Yangon
Dopo un lunghissimo viaggio aereo, la mattina del 10 marzo arrivammo all'aeroporto di Mingaladon a Yangon.
Recuperati i bagagli conoscemmo la nostra guida Bobo, noto come "Bobo Birmania" e avemmo modo di apprezzare la perfetta organizzazione che ci mise a disposizione anche un pulmino da 25 posti dotato di aria condizionata. Bobo parlava molto bene l'Italiano e si dimostrò subito molto simpatico, alla mano ed esperto di tutto quello che riguardava il suo Paese.
Ci accompagnò al nostro primo, lo spettacolare hotel Sule Shangri-La per una breve pausa. Ci riposammo un po' e ci rifocillammo nel lussuosissimo ristorante internazionale. Anche se ovviamente apprezzai molto il ricco buffet dell’albergo che includeva, tra le altre cose, sushi fatto al momento, non era affatto quello che mi aspettavo e neanche ciò che normalmente mi piace. Infatti, quando viaggio preferisco provare la cucina locale piuttosto che ritrovare la cucina italiana, e mi sarebbe piaciuto di più dormire in una casetta sulle sponde di un lago piuttosto che in un grattacielo di lusso.
Il pomeriggio lo dedicammo alla visita di Yangon, la più grande città della Birmania con oltre 4.500.000 abitanti ed ex capitale del Paese. Prima tappa al Bogyoke Market, in passato conosciuto come mercato di Scott, ricco di bancarelle di prodotti freschi e negozi. E' il miglior mercato di Yangon per l'artigianato e altri beni di uso quotidiano.
Restammo subito affascinati dalla varietà di attività, colori e odori e dalle persone molto affabili e socievoli. Da qui proseguimmo per una breve passeggiata attraverso i quartieri Chinatown e Little India, due quartieri favolosamente diversi e vibranti di Yangon pieni di mercati di strada, venditori di snack e molti luoghi di culto.
Infine, verso l'ora del tramonto, ci spostammo nuovamente per visitare la immensa ed iconica Shwedagon Pagoda, il tempio buddista più venerato in Myanmar. Ci rendemmo conto per la prima volta che per visitare i luoghi sacri è necessario togliersi scarpe e calze, che lasciammo all’interno del pulmino.
La pagoda Shwedagon
La pagoda si trova nella zona ovest della città di Yangon, nella collina di Singuttura.Per questo motivo lapagoda domina letteralmente il profilo della città, e per raggiungerla è necessario percorrere una lunga ed ampia scalinata.Prima di incamminarsi verso il complesso di stupe che costituiscono l’intera pagodaè obbligatorio togliersi le scarpe,epercorrere la lunga rampaa piedi nudi.
Lo stupa più alta, che raggiunge i 98 metri, è la più sacra della Birmania e conserva al suo interno le reliquie di quattro buddah:esse sono una porzione dell’abitodi Kassapa, il sostegno di Kakusandha, il filtro d’acqua di Konagamana ed infine alcuni capelli di Gautama, il buddah storico.
La leggenda legata alla Pagoda Shwedagon narra che questa sia stata costruita oltre 2500 anni fa.
Infatti si dice che risalga ad un periodo antecedente alla morte del primo buddah, avvenuta nel 486 a. C.. Secondo la stessa leggenda la storia di questa mastodontica pagoda ebbe inizio quando due mercanti incontrarono Gautama, il buddah storico, che gli impose di creare un luogo sicuro per custodire otto dei suoi capelli. I due si recarono quindi in Myanmar e trovarono subito la collina di Singuttura, dove erano già custodite le reliquie di altri tre buddah. Gli otto capelli del buddah vennero quindi riposti in un cofanetto d’oro e riposti nella pagoda, dove secondo la leggenda si trovano ancora oggi.
In realtà però studi più approfonditi hanno dimostrato che si probabilmente tratta di un’opera molto più recente, edificata fra il Vi e il X secolo. Nel corso dei secoli la pagoda è stata soggetta a numerosi danni, derivati sia dall’incuria, sia da eventi naturali. In particolare, nel 1768 un violento terremoto portò al crollo dell’apice dello stupa.
Oggi tutta la struttura è uno spettacolo di sfarzo, oro e lucine, e la sua punta di diamante è proprio lo stupa centrale, quello più alto, ricoperto di zaffiri, rubini, topazi e smeraldi). Fra l’altro, come poi avemmo modo di vedere molte altre volte nel nostro viaggio in Myanmar, tutto lo stupa era interamente ricoperto di lamine d’oro. E la cosa caratteristica è che non è affatto nato così, ma l’oro aumenta giorno dopo giorno. E’ infatti usanza dei fedeli aggiungere l’oro allo stupa, in segno di devozione, tant’è che nel corso dei secoli la pagoda Shwedagon si è letterlmente arricchita di oltre 27 tonnellate d’oro.
Il pavimento che lo circondava era percorso da migliaia di persone. Alcuni erano semplicemente fedeli, altri erano monaci, con il tipico abito rosso bordeaux e la testa rasata. Non c’erano turisti, nessuno tranne noi.
Nel complesso, l’impressione che ebbi del Myanmar sul finire della prima giornata fu senza dubbio positiva, ma ben lontana dal totale e folle innamoramento in cui mi lasciò dopo tre settimane di esporazione.
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