Budapest, quando il Danubio ci separa (1/6)
1 giugno 2016
Giorno 1: si chiude la porta slovacca e si apre quella ungherese
La chiave gira per l'ultima volta nella serratura del mio appartamento di Presov. Chiudo la porta e così concludo la mia permanenza in Slovacchia. Appeso sulla destra, trovo una calamita in legno che mi ha lasciato la vicina. Rappresenta uno stemma giallo con la scritta "Presov 2016". È finito, è tutto finito. Mi sarei dovuto preparare a questo momento: non ci credevo, dopo quattro mesi trascorsi in Slovacchia. Come al risveglio, sono stordito.
Sono le 4 e 10 del mattino. Il corridoio è ancora nella penombra. Il rumore delle ruote delle mie valigie per le scale, rompe il silenzio. Il mio vicino del piano di sopra, un uomo con i baffi e i capelli bianchi, mi aiuta a portare una delle due borse mentre usciva per portare fuori la spazzatura. Mi chiedo ancora oggi cosa ci facesse sveglio a quell'ora.
Ultimo biglietto timbrato, ultima alba in Slovacchia
Dietro al supermercato CBA, dove ho fatto la spesa in questi quattro mesi, il bus notturno mi aspetta. Temo di perderlo, perché sono giusto giusto con i tempi. Se lo perdo dovrò rimandare la partenza a domani. Una giornata persa! Fortunatamente sono riuscito a prenderlo. Timbro nella macchinetta gialla come fosse una cassetta della posta, il mio ultimo biglietto del bus. Direzione stazione di Presov. Esattamente dove sono arrivato quasi quattro mesi fa.
Sorrido mentre scendo dalla piccola discesa che all'inizio avevo percorso tutto disorientato. Non avevo ancora visto nulla. Questa mattina, i miei bagagli come la mia testa sono più colmi che a inizio febbraio. Quanti ricordi, litigate, situazioni incredibili ho vissuto? E forse non è finita poiché mi resta ancora una settimana.
Il mio treno per Cassovia è alle 4:56. Non so se prendermi un caffè. Lascio stare. Anche con un coperchio, non mi sembra una cosa fattibile a meno che non voglia rovesciare la bevanda da un momento all'altro. Dopo tutto non bisogna dimenticarsi che non ci sono ascensori in questa stazione che ti portano sui binari. Come quando sono arrivato, bisognerà farsi tutti gli scalini più quelli per salire sul vagone.
Il sole sorge solo dopo che io sono salito sul treno, su una campagna ancora avvolta nella nebbia. E io sono ancora nello stesso stato! Tiro fuori dal mio zaino la colazione che mi ero preparato il giorno prima e che mangio volentieri. L'acqua mi sembra terribilmente insapore.
Cassovia. Devo aspettare 20 minuti prima di prendere la coincidenza per Budapest che parte alle 6:02. Ovviamente devo farmi di nuovo una rampa di scale, ma sarebbe potuta andarmi peggio. Mentre cerco uno scompartimento calmo dove riposarmi (avevo dormito solo 4 ore), lascio il suolo slovacco. Devo ammettere che la botta finale è stata forte.
Volente o nolente riesco a dormire in uno scompartimento dove posso allungare le gambe su tre posti. Non batto ciglio nonostante dei ragazzi seduti un po' più avanti continuino a ridacchiare e chiacchierare!
Due ore dopo, un controllare mi sveglia toccandomi la spalla. Con una famiglia affianco, mi dice "si sposti, non ci sono più posti su questo vagone. " È vero che il treno, dopo essere passato di stazione in stazione, e avendo soltanto tre vagoni, si è decisamente riempito. Siamo già in Ungheria, e un carro con una bandiera bianca rossa verde sui binari me l'ha confermato.
Budapest non si vede ancora. Ho paura di arrivare in ritardo alla visita al Parlamento che avevo prenotato per le 11. Devo anche ancora posare i bagagli nel mio ostello della gioventù. Ad un tratto rimango sorpreso di come si arriva bruscamente nella capitale ungherese. Venti minuti prima dell'arrivo mi sembrava di essere in piena campagna con quelle bancarelle con l'insegna sbiadita, locali dell'età di Matusalemme e quelle strade in pessimo stato. A posteriori posso dire che il mio arrivo è stato un po' perturbante.
Alla stazione di Budapest
Il treno entra nella stazione di Keleti (Keleti palyaudvar), la stazione principale di Budapest, alle 9:50 invece che alle 9:30. Credo di essere rovinato per la mia visita al Parlamento. Il mio primo pensiero appena arrivato è quello di comprare un biglietto plurigiornaliero per utilizzare i mezzi di trasporto. Ci resto comunque una settimana!
La stazione di Keleti (1881) è la più grande di Budapest. Keleti vuol dire "dell'Est". Offre servizi all'est dell'Ungheria, i Balcani, la Romania e ovviamente la Slovacchia.
Ma qualcosa ha ostacolato questa mia volontà. Avendo due grosse valige, non sono di certo passato inosservato. Appena uscito dal vagone, il conducente di un taxi mi viene in contro per offrirmi una corsa. Furbamente mi aiuta a scaricare una valigia dal treno. "No grazie" rifiuto. Come passo sotto la sala metallica, tipo alla stazione Nord di Parigi, un altro vuole che ceda alla sua offerta: "10€ per andare in centro". Rifiuto la sua offerta. Raggiunta l'entrata, devo fare il ruolo del cattivo ancora con un ultimo tassista.
Grazie a una coppia di cinesi che mi hanno guardato le valigie, sono riuscito a comprare un biglietto studenti mensile per i trasporti della città. Una cosa fatta!
Mi resta solo il difficile da fare: arrivare all'ostello della gioventù. Tuttavia non è lontano da Keleti, nel quartiere ebraico. Ma con due valige... Che risata è stata perdere la metro, cambiandola, per arrivare all'indirizzo in una lingua a me sconosciuta? Per di più con una valigia che raschiava il suolo perché una ruota si era rotta.
Davanti all'edificio inizio a lamentarmi quando scopro che l'ostello è al secondo piano. Carico, salgo con molta fatica gli scalini anche se sono bassi. Ma mi piace l'atmosfera del luogo. Se la facciata che dà sulla strada è nera come il carbone, il cortile ha dei colori vivi e sembra di essere a Cuba. In più, al primo piano c'è un bar che fa venire voglia di ballare. Alla reception mi informo per sapere se c'è la possibilità di lasciare i miei bagagli lì. Ma no... pazienza, fra sei giorni dovrò di nuovo scendere i due piani con le valigie!
Dalla cotoletta impanata al gulasch
Vado direttamente al Parlamento (Parlamento o Országház), il terzo più grande al mondo (dopo quello di Buenos Aires e Londra). Uscendo dalla metro, le sue dimensioni sono impressionanti. Con la sua cupola e le sue guglie, questo tempio della democrazia sembra una cattedrale gotica, nonostante sia stato costruito tra il 1885 e il 1904. Invece di arrivare alle 11 come avevo previsto, è quasi mezzogiorno. Chiedo per sapere se posso posticipare la visita. Ce n'è una in francese alle 13:30. Giusto il tempo di pranzare. Opto quindi per un ristorante tradizionale, Hungarikum Bisztro, trovato su internet.
In quel momento mi rendo conto che sono, in Ungheria, tornato ad essere uno straniero. In Slovacchia, dopo 120 giorni, non provavo più questa sensazione. Solo guardando la vetrina, non capisco una sola parola di questa lingua (ma per fortuna c'è l'inglese! ), e neanche i prezzi che sono in fiorini. 4 500 fiorini, quanti euro sono? Tanti? Per saperlo bisogna solo essere bravi a fare i calcoli a mente per dividere ogni volta il prezzo per... 300!
Seduto al ristorante, rimango stranito dal fatto che il menu non proponga più le classiche "kuraci rezen", cotolette di pollo impanate o le "bryndsove halusky", gnocchi al formaggio di pecora che ero abituato a mangiare in Slovacchia.
La soupe de goulash, le plat national hongrois.
Mi lascio tentare da un menu tradizionale, con ovviamente la zuppa di gulasch (carne e patate) come antipasto. In Francia, facciamo fatica a pensare che il gulasch sia il piatto forte, quando si tratto semplicemente di una zuppa! Lo stufato che spesso si pensa essere gulasch, in realtà si chiama porkolt.
Ho imparato che un'altra tradizione ungherese è il digestivo. Per cortesia (solitamente non bevo superalcolici) accetto un bicchierino di palinka: l'acquavite di frutta dell paese. Sembra bere il borovicka (alcol di prugne) in Slovacchia o il cognac in Francia, per intenderci. Esco soddisfatto di questa prima esperienza gastronomica ungherese, nonostante l'aspetto molto turistico del locale. Era pieno di clienti internazionali (cinesi, americani, italiani... ) quando non c'erano le persone del luogo.
Il parlamento, la cattedrale della democrazia
Arrivo giusto in tempo ai controlli di sicurezza, nel sottosuolo, nel centro d'informazioni turistiche che sembra un bunker. Sento parlare francese. Francese! È la nostra vecchia guida che fa alcune raccomandazioni prima di passare i controlli. Arrivo giusto nel momento in cui dice: "Se avete dei coltelli o degli oggetti in metallo, ditelo! " Non bene. Nel mio zaino ho l'Opinel (coltellino svizzero). Lo prenderò di nuovo una volta uscito.
È la prima visita guidata in francese a cui assisterò in tutto il mio viaggio. Sono anche sorpreso di quanti siamo: più di una trentina. Per me che arrivo da un paese in cui ci sono tanti francesi quante banane in Islanda, questa concentrazioni di compatrioti mi destabilizza. Il mio orecchio si deve aiutare di nuovo alla nostra parlata, abituato ormai ad ascoltare l'inglese, la lingua dei viaggi come si suol dire.
La chambre basse, où se réunit l'Assemblée nationale hongroise.
Nel gruppo, composto per la maggioranza da pensionati, una signora dai capelli biondi tinti, l'aria altezzosa, continua a lamentarsi. Commenta il francese non troppo fluido della guida, e borbotta sul fatto che siamo in troppi per riuscire ad apprezzare al meglio la visita. C'è da dire che il Parlamento è il monumento principale di Budapest, sicuramente il più ricco di ornamenti con delle volte dorate e delle colonne in marmo onnipresenti. La sala dell'Assemblea nazionale, punto forte della visita, ha un aspetto ben diverso dal nostro.
Uscendo, sono abbagliato come se fossi uscito da un palazzo reale. Mi sarebbe piaciuto che l'incantesimo fosse durato più a lungo: la visita dura soltanto un'ora. Dopo tutto sarei potuto semplicemente entrare all'interno. Alcuni giorni il palazzo è chiuso a causa di ricevimenti o visite di delegazioni ufficiali.
Successivamente vado a vedere il monumento simile in altezza la Parlamento: la Basilica di Santo Stefano (Szent Istvan bazilika). Per dimostrare l'uguaglianza tra il potere ecclesiastico e politico, i due monumenti non superano i 96 metri. Perché 96? Perché questo numero riporta a quando il popolo ungherese, venuto dal nord degli Urali, si è installato nella piana del Danubio nell'896.
Una visita guidata a Budapest
L'inglese torna a risuonarmi nelle orecchie. Sono sulla basilica. Un gruppo di ragazzi ascolta una giovane guida. Mi intrufolo. Sulla sua maglietta blu oltreoceano leggo "Giro della città gratuito. " Lo seguo in modo da non girovagare più in solitario.
Steffen, la guida, sembra un uomo che prende la vita per il verso giusto. In quanto professore di lingua, non trova corretto che l'ungherese sia considerato una delle lingue più difficili al mondo. Per lui è facile raggruppare delle parole per formare una frase. Secondo me, l'ungherese è più difficile dello slovacco. Anche alcune parole internazionali non si possono capire in ungherese. Per esempio: ristorante si dice "etterem" ("restauracia" in slovacco), università "egyetemi" ("univerzitnu" in slovacco).
L'ungherese non assomiglia a nessun altra lingua, se non un pochino al finlandese e al lettone (la radice è ungrofinnica). La pronuncia è molto diversa rispetto alle lingue latine. Cioè invece che le nostre 26 lettere, ce ne sono 44! Lo slovacco mi sembrava già difficile con le sue 6 declinazioni, ma l'ungherese la supera!
Il paese è piccolo (solo 10 milioni di abitanti) e gli ungheresi sono un popolo fiero delle molteplici innovazioni che hanno scoperto. Allora Steffen tira fuori dal suo zaino una scatola in metallo dentro cui c'era il cubo di Rubik, una penna a sfera e una scatola di vitamina C a forma di tubo. "Sono tutte invenzioni ungheresi" ci sorprende. Senza dimenticarsi di citare i quattro ungheresi vincitori del Premio Nobel.
Sul Ponte delle Catene, uno dei più frequentati dai turisti, insieme al ponte della Libertà, più a valle.
Siamo passati ora all'altra sonda del Danubio, grazie al ponte delle Catene (Szechenyi lanchid). Distrutto nel 1943 dalle truppe tedesche, verrà ricostruito nel 1949 identico all'originale del 1849.
Entriamo nella parte più antica della città, Buda, che è anche la più ricca. Come gli piaceva scherzare alla nostra guida: "Ci sono due tipi di abitanti a Budapest: quelli che vivono a Buda e quelli che ci vorrebbero vivere. " Ci tiene a precisare: "Si può essere di Budapest come me e vivere tranquillamente in un quartiere comunista della periferia".
Spiega mentre passiamo per qualche attrazione turistica. Innanzitutto la funicolare, la seconda più antica al mondo (la più antica è quella di Lione), dove si è formata un po' di coda: "La coda è ancora niente... Ma se vi posso dare un consiglio non ne vale la pena aspettare mezza giornata per salire in due minuti. La salita sulla collina Buda non è poi così lunga e difficile. Non ci ho mai perso un visitatore! " si diverte.
Una volta in alto (tutto il gruppo al completo! ), ciò che si vede maggiormente sono le terme. "Non serve molto provare diverse terme. Ciò che cambia sono le vasche interne o esterne, miste o non miste. Ma poi, sono tutte uguali: un'alternanza tra bagni caldi e freddi. " Alla fine della visita, ci svela il segreto del bastione dei Pescatori, una specie di bastione decorato da torri. "Non spendete 1000 fiorini (3€) per salire sul bastione. C'è la stessa vista che da sotto! "
Una prima all'opera
Torno in ostello per mettermi una camicia. Stasera alle 19:00, evento più unico che raro, vado all'Opera di Budapest. Ho approfittato dei bassi prezzi ungheresi per fare questa esperienza. Per andarci, ho preso la linea 1 della metro, la più antica d'Europa. Conserva ancora le decorazioni originali. Le stazioni sono coperte di porcellane e da cartelli stilizzati color castagna. I treni sono gialli rovinati e i sedili ricoperti di una stoffa marrone alquanto cupo.
Nella sala dell'Opera, in stile neo-rinascimentale, vista dal terzo balcone. Certo, visto che il palco è così lontano, non esitate a portarvi un binocolo!
La sala dell'Opera è tanto adornata d'oro quanto il Parlamento visitato nel pomeriggio. Solo per questo, sono contento di essere qui. A giudicare dagli abiti, le persone fanno parte dell'alta classe di Budapest. D'altronde, sicuramente abitano più a Buda (quartiere bohémien della riva destra del Danubio), che a Pest (quartiere più popolare, nonostante si trovi qui l'Opera, riva sinistra del Danubio). I prezzi del buffet lo confermano. Un panino prosciutto e burro costa 1500 fiorini (5€).
L'opera è una rivisitazione ad un pezzo di Shakespeare: la Tempesta. Con l'intervallo, sono circa 3 ore di spettacolo. Molto bello, quando i passeggeri della barca sembrano come una marea con le loro braccia che si gettano verso l'alto. Ovviamente piacevole quando lo strumento umano che è la voce vibra negli acuti o trema nei gravi. Devo ammettere di non aver colto completamente l'intrigo, nonostante i sottotitoli in inglese che accompagnavano lo spettacolo in ungherese. Ma la cosa principale nell'opera è assaporare i suoni e non il testo come a teatro.
Resto nell'ambito della musica mentre torno al mio ostello della gioventù. Non vi ho detto come si chiama? Casa de la musica.
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