Palermo, capitale europea dello street food
Palermo è famosa per l'arte, la cultura, il clima e le spiagge cristalline, ma non tutti sanno che il capoluogo siciliano vanta un record del tutto particolare. Infatti, secondo la rivista Forbes, Palermo si classifica nello scalino più alto del podio in Europa per quanto riguarda lo street food, è invece quinta a livello mondiale.
Ma che cosa è lo street food?
Le parole street food tradotte letteralmente significano cibo da strada. Per cibo di strada si intende un cibo generalmente povero e veloce da consumare.
Lo street food si può definire il precursore degli attuali fast food.
Ma come nasce?
Parere comune è che lo street food palermitano sia nato in epoche e tempi diversi ma un unico comune denominatore è stata la fame; periodi dove consumare uno o più pasti al giorno era considerato un lusso; periodi dove per mangiare si era disposti a tutto; periodi dove si mangiava di tutto. Ecco che non si buttava via davvero nulla visto che la carne costava davvero troppo. Ci si inventava di mangiare le interiora degli animali, addirittura il cervello, le labbra, i genitali e quanto altro di commestibile ci poteva essere. Ma è proprio in quei periodi che nascevano piatti unici, particolari e gustosissimi che hanno permesso alla città di Palermo di essere conosciuta anche per lo street food.
Negli ultimi anni l'amministrazione comunale sta pubblicizzando al massimo tali prelibatezze culinarie organizzando un vero e proprio Street Food Festival. Nelle giornate del festival si ha la possibilità di trovare e provare tutti i tipi di cibo da strada all'interno di un unico spazio, senza il bisogno di dover girare tutta la città per trovare ciò che stavamo cercando.
Per tutto il periodo estivo, tutti i weekend dal 2 giugno al 17 settembre, si terra la manifestazione dello Street Food Mondello, la versione estiva del festival che si tiene normalmente lungo tutta la strada di via Roma.
Vediamo adesso il cibo da strada palermitano più conosciuto:
U pani c'a mievusa (il panino con la milza)
In realtà non tutti sanno che il pane con la milza è un piatto di origine ebraica che nacque nel quartiere della Giudecca lungo le sponde di uno dei due fiumi che attraversavano le sponde della vecchia Palermo, il Kemonia.
In pratica, gli ebrei che lavoravano all'interno di un famoso mattatoio del quartiere per delle regole legate alla loro religione, non potevano accettare compensi economici in cambio dell'uccisione delle bestie, allora i proprietari dei macelli, visto che non potevano dare né la carne perché serviva loro per la vendita, né soldi, in cambio del lavoro davano ai dipendenti le interiora delle bestie uccise. Ma ai dipendenti servivano i soldi, che fare? Ecco allora che si inventarono un modo per trasformare quelle interiori in business per fare soldi. Presero la milza e il polmone dei bovini, li bollirono e successivamente li fecero friggere nella sugna (anche detta "saimi") per poi imbottire i panini.
In genere, dipende dai propri gusti personali, il panino si può mangiare:
- Semplice; con la sola aggiunta di sale.
- Con limone; aggiungendo mezzo o un limone intero spremuto dentro al panino.
- Maritato; cioè con l'aggiunta di caciocavallo e/o ricotta fresca.
Il gusto è molto forte e particolare, un genere si consiglia di provarlo con l'aggiunta del formaggio perché tende a coprirne il sapore forte, per i meno abituati al gusto.
Dove mangiarlo:
- Famoso è u'Rocky, un ambulante che sta all'interno della Vucciria di giorno e lungo Corso Vittorio Emanuele fino a tarda notte.
- Altro posto storico fin dal 1834, ma molto più elegante dove poter andare a gustare il panino in una location più comoda, è la Focacceria San Francesco in via Garibaldi, di fronte alla chiesa di San Francesco d'Assisi.
- Ancora da Franco U'Vastiddaru, in Corso Vittorio Emanuele.
- Da Nino U'Ballerino, in Corso Finocchiaro Aprile.
- Pani c'a Meusa, A'Cala, di fronte al porticciolo della Cala.
Costo medio: 2, 20 euro.
Le stigghiole
Le stigghiole sono un altro cibo tradizionale e caratteristico. Abitudine dei palermitani è quella di andare dallo stigghiolaro (venditore delle stigghiole), in genere nel tardo pomeriggio, possibilmente lontano dai pasti vista la non facile digeribilitá della pietanza, ordinare una o due "stecche" in pratica le porzioni a persona, e accompagnare il tutto con un buon vino rosso di paese (i palermitani lo chiamano "vinum pietra"). Sentirete dire spesso infatti a molti palermitani che il vero aperitivo lo hanno inventato loro.
Molti, guardando le stigghiole, si chiederanno che cosa sia. La stigghiola è l'intestino del vitello o del capretto. La preparazione è molto semplice ed esistono diverse varianti, di vitello, di capretto (ha un gusto molto più forte) e con il cipollotto. In pratica è sempre il budello dell'intestino però avvolto nella così detta cipolla scalogna.
Come ho detto, la preparazione è molto semplice. Si prepara la brace e si mettono le stigghiole a cuocere a fuoco lento; ci vuole una certa dimestichezza altrimenti si rischia o di bruciarle o di levarle dal fuoco ancora troppo crude. Una volta tolte dal fuoco, si tagliano in piccoli pezzi, stando attenti agli schizzi bollenti che sparano fuori dal budello; si aggiungeranno limone, sale e pepe in abbondanza; e il piatto è pronto. Si gustano rigorosamente calde.
Dove mangiarle:
Si trovano in giro un po' in tutti i quartieri più antichi e popolari di Palermo.
Possiamo trovare le bancarelle degli stigghiolari alla Vucciria, al Borgo Vecchio o al mercato del Capo.
P. S. Le bancarelle le riconoscerete all'istante perché la griglia emette un fumo denso che inonda intere strade, caratterizzato da un forte odore. Il fumo fa da sponsorizzata.
Costo medio: 2, 50 euro a stecca.
Panielli e cazzilli (panelle e crocchè)
Le panelle e le crocché sono un altro piatto tradizionale. Le panelle risalgono al periodo della dominazione della Sicilia da parte degli arabi, questi vollero provare una pietanza composta principalmente da un legume che importarono dall'oriente, i ceci. L'ingrediente principale delle panelle infatti è proprio la farina di ceci. Dopo avere impastato farina di ceci, olio di semi, pepe, acqua e prezzemolo sminuzzato, si creano delle piccole forme rettangolari, successivamente si friggono in olio di semi bollente per un paio di minuti.
In genere le panelle vengono sempre accompagnate dai cazzilli (chiamati così dai palermitani per la loro forma fallica), cioè le crocché. Le crocché, a differenza delle panelle, sono composte da patate tritate, prezzemolo, sale e pepe. Il procedimento per la cottura è identico alle panelle, anche loro vengono fritte in olio di semi.
Dove mangiarle:
Possiamo trovarle in qualsiasi friggitoria e panineria di Palermo. Consiglio la friggitoria Chiluzzo in Piazza Kalsa.
Costo medio: 1, 50 euro a panino.
A frittula (la frittola)
È uno dei piatti più particolari della cucina siciliana. La frittola è composta da tutti quegli scarti della macellazione della carne di vitello, come piccoli pezzi di carne rimasti attaccati all'osso, che vengono sminuzzati separati dalle ossa e messi a bollire. Finito il processo di bollitura si procede a friggere la carne nello strutto. Dopo aver fritto il prodotto "u frittularu" mette a riposare il prodotto all'interno ru panaru (panieri in vimini) e copre lo stesso con degli stracci.
L'unità di misura del frittularu è "a cartiedda" (la cartella). In pratica il commerciante infila la mano all'interno del paniere e adagia una porzione di frittola sopra una quadrato di carta per alimenti.
Dove mangiarla:
È possibile trovare la frittola in tutti i mercati storici di Palermo come la Vucciria, Ballarò, il Capo e anche al Borgo vecchio o in via Montalbo.
Costo medio: 1, 00 euro a cartiedda.
L'arancina
Prima di descrivere quest'altro prodotto gastronomico siciliano, è obbligatorio discutere della diatriba che esiste ormai da anni sul nome corretto. La domanda che ormai tutti i siciliani si fanno da tempo è: si chiama arancina o arancino? Insomma l'arancina è femmina?
Ci sono scuole di pensiero differenti a seconda della provincia siciliana dove vi trovate. Per i palermitani e gli agrigentini, "l'arancina è femmina", a Messina o Catania invece, al contrario, l'arancino è un bel maschietto. Per chi è nato fuori del territorio siciliano può sembrare una stupidaggine, ma per i siciliani è motivo di orgoglio cittadino.
Il dubbio è talmente sentito fra i siciliani che persino l'Accademia della Crusca ha analizzato il problema e ha risolto il problema con un pareggio, sono corrette entrambi le versioni, si può chiamare sia arancina che arancino.
L'arancina è un supplí di riso, a forma di palla con all'interno i diversi tipi di condimento, panata all'esterno con del pangrattato e fritta.
Può essere di diversi gusti, i classici sono con la carne o con il burro, anche se negli ultimi anni esistono varianti di mille gusti differenti.
Dove mangiarle:
Le arancine si possono trovare in qualsiasi bar o friggitoria della città. I locali più rinomati sono:
- Ke Palle
- Bar Scatassa
- Bar Oscar
- Bar Touring
- La Romanella
- Bar Massaro
Costo medio: 1, 50 euro.
Mussu, masciddaru e carcaguolu (il muso, la mascella e il calcagno del vitello)
Anche questo cibo è frutto di una tradizione che tendeva a non buttare via nulla, laddove i nobili mangiavano carne i servi per non buttare via nulla; mangiavano anche questo: il muso, la lingua, le orecchie, la mascella, la mammella e le zampe del bovino.
In genere questi pezzi di "scarti" vengono bolliti, lasciati raffreddare e serviti freddi a piccoli pezzi. Usanza tipica è quella di mangiarli a "strica sali", cioè strofinati nel sale e poi ingurgitati.
Fa un po' impressione a volte vedere sulle bancarelle la mascella con i denti in bella vista, ma a vedere le facce soddisfatte di chi lo mangia, ti fa venire la voglia di provarlo.
Dove trovarli:
In tutti i quartieri più antichi della città e tutti i mercati storici si possono trovare queste bancarelle.
Costo medio: variabile a seconda della quantità ma si parla sempre di pochi euro.
U sfinciuni (lo sfincione)
Lo sfincione è una focaccia simile alla pizza ma con un impasto molto più soffice e spesso. È forse il prodotto più autoctono di Palermo perché include tutti gli ingredienti e i profumi dell'isola, infatti include i pomodori, il caciocavallo, le cipolle, il pecorino, l'origano, le acciughe e l'olio extravergine d'oliva. In pratica, lo sfincione è la pizza dei palermitani.
Dove mangiarlo:
Nel più dei casi è lo sfincionaro che trova voi, nel senso che nella maggior parte dei casi e venduto da ambulanti che girano per la città. Si può trovare anche in molti panifici della città.
Prezzo medio: tra 1, 50 e 2, 00 euro.
A quarumi (la caldume)
La caldume è un piatto molto antico, si pensa che risalga al periodo delle dominazioni greche.
La caldume si ottiene dalla bollitura di ziniere, ventre, centopelli e matruzza che sarebbero tutte parti dello stomaco del vitello, fatti cuocere in una pentola enorme insieme ai classici vegetali da brodo come carote, pomodori, cipolle, sedano e prezzemolo. Generalmente si serve calda e fumante accompagnata dal brodo di cottura.
Dove mangiarla:
- Antichi Sapori Palermitani.
- Zú Carmelo, via Oreto n. 343.
Prezzo: 3, 00 euro.
Un consiglio!
Esiste un locale caratteristico a Palermo dove c'è la possibilità di trovare tutti i prodotti dello street food in un unico posto, ed è Antichi Sapori Palermitani. Si trova in via Messina Marine n. 683, vale davvero la pena andarci.
In conclusione, sono tanti e per tutti i gusti i prodotti dello street food palermitano. Provateli tutti, troverete quello che più si adatterà alle vostre papille gustative.
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