato direttamente una scatola intera di biscotti fatti in casa, che aveva provveduto poi a regalarci per fare colazione durante la settimana a Portarià: le nonne sono un patrimonio universale!
Il sapore dell’ellinikos è più dolce e ha un retrogusto vagamente "orientale" che è davvero piacevole, quando ci si abitua. La consistenza è decisamente densa, ma non sabbiosa… Se lo è significa che state sbagliando!
Un’ultima chicca: una volta finito di bere, alcuni si divertono a interpretare la forma dei fondi per predire il futuro…Avrei tanto voluto imparare a farlo, per sentirmi un po' come i personaggi di Harry Potter a lezione di Divinazione, ma purtroppo il nostro amico non era esperto in quest'arte! Sarà per la prossima...
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