23 febbraio: non un giorno qualunque
Sarà per il fatto che ho sempre avuto una passione per studiare i fatti, i personaggi ed i costumi del passato. Sarà che la storia della Spagna è talmente interessante che ci sarebbe davvero tanto da dire riguardo ad essa. Ad ogni modo, eccomi di nuovo qui pronto ad annoiarvi con un'altra puntata delle mie cronache delle vicende passate del Paese in cui mi trovo. Scherzi a parte, l'ispirazione per questo post mi è venuta grazie allo storico anniversario che si è celebrato proprio ieri. Il giorno 23 di febbraio 2014, appunto la data di ieri, è ricorso infatti il 33° anniversario di un giorno straordinario (o per meglio dire extra-ordinario) passato alla storia come 23-F. In poche parole, quel 23 febbraio 1981 fu un giorno di ordinaria follia, come potrebbe essere perfettamente definito, dato che un contingente militare fece irruzione nel Parlamento Spagnolo tentando di attuare un colpo di stato militare che fallì soltanto grazie al pronto intervento del re e di suoi collaboratori ed alla lealtà di gran parte delle forze armate.
Ad ogni modo, come sempre quando si affrontano vicende storiche, meglio andare per ordine ed analizzare il problema alla fonte. Come ho spiegato nel post dedicato al Giorno della Costituzione Spagnola, alla fine degli Anni Settanta il Paese stava attraversando una fase assai delicata chiamata Transiciòn Democràtica (Transizione Democratica). La dittatura era terminata ufficialmente nel 1978, ma la Spagna non era ancora pronta per un moderno sistema democratico: la crisi economica che attanagliava il Paese aveva esasperato la popolazione, mentre i numerosi atti terroristici dell'ETA e le difficoltà incontrate nel mettere in moto il nuovo ordinamento nazionale avevano creato una tensione palpabile nel Paese. A peggiorare le cose contribuirono alcune frange delle forze armate e dell'esercito, che si rifiutavano di conformarsi al nuovo sistema democratico. Quest'ultimo fattore portò ad una serie di cospirazioni segrete che si scatenò infine agli inizi dell'anno 1981. Si trattava di una fase assai delicata per il governo, il cui potere vacillava a causa delle dimissioni di alcuni ministri. Al principio di febbraio si raggiunse un punto di svolta quando il primo ministro in carica, Adolfo Suarez, si dimise a sua volta e Leopoldo Calvo Sotelo fu nominato nuovo primo ministro. Il 23 di febbraio avrebbe dovuto sottoporre il proprio governo ad un voto di fiducia che, tuttavia, non fu mai portato a termine.
A votazione iniziata da circa 20 minuti, infatti, un gruppo di poliziotti della forza armata nazionale, chiamata Guardia Civil, fece infatti irruzione nel Parlamento agli ordini del tenente colonnello Antonio Tejero, che gridò "¡Quieto todo el mundo!" ("Tutti fermi e zitti!") ed ordinò ai membri del Parlamento di sdraiarsi al suolo. Di fronte al rifiuto di molti di essi e davanti alla reazione del vice presidente del governo, sparò alcuni colpi, immediatamente imitato da alcuni dei suoi compari. Infine, la maggior parte dei deputati non poté fare a meno di obbedire agli ordini, per quanto alcuni di essi (tra i quali i vertici del governo) si rifiutarono di farlo. L'intera scena dell'assalto fu registrata da un operatore televisivo, che si trovava nella sala per trasmettere il voto di fiducia al governo. Per questa ragione è oggi possibile vedere il video di quegli incredibili momenti (http://www.youtube.com/watch?v=hVHu3m-4keo).
Pochi minuti più tardi la situazione toccò il fondo: 5 membri del Parlamento, tra i quali Suarez, furono separati dagli altri, mentre i golpisti mettevano in pratica la seconda parte del piano. A Valencia, infatti, il capitano della locale divisione dell'esercito si sollevò contro le autorità e prese il controllo della città e del porto. Secondo il piano originale, altre divisioni militari avrebbero dovuto unirsi alla rivolta. Fortunatamente, questo non avvenne, in parte a causa della fedeltà dei rispettivi comandanti, in parte per l'immediato e decisivo intervento del re. Juan Carlos I, infatti, non solo si rifiutò di appoggiare il progetto dei golpisti (che nel frattempo avevano annunciato che avrebbero formato un nuovo governo temporaneo): insieme ai suoi collaboratori e ad alcuni generali fedeli, riuscì ad assicurarsi la lealtà della maggior parte delle forze armate attraverso una serie di febbrili colloqui e chiamate telefoniche.
Ciò nonostante, la giornata aveva ancora in serbo un ulteriore colpo di scena prima della soluzione finale del golpe. Uno dei generali che aveva dato appoggio esterno al colpo di stato, Alfonso Armada, con un comportamento ambiguo ai limiti della teatralità riuscì a guadagnare la fiducia del re, facendosi inviare come mediatore ufficiale all'interno del Parlamento. La sua ambizione era quella di diventare primo ministro di un nuovo governo politicamente legittimo, facendo prevalere una corrente moderata in alternativa al comportamento estremista di Tejero. Dato che quest'ultimo si rifiutò ovviamente di soddisfare le sue richieste (l'idea che aveva in mente era quello di un governo composto prettamente da generali dell'esercito), Armada lasciò con sdegno il Parlamento ed annunciò al re il fallimento della mediazione. Era ormai l'una di notte del giorno 24 febbraio. Pochi minuti dopo, il re apparve in televisione per condannare apertamente il tentativo di colpo di stato, richiamare all'ordine l'esercito, in qualità di comandante supremo delle forze armate, e destituire Milans del Bosch, il generale ribelle a Valencia. Poche ore più tardi, quest'ultimo si arrese e fu incarcerato, e benché Tejero insistesse nella sua folle resistenza, che terminò solo alle 12, i membri del Parlamento furono gradualmente rilasciati nel corso della mattinata.
Questa fu, dunque, la fine di un'incredibile sequenza di eventi che portarono la Spagna ancora una volta sull'orlo della dittatura militare. Nonostante l'intervento finale del re abbia fortunatamente evitato conseguenze peggiori, questo inquietante episodio segna un chiaro punto di svolta nella storia di Spagna. Oltre trent'anni dopo, il tentato golpe dovrebbe essere tenuto ben presente come chiara dimostrazione dei pericoli nell'uso incondizionato della forza nelle faccende politiche, nonché dell'importanza cruciale dello sviluppo di una cultura democratica. A maggior ragione se pensiamo che una tale cultura è stata assente per lungo tempo in un Paese che ha vissuto per quasi la metà del XX secolo sotto regimi dittatoriali.
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