Quarta tappa: Capo Sunio
Il rituale del "tramonto a Sounion"
Dopo la mattinata passata al Kerameikos, ci eravamo lasciate, come dulcis in fundo, la visita che si prospettava più rilassante e suggestiva, per chiudere nel migliore dei modi la lunga settimana di viaggio: Capo Sunio con le rovine del santuario di Poseidone, da visitare rigorosamente al tramonto, come il turismo ateniese più mainstream comandava. In più, organizzandoci in questo modo, avremmo potuto soprattutto recuperare il tempo perso, spuntando in un giorno solo due delle tappe previste nella nostra lista di must-see.
La verità, comunque, è che non mi entusiasmava molto questa meta, non perché non ne riconoscessi l’importanza e la bellezza, ma perché m’intimoriva un po’ l’idea di rimanere delusa dal posto e da me stessa, una volta ritrovatami nel meccanismo infernale della profanazione più crudele e sterile di un posto sacro, attuata attraverso il turismo di massa usa-e-getta e mordi-e-fuggi delle foto su Instagram, proprio come mi era successo durante la visita all’Acropoli.
Non punto il dito contro nessuno, anche perché sono la prima ad aver preso più alla leggera del solito la visita al sito, ma credo che quando hai un selfie stick in mano sia davvero dura riuscire a respirare l’atmosfera mistica di posti così carichi di mitologia, religiosità e storia, quell’atmosfera così ben percepibile in posti meno toccati dalle fazioni più moderne e voraci del turismo 3.0, come Delfi, ad esempio.
Nonostante la nostra decisione di voler comunque adempiere al nostro “dovere” di turiste ad Atene effettuando quello che è ormai diventato il rituale di “Sunio al tramonto”, la gita ha riservato alcune sorprese e di certo, nonostante il poco tempo avuto a disposizione, la suggestione che oggettivamente questo posto esercita ha sicuramente ripagato il movimentato viaggio in autobus lungo le tortuose coste dell’Attica.
Il tempio di Poseidone visto dal ristorante di Capo Sunio
Da Atene a Sunio
Innanzitutto, la mattina avevamo scoperto con orrore, leggendo un cartello all’ingresso della fermata metro di Victoria, che per tre giorni ci sarebbe stato uno sciopero generale dei mezzi di trasporto. Non sapevamo se questo avrebbe influito anche sulle corse extraurbane, e cominciavamo a temere anche che saremmo rimaste bloccate ad Atene l’indomani, non potendo tornare a Volos in autobus.
Alla hall dell’hotel chiedemmo informazioni, ma non seppero dirci nulla al riguardo. Il pomeriggio, quindi, ci preparammo per visitare Sunio senza sapere neanche se avremmo effettivamente trovato l’autobus che doveva portarci lì.
Dovevamo prima trovare la stazione, comunque: tanto per cambiare, l’autobus per Sunio si prende ad un altro terminal di Atene, la ktel Attikis, per fortuna molto più vicino rispetto a Liossion e a Kifisou.
In un quarto d’ora a piedi, arrivammo a Plateia Egiptou, dove in un sorprentemente fluido neogreco chiesi informazioni al solito periptero salva-vita, luce e guida di ogni viaggiatore in Grecia. Ero contenta perché dopo settimane di sforzi immani per ripagare la gentilezza dei locali cercando di parlare il più possibile in neogreco, finalmente cominciavo a riuscire a reggere un paio di botta e risposta senza guardare a bocca aperta e con gli occhi da pesce lesso, in un un misto di stupore e imbarazzo, i miei interlocutori...
Eravamo abbastanza trafelate, perchè erano quasi le cinque stavamo per perdere l'unica corsa utile per arrivare a Sunio in tempo per vedere qualcosa e riprendere l'ultimo autobus del ritorno. Gli orari sono infatti sorprendentemente scarni.
Lungo la strada che mi aveva indicato dovemmo chiedere di nuovo indicazioni ad alcuni giovani poliziotti stanziati nella piazza, i quali, tra l’altro, ci dissero che non avremmo trovato autobus per Sunio per via dello sciopero. Essendo, per fortuna, testarde, riuscimmo comunque ad arrivare al terminal, questa volta niente più di un parcheggio all’aperto con indicate le destinazioni lungo le pensiline, e lì trovammo e prendemmo al volo un autobus per Sunio.
L’autobus non era pieno di turisti come mi aspettavo, ma era perlopiù utilizzato da ateniesi che andavano al mare, tornavano a casa con le borse della spesa o simili.
La corsa non è infatti pensata principalmente per i turisti, avendo numerose fermate intermedie che resero più lunga del previsto la tratta.
Il viaggio fino a Sunio impiega più di un’ora e mezza, e avendo pagato la corsa direttamente a bordo non ci diedero un biglietto, quindi ammetto di non ricordare precisamente quanto pagammo con lo sconto PASO. Ci dissero semplicemente di sederci e stare tranquille e, a metà corsa, proprio quando iniziavamo a chiederci se ci fossimo perse qualcosa, un’addetta passò per riscuotere il costo del biglietto con la sua pesante cassa mobile piena di rulli di monetine. Prima e ultima volta che mi capitò di pagare così in un autobus greco.
Lungo la strada vedemmo scenari molto diversi tra loro: prima, zone un po’ degradate e un grande campo rifugiati che mi colpì molto (l’immagine di un bambino in triciclo spinto da quello che credo fosse il padre mi è rimasta impressa a fuoco nella memoria); poi, le belle spiagge di Atene, i villaggi marittimi e gli scorci delle costiere via via sempre più spoglie, ruvide e spettacolari.
Il nostro autobus personale totalmente vuoto, sulla strada per Sunio
Dicemmo all’autista che volevamo visitare il sito, e lui ci rispose che non poteva fermarci proprio all’ingresso del sito, ma ci avrebbe avvertito quando fossimo arrivate nei pressi della destinazione. Gentilissimo e carino, come al solito... Peccato che, nonostante una volta arrivate a Sunio fossimo rimaste praticamente solo io ed Elena, il nostro caro autista si era totalmente dimenticato della nostra presenza! Arrivammo fin quasi sotto le rovine, poi lui girò l’autobus e riprese la strada che costeggia la costiera: gli chiedemmo ingenuamente dove fosse precisamente la fermata, e il poveretto cadde dalle nuvole, trovò il modo di girare di nuovo l’autobus e ci portò fin sotto l’ingresso del sito. Svampite e rompiscatole, ma fortunate, potete ben dirlo!
Vedendoci particolarmente sveglie, si raccomandò più volte di farci trovare esattamente dove ci aveva lasciato almeno un quarto d’ora prima la partenza prevista per l’ultimo autobus per tornare ad Atene. La cosa più curiosa, in tutto questo, è che l’ultima corsa era PROPRIO dieci minuti prima del tramonto.
Complimenti per l’organizzazione, non c’è che dire...
Ma andiamo con ordine.
Tra miti e storia: non solo tramonti
Ci troviamo su un promontorio alla punta estrema nel sud dell’Attica, a una settatina di chilometri da Atene.
Già spaziando un po’ intorno con lo sguardo è facile capire perchè un santuario dedicato a Poseidone fosse sorto proprio in questo luogo, che si è mantenuto tutto sommato davvero incontaminato, forse anche troppo: a parte un ristorante ai piedi dell’acropoli, non c’è praticamente nulla in giro.
Se avessimo perso l’ultimo autobus per vederci come si deve quel benedetto tramonto, la prospettiva di passare la notte in mezzo a quel nulla, tra cielo, roccia e mare, all’ombra delle colonne, sarebbe potuta anche suonare romantica a orecchie meno acidone delle mie, ma di certo non era un’alternativa allettante per me!
Il tempio di Poseidone a Capo Sunio, (quasi) al tramonto
Sounion è fortemente presente nell’immaginario greco da sempre. Citato nell’Odissea come luogo dove annegò il nocchiere di Menelao, Phrontis (a cui è forse dedicato un recinto a nord-ovest del tempio di Poseidone), il promontorio è legato anche al mito di quel figlio di buona donna di Teseo: sarebbe proprio da qui, infatti, che il padre Egeo si sarebbe buttato in acqua in preda alla disperazione, dando il nome al mare sottostante, dopo che il figlio smemorato si era dimenticato di portare con sè Arianna, lasciata a dormire sull’isola di Nasso, e di cambiare le vele nere con le vele bianche che dovevano preannunciare al padre il successo della sua impresa cretese contro il Minotauro.
Ah, non preoccupatevi: Arianna stava per fare la stessa fine, ma per fortuna Dioniso in quel momento passava di lì con il suo tiaso di pantere e satiri, e vedendola maledire Teseo su una rupe decise di sposarla e renderla la dea dei festini alcolici.
Adoro questo mito.
Distrutto e ricostruito in marmo dopo l’invasione persiana, alla metà del V (le decorazioni originali, rappresentanti una centauromachia e le gesta di Teseo, sono proprio un’allusione alla vittoria degli Ateniesi sul barbaro orientale) il tempio di Poseidone è il protagonista del santuario, ma non è l’unica struttura superstite.
Oltre ad esso, si conservano infatti le fondazioni del tempio dedicato ad Atena, su una collina più in basso, a nord-est: è curioso notare come i due dei che litigarono in uno scontro mitico per il patrocinio di Atene, in questa sede magica riuscissero persino a condividere lo spazio sacro.
Il santuario venne fortificato con mura durante la guerra del Peloponneso, e scavi recenti hanno portato alla luce anche i resti di un insediamento portuale e di un cimitero di età classica, lungo la costa.
La visita, in ogni caso, non impiega molto tempo, essendo attualmente visitabile una parte abbastanza ristretta, coincidente più o meno con l’area circostante il tempio. In ogni caso, pare che siano in corso costanti miglioramenti per permettere un ampliamento dell’offerta di visita, con percorsi che colleghino al meglio i vari rinvenimenti.
Pit stop al ristorante
Il tempio visto dal ristorante ai piedi della collina
Visto l'orario e il cielo azzurro che non accennava a cambiare, ci fermammo a mangiare qualcosina nell’unico ristorante della zona, prima di risalire la collina per goderci quell’accenno di tramonto che avremmo cercato di rubare, in pochi minuti, prima dell’ultima corsa per tornare Atene.
Questo ristorante è davvero grazioso e si trova ai piedi della collina. Avevamo i minuti contati e, ovviamente, i nostri amici camerieri si occuparono della nostra ordinazione alla maniera greca: rilassata e leeeeenta, fin troppo leeeeenta.
I prezzi erano ovviamente un po’ spropositati, ma dividendoci dei deliziosi waffles e facendoci incartare i toast, che non potevamo mangiare in quel momento per non perdere minuti preziosi da spendere sulla collina, riuscimmo a rientrare nei tempi, scalando alla svelta l’acropoli mentre il sole calava e il cielo iniziava ad arrossire.
Tra l’altro, avevo senza alcuna decenza rubato la tovaglietta bellissima che ci avevano dato al ristorante, con la stampa di un quadro rappresentante Sunio ed alcuni versi di Byron, il poeta inglese che amò talmente tanto la Grecia da perdere la vita durante la lotta contro il turco invasore.
Byron aveva visitato nel 1810 il santuario e, colpito profondamente dall’atmosfera di quel luogo, che ben si accordava allo spirito romantico dell’epoca, incise il suo nome su una delle colonne del tempio di Poseidone.
Se fossi stata lì in quel momento, non so dirvi se mi sarebbe venuta una psicosi per lo sfregio oppure mi sarei lasciata ammaliare dai suoi occhioni pieni di malinconia…
I versi sulla tovaglietta vengono dal poemetto The Isles of Greece e recitano:
Place me on Sunium’s marbled steep,
Where nothing, save the waves and I,
May hear our mutual murmurs sweep;
There, swan-like, let me sing and die!
Che morte meravigliosa, sarebbe stata… Di certo di gran lunga migliore di quella che gli toccò poco più di dieci anni dopo!
I miei timori, di cui vi ho parlato all’inizio del post, si avverarono in parte, anche se il fatto di aver dovuto visitare il santuario poco prima del momento del tramonto, a causa degli orari scomodi dei mezzi pubblici, ci diede un parziale vantaggio.
C’era meno gente del previsto (molti aspettavano ancora il tramonto seduti comodamente ai tavolini del ristorante), e comunque, la vista da lì è così particolare che ogni angolo offriva davvero uno scenario nuovo e diverso, con una luce e dei colori cangianti che regalavano una visuale unica ogni minuto.
Attraverso i loro occhi, non il solito scatto
Dopo aver scorazzato un altro po’ in giro, decidemmo di concederci anche noi qualche foto fugace, scattata da turisti un po' impediti con la tecnologia, mentre noi, a denti stretti, continuavamo ad avere un occhio sempre rivolto verso la base della collina, dove l’autobus per Atene sarebbe potuto passare da un momento all’altro…
Avevamo perfino controllato l'orario previsto per il tramonto quel giorno e, anche se sapevamo che non ce l'avremmo fatta, un po' speravo dentro di me che il sole avesse particolarmente fretta, quel giorno, per permettermi di vedere la magia di Sunio all'apice del suo potenziale. Alla fine, comunque, non volendo davvero rischiare di restare a piedi, scendemmo a malincuore la collina per aspettare l’autobus nel parcheggio, che arrivò in orario.
Ammirammo il tramonto vero e proprio dai finestrini, mentre l’autista si divertiva a prendere le curve della scogliera a tutta velocità, trasformando in milkshake i panini divorati per la fame appena salite sul bus semivuoto.
L'agognato tramonto, dai finestrini dell'autobus per Atene
Galleria foto
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- Español: Cuarta etapa: Capo Sunio
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