La mia grossa, grassa Pasqua greca

Una full immersion nella Pasqua ortodossa

Il 24 aprile partimmo per un viaggetto in macchina in compagnia del nostro amico greco Sotiris, che ci aveva offerto ospitalità a casa sua, dall’altra parte della Grecia, per mostrarci come la sua famiglia celebra ogni anno le festività pasquali ortodosse e per permetterci di visitare la Magnesia, una piccola regione della Tessaglia, da cui il nostro amico proviene. Durante le quasi due settimane di festività, infatti, l’università sarebbe rimasta chiusa, e quindi tutti i servizi non avrebbero funzionato. Tra mensa, biblioteca, trasporti e corsi di lingua neogreca sospesi, avevamo pensato che questa potesse essere un'ottima occasione di cui approfittare per andare finalmente un po’ in giro.

Io mi reputo fortunatissima ad aver potuto non solo osservare da vicino gli usi e i costumi tipici di queste festività, ma ad aver potuto anche festeggiarle insieme a loro, prendendone parte dall’interno, sperimentando il punto di vista “autoctono”. È stato un esperimento antropologico, un’opportunità incredibile di confronto, un’esperienza conoscitiva straordinaria, una full immersion nello spirito greco…E poi, visto che le date della Pasqua cattolica e ortodossa raramente coincidono, perché noi seguiamo il calendario gregoriano, mentre loro seguono quello giuliano, io ho avuto la possibilità di gozzovigliare in occasione della Pasqua per ben due volte, quell’anno! Direi, quindi, che mi è andata più che bene…

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"Antipastini" pasquali: uova rosse, formaggi, salumi, olive nere e kokoretsi

Le tradizioni, a parte alcune linee generali base, variano di zona in zona. Non so dirvi se la famiglia del mio amico fosse particolarmente attaccata a tutte le tradizioni, oppure, più in generale, sia il popolo greco a sentire con molta più intensità di noi questo periodo di festa e tutti riti e le abitudini che esso porta, ma per quanto mi riguarda, ho trovato davvero ammirevole e affascinante osservare lo spirito di conciliazione e rispetto con cui tutti i dettami religiosi vengono rispettati e seguiti da ogni membro della famiglia, non importa l’età, il sesso o lo stile di vita.

Mi è stato spiegato che la Pasqua è, per i greci ortodossi, la festività più importante dell’anno, somigliante forse di più a quello che è per noi il Natale: a Pasqua, infatti, tutta la famiglia si riunisce per festeggiare insieme, quindi tutti i ragazzi fuorisede partono per la loro città, e i parenti all’estero tornano a casa.

Innanzitutto, tutti o quasi, nella famiglia che ci ha accolto, rispettavano fedelmente la dieta prescritta dalle festività: solo alimenti naturali, e oltre ai divieti classici (carne di ogni tipo) è vietato anche consumare qualsiasi derivato animale, quindi latte, uova, burro. Per questo motivo, anche nei locali, se chiedete un caffè greco nei giorni precedenti alla domenica pasquale, vi porteranno per accompagnarlo non i soliti, buonissimi koulourakia, che sono dei buonissimi biscotti da inzuppare, ma dolcini molto semplici, come ad esempio frutta candita con il miele oppure i miei preferiti (spoiler: sono altamente ironica…): i loukoumi, quei quadratini gelatinosi e spolverati di zucchero a velo, dalle varie tonalità e gusti.

Arrivammo a Vòlos, la città natale di Sotiris, il 24 pomeriggio, appena in tempo per seguire tutte le tradizioni della settimana precedente alla domenica di Pasqua.

In realtà, sebbene la famiglia abiti lì, io, la mia amica e Sotiris alloggiammo in una casetta-vacanze della sua famiglia a Portarià, uno dei villaggi più belli, famosi e caratteristici dell’insieme di località che sorgono sul Monte Pelion, che svetta su Vòlos in tutta la sua bellezza. Il Pelion è una zona un po' meno conosciuta, rispetto alle solite mete turistiche conosciute a livello internazionale, ma questo non fa che valorizzare ancora di più il fascino delicato di questa regione. 

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Paesaggi del Pelion. Fonte: http://www.kathimerini.gr/847970/article/ta3idia/sthn-ellada/aformes-gia-phlio

Il villaggio di Portarià è piccolissimo e, al centro di esso, c’è un’antica chiesetta, presso cui, ogni sera della settimana, tutti gli abitanti andavano a seguire la cerimonia. Noi ci siamo solo passate un paio di volte durante la settimana, per accompagnare Sotiris, che si divertiva un sacco ad osservare le nostre reazioni di disorientamento e sopresa davanti all’atmosfera che regnava in quel piccolo posto fuori da mondo...

Infatti, avevamo avuto occasione di visitare svariate chiesette ortodosse, tutte più o meno uguali, con i mattoncini fuori, e dentro profumate d’incenso, ricoperte di icone votive dorate in stile bizantino, e impregnate di un’atmosfera sospesa di silenzio, vuoto e sacralità, ma non eravamo mai ancora state a una messa ortodossa.

Per tutta la settimana, invece, assistemmo, pure senza volerlo, ogni sera alle celebrazioni, visto che la chiesetta disponeva di un "modernissimo" servizio di altoparlanti che diffondeva in tutto il villaggio la cerimonia in tempo reale, quasi esclusivamente costituita da canti salmodiati, tipici delle cerimonie ortodosse, che alle nostre orecchie profane suonavano vagamente inquietanti... Non se la prendano a male gli amici ortodossi, ovviamente scherzo! Del resto, quando ho raccontato ad amici greci quello che noi cattolici facciamo durante la Messa, è capitato che anche loro trovassero strane e inquietanti alcune delle nostre tradizioni! 

Il Venerdì Santo

Sono certa che l’effetto suggestivo dei canti, insieme all’atmosfera buia, scandita solo dalle luci delle candele, contribuisca al sentire così profondo e radicato della sacralità di queste tradizioni.

Il venerdì di Pasqua, in particolare, la cerimonia è stata davvero di forte impatto emotivo. Durante la giornata, abbiamo intravisto nello spiazzo antistante la chiesetta una specie di struttura lignea, per la quale le signore del paese stavano realizzando delle decorazioni fatte con stoffa e con fiori. Sotiris ha insistito per mostrarci la cerimonia serale di quel giorno: entrate nella chiesetta abbiamo potuto vedere, nel buio quasi totale, i volti della piccola folla illuminati dalle candele pregare intorno a un simulacro del corpo di Cristo morto, appoggiato sulla struttura lignea decorata che doveva fargli da feretro (il cosiddetto Epitaffio) mentre da dietro l’iconostasi, che divide lo spazio sacro dell’altare dall’area dei fedeli, provenivano i canti dei sacerdoti, nascosti quindi alla vista, che in quel momento ci risultarono ancora più angoscianti del solito…

Devo ammettere con vergogna che sono una persona un po’ “fifona” e facilmente impressionabile, e appena entrata, presa alla sprovvista, mi venne quasi un colpo

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Processione del Venerdì santo, Portarià

Stanche, siamo tornate a casa per infilare il pigiama e giocare un po’ a carte, ma in pochissimo tempo ci siamo trovate la casetta vacanze invasa dalla famiglia di Sotiris al completo, venuta per assistere alla processione che seguiva la cerimonia del venerdì. Non ce li aspettavamo, in realtà, perchè ci era stato detto che si sarebbero riuniti nella vicina casetta dello zio di Sotiris, tra l'altro un importante professore di archeologia preistorica in pensione, che abbiamo avuto l'onore di conoscere. Così non fu, ma non ci dispiacque più di tanto...Sono stati tutti adorabili e disponibili per tutta la nostra permanenza lì, e lamentarsi era davvero l'unica cosa che ci sarebbe venuta in mente di fare!

Il paesino, nel frattempo, era stato invaso da una sfilata di persone con candele in mano, una marea di lucine nel buio, che seguivano il feretro portato in processione per il paese, in silenzio. Abbiamo assistito tutti insieme dal terrazzino appena fuori la porta della casetta, che affacciava proprio sulla piazza principale del villaggio, alle spalle della chiesetta. Devo ammettere che è stato un momento davvero magico.

Il Sabato Santo

Il Sabato Santo, di sera, insieme a tutti gli altri componenti della famiglia, c'incontrammo in un altro dei villaggi del Pelion, Paliòkastro, il luogo di origine della famiglia paterna di Sotiris. Lì, nella chiesa della famiglia, piccola e preziosa come quella di Portarià, ma molto più popolata, abbiamo assistito alla cerimonia notturna, conclusasi a mezzanotte.

Ci sono state date delle candele, e ci è stato insegnato cosa dire per augurare a tutti, conclusa la cerimonia, una buona Pasqua: visto che il “pope”, ovvero il sacerdote, conclude la cerimonia bussando tre volte alla porta della chiesa annunciando che Cristo è risorto, si usa la formula augurale “Christos anesti” (letteralmente, “Cristo è risorto”), a cui si risponde con “Alithos anesti” (ovvero, “è veramente risorto”).

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La Messa del Sabato Santo: attenti a non macchiarvi i vestiti con la cera...

Dopo aver fatto gli auguri a tutti, abbiamo realizzato che la serata era molto lontana dalla sua conclusione. A mezzanotte passata, abbiamo preso la macchina e siamo scesi a a Vòlos, a casa di Sotiris, per iniziare a festeggiare con i suoi genitori e i suoi fratelli la Pasqua con una cena ricchissima.

Le uova rosse

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Le "uova rosse", protagoniste e simbolo della Pasqua ortodossa greca

Innanzitutto, ci hanno insegnato un giochino con le uova dipinte di rosso, che sono il simbolo per eccellenza della Pasqua ortodossa in Grecia. Le uova vengono dipinte in casa da ogni famiglia, in genere durante la giornata del Giovedì Santo, e sono pregne di importanza e sacralità, tant’è che si mettono in giro ovunque per la casa e si consumano in tutti i giorni successivi, ma con un certo…rispetto: qualche giorno dopo, infatti, mi capitò di voler provare ad aprirne qualcuna per tagliarla e metterla nell’insalata di pasta che volevo portarmi per pranzare appena arrivata ad Atene, ma Sotiris mi guardò inorridito, spiegandomi che non era così che andavano consumate, perchè erano uova “speciali” e che, se proprio volevo le uova sode, mi avrebbe dato delle normali uova fresche per bollirle e metterle nella pasta!

Com’è che si consumano, quindi? La sera di Pasqua e il giorno successivo, ognuno prende un uovo e, sempre utilizzando le due formule di augurio che vi ho detto prima, si gioca a farle “cozzare” due volte le une con le altre, tenendole in verticale e facendone sbattere le estremità per vedere quale delle due uova si rompa prima; se si rompe, porta fortuna. Poco importa, comunque, perché alla fine, concluso il giochino, le uova vanno ovviamente aperte e consumate!

La cena di Pasqua

Già mangiare tutte quelle uova sode nel pieno della notte non erano proprio l’ideale per il mio stomaco un po’ malmesso e capriccioso, ma la vera e propria cena mi ha sicuramente dato il colpo finale: il piatto principale è, infatti, la famigerata maghiritsa, una zuppa realizzata con le interiora del povero agnello che viene acquistato dalla famiglia ogni anno per essere cotto allo spiedo e mangiato la Domenica di Pasqua. Ovviamente, non si spreca nulla, anzi, questa zuppa è diventata un altro dei simboli principali della cerimonia. Le interiora sono cucinate bollite insieme a cipolla, aneto e riso e vengono poi condite con una salsa di uovo e limone, chiamata avgolemono. Lungi dal sembrare poco appetitosa, il  sapore della zuppa era delizioso, a dire il vero.

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La maghiritsa, zuppa d'interiora di agnello, con lagana, uova rosse, formaggi e insalate

Non ho avuto il coraggio di fare il bis solo perché avevo paura di avere un attacco di gastrite e avevo, tra l’altro, davanti a me ancora cinque tipi diversi di “insalate”, termine che in Grecia non indica solo lattuga e erbettte varie, ma anche e soprattutto vari tipi di salse e creme, piene di formaggio e spezie, che vanno mangiate spalmandole sul pane. Il tutto accompagnato poi da uova, formaggi freschi, fritti e salumi vari…E il pranzo grande sarebbe stato quello dell’indomani, a poche ore da quella notturna, folle, cena luculliana!

La domenica di Pasqua

Qualche ora di sonno, e la mattina si ricomincia tutto da capo: io ho un bruciore di stomaco che somiglia di più a un’eruzione vulcanica in corso, mentre tutta la famiglia al completo, allegra e spumeggiante, s’incontra nella casa paterna a Paliokastro, dove, all’aperto, si passa la mattinata mangiando spuntini “leggeri” costituiti da uova, formaggio, olive, salumi e kokoretsi, una speciale pietanza di carne, collegata alla maghiritsa della sera precedente: a turno, infatti, per tutta la mattinata i vari componenti della famiglia fanno girare manualmente lo spiedo con grande maestria, cuocendo l’agnello intero insieme ai kokoretsi, spiedini realizzati con gli intestini avvolti nella pelle dell’animale, un piatto succulento che, cuocendo prima, fa da antipasto all’“arni”, l’agnellino, che è, come avrete capito, il vero protagonista della Pasqua. Il kokoretsi, quindi, non è altro che una seconda deliziosa pietanza realizzata seguendo la necessità di utilizzare le frattaglie rimaste dell’animale. Il sapore è forte, ma buono.

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Arni e kokoretsi, cotti lentamente sullo spiedo

Il lento cuocere della carne è accompagnato dall’immancabile, allegra, contagiosa musica tradizionale, messa a tutto volume, a fare da colonna sonora alle chiacchiere e a riempire l’atmosfera silenziosa della campagna. Ogni tanto, la carne viene condita utilizzando una foglia intinta nel ladorigani, ovvero un mistura di olio e di origano.

Tutto il cibo ingurgitato in mattinata è, ovviamente, innaffiato da tsipouro paesano, fatto dal nonno del nostro amico con le sue viti. 

Per ingannare il tempo, si chiacchiera e si gioca un po’; io ho trovato conforto e distrazione dal mio mal di stomaco coccolando un po’ i micetti di casa e tutti gli altri animali del circondario.

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I micetti di campagna della famiglia di Sotiris, Paliòkastro

A ora di pranzo, la grandissima tavolata fu organizzata all’interno, perché il bel tempo tipico di Vòlos, quel giorno, sembrava un po’ incerto. Un po’ stretti, ma comunque a nostro agio, ci fiondammo sull’agnello che, come il nonno cercò in tutti i modi di farmi capire a gesti e sguardi, va assolutamente mangiato con le mani. Io non amo tanto il sapore forte dell’agnello, e quindi non riuscii proprio a fare il bis, anche perché, se proprio dovevo dare il colpo di grazia al mio stomaco in fiamme, preferivo sicuramente buttarmi sulle mie adorate salsine “insalate” e i buonissimi formaggi!

Il pomeriggio siamo rimasti lì a giocare con i bambini di casa e a ingannare il tempo con le carte e le chiacchiere, mentre il mio amico e suo padre gonfiavano palloncini per il giorno dopo, quando avremmo festeggiato il battesimo della nuova arrivata in famiglia, una cuginetta di Sotiris. 

Gli zii, infatti, erano stati gentilissimi a invitare anche me e la mia amica, per permetterci di assistere anche a un battesimo ortodosso, e per lasciarci passare un’ultima giornata all’insegna del buon cibo e la convivialità insieme a tutti loro.


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