Low cost trip: day 5, 6 and 7 - Trentino

Lunedì mattina abbiamo lasciato il nostro ostello tra i monti (a cui ci eravamo quasi affezionati) per passare qualche ora sul lago di Idro, in attesa dell’attività di canyoning che avevamo programmato con un’agenzia specializzata.

Il lago di Idro, nonostante si trovi sempre nella provincia di Brescia, rimane proprio al confine con il Trentino ed è senz’altro più piccolo e tranquillo del vicino lago di Garda, adatto a campeggiatori che cercano relax e camminate nella natura.

Verso le 11:30 ci siamo mangiati una piadina con speck e formaggio trentino in un bar sulla strada, ritrovo perlopiù per motociclisti: da lì la vista sulla distesa d’acqua del lago era bellissima. In quei giorni stavo decisamente ritrovando quella parte di me che ama la montagna. 

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Sarò breve sulla successiva attività di canyoning, ma è stata un’esperienza incredibile. Sono sicura che non la rifarei nemmeno se mi pagassero, eppure scivolare tra i canyon, tuffarmi e camminare nell’acqua gelida dei ruscelli (tutti affluenti del lago di Idro) è una botta di vita micidiale. Avevamo prenotato quasi per gioco, ignari di cosa significasse davvero trovarsi faccia a faccia così con la natura. L’agenzia che organizza queste spedizioni si chiama Canyon Adventures ed ha sede a Torbole sul Garda; è molto efficiente ed effettua anche scalate ed escursioni tra le provincie di Brescia e Trento. Ovviamente consiglio di pensarci bene prima di imbarcarsi in un’avventura del genere, dato che a differenza di quello che può sembrare, è tutt’altro che un’esperienza adatta a chiunque. I prezzi, se non erro, vanno dai 65 euro in su.

Intorno alle 16 abbiamo ripreso la macchina e, ancora sconvolti per l’avventura appena passata, ci siamo diretti nella città di Trento. Il paesaggio iniziava a cambiare: tra le distese di vigneti, le montagne si facevano sempre più ripide e alcune ospitavano delle rocche sulla propria cima.

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Avevamo prenotato una stanza in un appartamento nei pressi della ferrovia, vicino alla facoltà di Lettere e Filosofia. L’alloggio era davvero carino e il proprietario è stato molto gentile e accogliente, come tutti i trentini che mi è capitato di conoscere finora. Ci ha subito tolto il problema su cosa poter fare il giorno dopo (il fatidico ferragosto) consigliandoci una scarpinata per le Dolomiti fino al rifugio Vajolet.

Vista l’alzataccia, il piano di bere qualche bicchiere di vino in più del solito quella sera è andato a farsi benedire. Ci siamo limitati solo a un paio di drink in un bar all’aperto in una piazzetta del centro. Tra i tanti vini tipici della zona penso che il Müller Thürgau bianco sia uno dei migliori.

Abbiamo fatto anche una breve passeggiata, giusto per vedere che aria tirava in città. Quando andavo alle medie ero stata in un campus sulle montagne del trentino per due estati consecutive, perciò del centro di Trento mi erano sfuggite molte cose. Ricordavo soprattutto un edificio situato in piazza Duomo che al tempo mi sembrava quasi un castello di cartapesta, il palazzo pretorio, attualmente adibito a museo diocesano. Costruita più o meno nello stesso stile è anche la torre civica, su cui è collocato un orologio che scandisce le ore. 

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Di fronte al complesso è posta la monumentale fontana del Nettuno, che illuminata di notte crea un effetto molto suggestivo.

Le altre due cose che più mi hanno colpita della piazza sono state le facciate interamente affrescate dei palazzi Cazuffi-Rella e (per l’appunto) il Duomo. Quest’ultima è un architettura abbastanza complessa, risalente al 1300 e nota anche per aver ospitato nel XVI secolo il Concilio di Trento. La mattina dell’ultimo giorno ci abbiamo fatto una visita veloce. L’interno è molto bello, tendente al gotico. Tra gli elementi che più saltano all’occhio c’è la cosiddetta “ruota della fortuna”, ovvero un grande rosone che dà luce a tutta la navata. 

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Quella sera non c’era molta gente a giro. Probabilmente sarà stato per via del periodo estivo in cui anche i trentini forse vogliono concedersi un po’ di mare.

Il giorno di ferragosto, seguendo le indicazioni del proprietario dell’Airbnb, ci siamo diretti a Vigo di Fassa, a cavallo tra le province di Trento e Bolzano e raggiungibile dal capoluogo in un’oretta e mezzo di autostrada. Da lì abbiamo preso una funivia (16 euro andata e ritorno) per Ciampedie, un comune situato sempre nella val di Fassa. Il rifugio principale è immerso tra le Dolomiti e a giudicare dai menù esposti fuori sembrava facessero anche un sacco di cose buone da mangiare.

Abbiamo imboccato il sentiero per il rifugio Vajolet, che dovrebbe trovarsi più o meno a due ore e mezzo abbondanti da dove siamo partiti. All’inizio la strada è abbastanza pianeggiante e immersa nella natura tra abeti, arbusti e fiori di montagna. Una volta arrivati al rifugio Gardeccia invece, iniziano i percorsi su roccia e pietrisco e le strade si fanno più ripide. L’ultimo pezzo di camminata in particolare è stato un po’ pesante e siamo sdrucciolati più di una volta perché avevamo semplici scarpe da ginnastica che non attaccavano del tutto sul terreno.

La fatica veniva comunque ricompensata dal paesaggio, che è veramente splendido. Non si può non rimanere affascinati di fronte all’imponenza delle Dolomiti ed è impossibile non sentirsi piccolissimi davanti a una presenza del genere.

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Tra la stanchezza e l’incredulità di trovarci in un posto così affascinante abbiamo finalmente raggiunto il rifugio Vajolet. Il posto prende il nome dalle cosiddette torri del Vajolet, le sette montagne che sorgono sopra la vallata. Per raggiungerle occorre un’altra ora di cammino su sentieri ancora più accidentati di quello che avevamo appena percorso, quindi ci è sembrato più saggio terminare la nostra camminata e mangiarci un panino in tutta calma.

A pochi metri dal rifugio Vajolet si trova anche il rifugio Preuss, dove abbiamo preso uno yogurt trentino con miele e noci che era la fine del mondo.

Verso le tre e un quarto siamo ridiscesi perché iniziava a tirare vento e, pur essendo estate, una felpa e una giacca iniziavano a non bastare più per stare al caldo. 

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Il Day 7 ce la siamo presa più comoda e abbiamo visitato meglio la città di Trento. Il giorno prima, tra una cosa e l’altra, eravamo tornati a sera. Il proprietario ci aveva offerto la cena, quindi siamo rimasti un po’ a chiacchiera con lui e con altri due ragazzi canadesi che quella notte dormivano lì.

Il mercoledì dopo ferragosto la città sembrava essersi rianimata rispetto alle sere precedenti. La gente cominciava a tornare dalle vacanze e a riprendere il tran tran di tutti i giorni.

Noi ci siamo aggirati per le vie del centro, guidati dall’istinto. Abbiamo dato un’occhiata al palazzo del Buonconsiglio, ma non siamo entrati nelle sale interne. La costruzione è simile a un castello medievale e ospita antichi dipinti, affreschi e sculture dell’arte trentina. Doveva essere interessante, ma il tempo cominciava a stringere. 

Nelle vie cittadine ci sono veramente tante case e palazzi storici, come il palazzo della Rocca Bruna, il palazzo delle Albere e il palazzo Thun, tutti proprietà di alcune famiglie potenti del passato.

Siamo entrati al distaccamento del museo Mart, nella galleria civica. L’ingresso costa quattro euro e la mostra ovviamente è molto più ridotta rispetto a quella principale di Rovereto. Entrambi i musei espongono opere e sculture dell’arte moderna e contemporanea. Ricordo di aver visitato l’esposizione di Rovereto a dodici anni e di averla trovata incredibilmente interessante (e a quell’età per trovare interessante un museo ce ne vuole!). 

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Abbiamo fatto anche una scappata al Muse, il famoso museo delle scienze. È stato progettato dall’architetto Renzo Piano ed è in funzione da pochi anni (venne inaugurato nell’estate 2013). È circondato da un grande prato ed ha una forma geometrica, quasi futuristica. Già da fuori si vede che è molto curato e tenuto bene. Non siamo entrati dentro perché ci avrebbe richiesto troppo tempo: l’edificio è infatti formato da cinque piani (compreso il piano terra) più una terrazza sulla sua sommità e ospita sezioni di biologia, geologia, scienza interattiva ecc., dunque è abbastanza impegnativo. Di fronte alla struttura vengono coltivati anche orti e serre, adibiti alla ricerca botanica. 

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Abbiamo mangiato un boccone veloce in un bar del centro, dopodiché con le nostre valige al seguito ci siamo dovuti rincamminare verso casa. La nostra vacanza a tappe (abbastanza improvvisata) era ormai sul finire, anche se nessuno dei due aveva una gran voglia di tornare a casa.

Ero contenta di aver fatto quel viaggio. Ho riscoperto il senso dell’avventura, che di solito si tende a perdere organizzando nel dettaglio e fermandosi per troppo tempo in un unico posto. Ed ero anche felice di essere tornata a Trento dopo più di dieci anni. Purtroppo ho un debole per questa città, in un certo senso la sento un po’ come casa mia: è piena di aree verdi, zone tranquille, scorci bellissimi sulle montagne e persone molto disponibili e generose. 


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