Catalan Culture: Calçotada
Quando i miei colleghi mi hanno invitato ad un pranzo speciale a base di un cibo tradizionale chiamato calçots, e perciò noto come calçotada, ho accettato con entusiasmo, dato che sono normalmente felice di assaggiare nuovi piatti, soprattutto quando sono tipici del luogo. Ben poco potevo sapere del fatto che il pranzo si sarebbe trasformato in una esperienza culinaria davvero indimenticabile, dato che ho dovuto superare una sorta di iniziazione per essere infine ammesso alla cerchia di persone che hanno provato questa tradizione catalana.
Prima di tutto, meglio spiegare cosa sono i calçots. In realtà, non sono né più né meno di un mazzo di apparentemente inoffensivi cipollotti, che sono coltivati in abbondanza e con successo in quest'angolo di Catalogna. Ma cosa può rendere queste verdure un'ardua sfida per i principianti? Presto detto. I calçots non si mangiano normalmente né crudi né bolliti, quanto piuttosto in versione grigliata. E fin qui niente di male, potreste pensare, un sacco di verdure si mangiano alla griglia! Il problema è che i calçots, o almeno il loro involucro esteriore, sono non solo grigliati ma quasi carbonizzati al momento di essere serviti.
La sfida per i commensali, dunque, è quella di estrarre la parte interna, che ovviamente è l'unica commestibile. Per fare questo è necessario tenere stretta un'estremità della parte bruciata del calçot, sbucciandola lentamente e con attenzione finché non appare la polpa interna. Ammesso che si sia compiuta con successo questa difficile operazione, si procede dunque ad intingere il calçot in una salsa deliziosa chiamata romesco, per poi finalmente mangiarlo. Naturalmente, tutte queste operazioni sono da compiere con le mani nude, che diventeranno ben presto sporche e di colore nero. Inutile dire che, per di più, a causa della forma dei calçots e della maniera particolare con cui vengono mangiati i riferimenti e le battute a sfondo sessuale si sprecano, dando origine a risate in grande quantità. Ad ogni modo, dopo aver faticato un po' al principio, ho gradualmente preso le misure ai calçots, riuscendo infine ad affrontarli (quasi) agevolmente.
Tuttavia, come ho scoperto di lì a poco, la mia iniziazione non era ancora completa: all'arrivo del dolce, le normali bottiglie di vino che erano state un piacevole complemento per il pranzo sono state rimpiazzate da una strana sorta di ampolla contenente cava. Stavo per versarmene un po' nel bicchiere vuoto quando il collega più vicino mi ha bloccato prontamente, togliendomi il bicchiere e scoppiando nell'ennesima risata del pomeriggio. Naturalmente, non c'era bisogno di alcun bicchiere dato che, come mi ha spiegato, la tradizione voleva che si bevesse direttamente dalla ----- . Inutile dire che era severamente vietato toccare il beccuccio con le labbra, per cui era abitudine versarsi il vino direttamente in bocca, tenendo l'ampolla ad una certa distanza. Per quanto assai preoccupato di rovesciare il vino (o di soffocarmi), sono infine riuscito a sorseggiare un po'di cava, portando finalmente a termine i rituali per essere accettato in questa sorta di confraternita culinaria catalana. La crema catalana che ha concluso in bellezza il pasto non aveva (per fortuna) in serbo nessuna sorpresa, ma era davvero deliziosa ed ha contribuito, insieme all'atmosfera unica che regnava, a rendere ancor più memorabile la mia prima esperienza con i calçots.
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