Come abbiamo deciso di andare in Myanmar

Nella primavera del 2016, sul finire del mio primo anno di università, prenotai con mio padre un viaggio che rimane tutt’ora uno dei miei preferiti in assoluto. Era da tempo che, osservando fotografie surreali e parlando con persone che conoscevano i luoghi, mi appassionava l'idea di visitare un paese asiatico. Quando mio padre mi fece sapere che, insieme ad altri fotografi, stava organizzando un viaggio in Myanmar, pur sapendo che avrei dovuto saltare alcune settimane di lezione, non ebbi alcun dubbio e decisi che sarei andata con lui.

Il gruppo con cui saremmo partiti era formato formato da nove persone: oltre a noi due e agli organizzatori Luca e Michela, si aggiunsero anche i coniugi Morini, i coniugi Parodi e il simpaticissimo Luciano. Dopo un lungo periodo passato a documentarsi e immaginare ciò che mi aspettava, finalmente arrivò il giorno della partenza. 

La prima volta che si visita un paese asiatico buddista, ed in generale qualunque luogo le cui caratteristiche culturali sono tanto lontane da quelle alle quali siamo abituati, resta sempre un ricordo indelebile. Non esistono immagini o scritture che possano rappresentare compiutamente ciò che solo una visita permette di vivere, osservare e comprendere, tanta è la differenza rispetto ai canoni di vita a cui siamo abituati. 

I paesaggi sono meravigliosi, così come altrettanto unici lo sono monumenti, villaggi e città ma ciò che resta impresso più di ogni altra cosa è la popolazione e lo stile di vita. I ritmi sono assai più lenti dei nostri e gli obiettivi molto più semplici e concreti; non si vedono arroganza e invidia ma solo curiosità, cordialità e fierezza.

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