Siracusamente

Ora o mai più, talvolta mi vien da pensare, assillata dall’idea che il tempo passi facendomi bruciare ogni occasione celata in ogni esperienza che affronto, ed è proprio il caso del mio terzo giorno, quando mi alzo molto presto, sarà anche per l’annuncio dell’arrotino per strada, che decido di andare nella bellissima Siracusa, che dista un’ora e 45 minuti circa da Marina di Ragusa, qualcosa di meno o qualcosa di più in base alla velocità o alla tendenza a perdere l’orientamento. Considerando l’intenzione di voler arrivare per l’ora di pranzo, e passare per il supermercato della cittadina dove fanno prodotti di panetteria tipici della regione, usciamo di casa per le dieci, in qualche minuto compriamo le cosiddette “scarce” o “passarelli”, la denominazione cambia in base alla zona in cui vi trovate nella regione. Trattasi di uno strato di pasta sottilissima che ricorda la piadina, con la differenza di essere davvero unta, il cui ripieno può includere formaggi, verdure o carne, nel mio caso il gusto scelto da me includeva ricotta e spinaci.

La parte cruciale della giornata giunge, ovvero arrivare a destinazione, sfrecciando in autostrada nella regione più grande del paese, col vantaggio, però, di essere in un’isola, quindi calmarmi psicologicamente, nell’evenienza di sbagliare decisamente la strada. I siciliani dicono “finché vedi dalla macchina il mare, stai guidando nella direzione giusta”, perciò trascorro quasi un’oretta a passare in mezzo ai vari paesini, turistici e non, anziché imboccare l’autostrada. Non si tratta soltanto di velocizzare i tempi optare per quest’ultima, ma di togliere una parte integrante del viaggio, l’opportunità di godersi dei bellissimi panorami, e quindi vaganondare. La parte rimanente, invece, porta obbligatoriamente all’abbandono delle strade provinciali e statali, e uno dei fatti che mi sorprende in questo tratto è la presenza fantasma dei caselli. I lavori per le varie autostrade non sono mai terminati, ma considerate la gioia di un guidatore di passare senza versare uno spicciolo, considerando già il salato prezzo della benzina, oltre al fatto di non incontrare tanta gente scellerata che sfreccia come nelle autostrade del nord. Arrivo finalmente a Siracusa, la città natale di Archimede, e a neanche 10 minuti raggiungo la prima tappa del tour, il celeberrimo parco che ospita l’anfiteatro romano e il teatro greco. Per quanto riguarda il parcheggio, consiglio vivamente quello a pagamento. In primis mi reco alla biglietteria vicino alle bancarelle di souvenir, a sé stante rispetto alle attrazioni, dove si possono fare buoni affari se siete fanatici di chincaglierie o gingilli vari, dalle calamite, alle matite, fino ai ditali e i canovacci, molto adatti alla dimensione “nonna”. Oltre a ciò, troverete guide che vorranno essere a vostra disposizione, non so francamente a quale cifra, ma posso dirvi che la mia esperienza le ha trovate alquanto insistenti nell’essere ingaggiate, tanto che cercheranno di farvi domande personali giusto per mettere a proprio agio e convincere nel loro intento. Inoltre, non contente di non essere state assunte temporaneamente, cattureranno la vostra attenzione all’interno del parco, indipendentemente dal fatto che stiano guidando altri turisti, senza che voi glielo chiediate vi daranno informazioni in modo molto aleatorio su una determinata tappa. 

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Essendo studente o una persona che ha un’età compresa tra i 18 e i 26 anni, entro con il biglietto ridotto pagando semplicemente 5 euro. Il parco è davvero vasto, poiché oltre a poter visitare i punti soprastanti, si passa per l’Orecchio di Dionisio, grotta così soprannominata dal celebre Caravaggio, e le grotte dei Cordari. Seguendo un sentiero in mezzo alla rigogliosa vegetazione, trovo una panchina per gustarmi in tutta tranquillità il pranzo al sacco, delizioso, ma comunque di un certo spessore, va giù che è un piacere, ma riempie come se non ci fosse un domani, perciò non voglio fermarmi a pensare al quantitativo calorico. In poco tempo raggiungo l’anfiteatro greco, in tutta la sua imponenza. Le foto son doverose, ma considerando i pantaloncini che ho addosso, il materiale del complesso, ovvero l’arenaria, non esita a impolverarmi per bene, soprattutto perchè con un sole del genere è difficile camminare o stare in piedi come se nulla fosse. Camminandoci intorno e andando verso l’alto ci sono altre cavità nella roccia, che un tempo erano catacombe. Gli effetti nella roccia sono davvero spettacolari, grazie a una modulazione naturale dovuta dall’erosione. Ad ogni modo, tornando indietro, verso l’uscita di questa prima parte si possono osservare i resti dell’anfiteatro romano, dove avvenivano combattimenti a differenza del primo, che ospitava rappresentazioni di tragedie. 

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Finito il giro, mi sposto per recarmi all’isola di Ortigia, parte integrante della città, collegata con un ponte, e non un’attrazione raggiungibile con un battello, come l’immaginario comune non informato crede. Essendo in macchina, posteggiare risulta alquanto difficile, data la quantità di visitatori presenti, ma trovo qualche posto vicino all’area portuale, sempre a pagamento, 2 euro l’ora circa. Per alcuni può sembrare un salasso, ma ne  vale davvero la pena, anzi, l'allegria. Passeggiare per le vie è uno spettacolo per gli occhi, al di là dell’architettura che caratterizza le facciate delle case, si trovano in mezzo ad esse degli spazi contenenti rovine antiche, come ad esempio templi dedicati a divinità greche, e allo stesso modo un grande spiazzo nella piazza ospitante l’antico mercato di Ortigia,con veri e propri pezzi di costruzioni risalenti migliaia di anni fa, il tutto valorizzato da una nota naturale di verde. Il mio occhio viene anche catturato dal mercato e le sue bancarelle, in lontananza fanno davvero una buona impressione, avvicinandosi, ahimè, si rivelano la solita merce per i turisti in erba, nulla di così caratteristico per cui spenderei dei soldi. Nel raggio di 15 minuti faccio una capatina in qualche negozio, il tanto decantato Tiger, penso il migliore che abbia mai visto in vita mia, e le solite marche d’abbigliamento e dopo una vera e propria disidratazione, opto per una merenda rinfrescante, ma comunque pesante. Non prendere il gelato con la brioche in Sicilia è una blasfemia, in quanto eccellenza, altro che il resto delle gelaterie presenti nelle altre regioni che inseriscono una goccia di gelato in mezzo a un lievitato vagamente dolce dalla dubbia consistenza. Non due gusti, come verrebbe considerato nel nord un lusso per ingordi, ma ben quattro, alla modica cifra di 3,50€, presso la catena Gusto, che si trova solo in Sicilia, comunque preparatevi ad allargare il vostro stomaco. 

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Successivamente raggiungiamo la piazza ospitante la “cattedrale di Siracusa”, magnificamente imponente con i suoi colori caldi tendente al pastello e la sua architettura barocca, sembra quasi di essere all’interno di una favola appena uscita da un libro. 

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Qualora siate interessati, sappiate che l’ingresso è a pagamento. I bar che costeggiano la facciata di fronte la chiesa, la quale adornata da una miriade di statue classiche, scaldata dai raggi del sole, le persone che ridono e si scattano delle foto, o che semplicemente contempla questa meraviglia, poesia da guardare. Andando verso nord e lasciandosi l’edificio sulla sinistra, si arriva al lungomare, dove è presente una sorta di piscina o vasca, contenente papere, oche e alberi di papiri. Tale parte, di modeste dimensioni, che conduce fino al castello dell’isola è anch’essa caratterizzata da piccoli ristoranti e locali dove poter fare l’aperitivo. Nelle vie trasversali. molto strette ed uniche nel loro genere, è possibile incontrare varie chiese antiche e palazzi ospitanti mostre ed esposizioni, il tutto proiettato in una dimensione sicula assai tradizionale di una qualunque cittadina. In questa zona, forse più decentrata, si respira un’aria più tranquilla, benché ci sia la presenza di qualche turista, l’ozio e l’idillio di queste circostanze prendono il sopravvento. In tutti i luoghi in cui sono andata non ho trovato altro che calore e gentilezza nelle parole della gente del posto, ad esempio, prima di tornare verso il posteggio, decido di avere un (secondo) momento di relax per prendermi un caffè, giusto per alimentare la mia dipendenza da caffeina. Al di là del prezzo super conveniente e senza rivali, come menzionato nell’articolo precedente, non c’è nemmeno la fretta di dover chiedere subito i soldi del conto, come può capitare in alcuni bar delle mie zone in provincia di Milano. Poi in una giornata d’estate, prendere un caffè senza affiancarlo con qualcosa di fresco è quasi impossibile, qui è scontato aver un bel bicchiere d’acqua fresca, nel settentrione va già bene che non facciano pagare quella del rubinetto o che ti diano il ben servito in un bicchiere grande quanto la metà di uno per tracannare ciupiti.

Un fatto che non sono riuscita a spiegarmi, in questa splendida giornata fuori porta è la costante presenza di gatti per la città, che siano in negozi, caffetterie o musei. In aggiunta ce n’era qualcuno anche all’interno del complesso di rovine greco-romane, che girava indisturbato forse alla ricerca di cibo.

Il tempo passa molto velocemente, in un battibaleno si fanno le sei, giusto per ritornare a Marina di Ragusa, per la quale, sul tragitto di ritorno, sbaglio strada e allungo di circa 30 minuti. Il problema è che certi cartelli di bivi o deviazioni sono coperti dalla selvaggia vegetazione che si trova strada facendo, in particolare modo, sfortuna vuole, che siano per l’appunto quelli fondamentali. Se c’è una cosa che scocco a sfavore di questa regione è il sole in orario di tramonto, può essere davvero un problema, nel momento in cui sei alla guida, accecandoti e, oltre al rischio di fare un incidente, si rischia di perdere le diottrie, come se quelle che ho fossero molte.

Tirando le somme, è una città più bella di quanto immaginassi, specie quando si ha una macchina a disposizione e si può girare tutto in base ai propri tempi, pertanto sacrificate una giornata di mare per diventare turisti per un giorno!


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