Paradisi vicentini

Dopo esser sopravvissuta a ieri, presumo di poter superare qualunque cosa in vita mia. In mezza giornata mi son trovata a spostarmi da una parte all’altra in Veneto stile ping pong, e tutto per un esame che mi ha letteralmente spremuto il cervello e spento ogni sorta di energia, e un matrimonio in uno dei luoghi più sperduti della regione. Riassumendo il tutto, otteniamo uno “semplice” schema: Venezia Mestre-> Venezia-> Grumolo Pedemonte-> Thiene-> Vicenza-> di nuovo Mestre.

Ma riavvolgiamo il nastro di questa mirabolante avventura. Il tutto dovrebbe iniziare alle 8, orario regolare, con una sveglia dal suono inquietante e dal titolo autoironico “Alzati, *insulto colorito e vezzeggiativo che inizia con la P”, e invece no. La casa studentesca, che per la localizzazione di Instagram è “Residenza Universitaria San Michele”, ha moltissimi pregi: gente apprezzabile, l’ascensore, comodità e via discorrendo, ma c’è sempre un rovescio della medaglia e puntualmente si manifesta. I camion con la merce del supermercato di fronte alla palazzina e il personale che hanno un volume equiparabile a un gruppo di hooligans che guardano il derby allo stadio. “Francesco, i dentifrici!” è stato il mio buongiorno alle 7.22. 

Avrei dovuto prendere un pullman alle 11 per un esame alle 12, dalla fantomatica durata di un’ora e mezza, ergo avrei terminato alle 13.30, corso in 10 minuti dalla zona di San Basilio fino a piazzale Roma, prendere il bus n°2, la cui parvenza è quella di un carro bestiario, dato l’elevatissimo numero di passeggeri. Tutto ciò per essere alle 14 e qualche minuto di fronte a quel buco di criminalità chiamata Stazione di Mestre e trovarci con altri dello studentato per andare in macchina fino alla bellissima località esotica di Grumolo Pedemonte, tra le colline/montagne/campagne vicentine. Il tragitto in macchina di prassi impiega un’ora abbondante di tempo, arrivando leggermente in anticipo alla celebrazione in chiesa che si sarebbe tenuta alle 15.30. 

In poche ore, ho dovuto lavare la mia criniera, altresì capelli, trucco e acconciatore da preparare meticolosamente con cura, dato che dovevo recarmi alla sede universitaria con il look da cerimonia, considerando la ferrea tabella di marcia, ergo mancanza di tempo, ergo ogni nanometro di viso doveva esser coperto da un trucco perfetto.

Lancio un appello nei confronti del genere maschile che si impunta sulla parvenza acqua e sapone della donna. Truccarsi è un'arte, e chi lo sa fare può esser paragonato a un pittore talmente quotato le cui creazioni valgono milioni di euro. Ma in un periodo del genere, quale la sessione estiva d’esami, è un’esigenza. Se ci si perde in bazzecole che ti distraggono dallo studio costante dello studente diligente, di cui personalmente non mi pento, come feste, alcol, feste, aperitivi, feste e cene allegre e in compagnia, ci si ritrova magicamente a maggio. Questo è il mese mariano non a caso, dato che in questo frangente dell’anno, anche il più scettico si rivolge alla religione. Visto che io sono il bastian contrario della situazione, mi sono consacrata all’angolo Energy Drink del supermercato, investendoci molti danari, a costo di stare sveglia notti intere, sfidando la tachicardia e il sonno. Tutto ciò porta a disperazione, alla noncuranza di se stessi, con occhiaie paragonabili al crollo di Wall Street e l’aspetto di uno zombie, che manco un film di Romero. 

Ad ogni modo il tutto riesce, prendere un autobus, o meglio una scatola di sardine con le ruote, arrivare ufficialmente nella Serenissima, per poi camminare e camminare sotto il sole. Di solito mi svuoto dallo stress ascoltando canzoni molto discutibili, ieri ho dato il meglio di me stessa, cantando a squarciagola per le calli, ignorando completamente i passanti sconcertati e il desiderio della mia coinquilina di lanciarsi in canale per evitare l’imbarazzo della circostanza che ho creato.

Visto che il karma ha un particolare occhio di riguardo nei miei confronti l’esame, è iniziato in ritardo di mezz’ora, ossia i miei sforzi sono stati tutti vani con il rischio di dover arrivare in ritardo o di esser lasciata a piedi. Avrei potuto concludere in meno di un’ora, come la mia coinquilina, ma non sono una macchina da scrivere, di conseguenza all’alba delle 14.03 mi sono improvvisata gazzella per Venezia, scappando dall’aula e correndo con i tacchi e con le penne in mano. Chiamate alle mie coinquiline con lo sprint dei tuoi ultimi attimi di vita per supplicare il guidatore ad allungare la strada per venirmi a prendere. Tutta quella dedizione del mattino nell’applicare i cosmetici sul viso viene miseramente bruciata dal sudore perso in questa maratona contro il tempo. Ripreso il contatto con la vita, arrivate finalmente a destinazione, a stomaco vuoto dalle 8 circa, ho cercato di distrarmi facendo qualche foto qua e là. Avete presente quelle casette e quelle colline che son ricamate nei quadri fatti con la tecnica del punto croce dalle nonne? Lo scenario ai miei occhi era quello. Arrivando in tempi da record, le mie coinquiline hanno avuto il tempo di cambiarsi le scarpe e andare nel sofisticatissimo bagno della sacrestia, con tante di occhiate basite di ben 11 preti che avrebbero fatto la messa.

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Puntualissima e bellissima la sposa, la sorella della mia compagna di stanza, nonché ex studentessa della mia stessa casa, avvolta in uno strato di bianco delicato, ha sfoggiato un’entrata strappalacrime, smuovendo le lacrime degli invitati. Dopo 90 minuti circa, termina il tutto, gli sposi si fermano per una lunga, intensa e immensa sessione di fotografie, lasciandosi desiderare dai cari affetti fuori dalla chiesetta sotto un caldo torrido, senza un filo d’ombra nei dintorni e con la stanchezza accumulata, ho un mancamento per tutta la spossatezza arretrata. Nausea, giramento di testa e disorientamento, insomma, zucchero, cannella e ogni cosa è bella. I veri eroi non muoiono mai, e io riesco a salvarmi con il succo d’ananas, tornando come nuova. 

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Non fermandoci alla cerimonia presso il ristorante, io e altre due mie colleghe, torniamo alla base, facendoci accompagnare fino alla stazione di Thiene, in quanto assente a Grumolo. Ho già provato a salire su un treno regionale, ma trovarsi a bordo di una scatola che cigola e dondola, e che inevitabilmente ti fa pensare a un imminente deraglio, non è un’esperienza che consiglierei. Capisco che Thiene non sia una metropoli, ma perlomeno agevolare i trasporti interni delle province, avrebbe reso l’atmosfera un po’ più rilassante.

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A Vicenza prendiamo la coincidenza e arriviamo sane e salve a Mestre, portandoci a casa tante foto ricordo, vesciche a non finire e un'immensa stanchezza.

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I matrimoni di ogni coppia capitano una volta nella vita, se durano, ovviamente, ma non ho dubbi che i neo sposi saranno felici per sempre, considerando che con questa sicurezza, non dovrò più ripetere un'esperienza così provante.


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