I miei ultimi sette giorni in Danimarca (seconda parte)
Il Mercoledì - Onsdag
Quando penso al mercoledì in Danimarca la mia mente va senza dubbio al corso di bachata presso il Pataget (letteralmente "sul tetto"), locale dove era possibile imparare a ballare e, allo stesso tempo, conoscere membri della comunità internazionale di Odense.
Non volendo rinunciare all'altra mia attività prediletta, il nuoto, tale giorno si traduceva spesso in una gara contro il tempo e contro la stanchezza che avanzava inesorabilmente. Come ho già detto in altri post, spostarsi in Danimarca non è facile e il fatto che sia le piscine universitarie che il locale fossero entrambi molto distanti da dove abitavo non mi è stato d'aiuto: ho così avuto modo di sperimentare una revisionata versione del triathlon facendo tante vasche, tanti kilometri in bici e ballando fino all'esaurimento di tutte le mie energie.
Nonostante le ore dedicate all'attività fisica, cercavo di non tralasciare lo studio: dopo la nuotata infatti cercavo di comprendere le basi della programmazione, nozioni che mi servivano per passare l'esame di Demography and Economics.
Studiare all'estero infatti non significa soltanto conoscere nuove culture, visitare città o diventare fluenti in lingue straniere. Studiare in una università straniera significa innanzitutto fare i conti con modalità d'insegnamento e di apprendimento diverse: gli esami italiani sono molto diversi da quelli stranieri (per quanto riguarda la mia esperienza), entrambi hanno note positive e note negative ma metterli a confronto può rivelarsi utile per comprendere meglio a cosa servono quelle conoscenze che noi acquisiamo all'università, e la conoscenza stessa. La prima parte del mio esame consisteva per esempio nell'utilizzo di un programma, R, con il quale potevo organizzare grandi quantità di dati, calcolare indici demografici e fare bellissimi grafici mentre la seconda parte nella risposta a delle domande aperte, prova durante la quale si potevano consultare appunti, libri o slides. La maggior parte degli esami danesi consiste nell'elaborazione di report, saggi o in verifiche "all aids allowed" ma vi assicuro che essi presentano altrettante sfide e difficoltà delle nostre prove universitarie.. pur non essendo impossibili, ovviamente. Niente è impossibile.
La mia giornata dunque si divideva in formule, incomprensibili codici e dati demografici da una parte, e altrettanto complicati passi di danza latino-americani dall'altra. Questi ci venivano insegnati nele due ore di workshop, dopodichè la serata la si poteva trascorrere ad esercitarsi e a socializzare, tuffandosi nel bellissimo melting pot che si era venuto a creare.
Ad Odense c'è una grande comunità internazionale ed è facile conoscere persone di tutto il mondo, uscire, divertirsi. Pur abitando fuori città non era un problema tornare a casa dopo le 23 con la bici: semplicemente non mi sono mai sentita in pericolo o comunque sono sempre stata attenta a muovermi con prudenza e frequentare persone che mi ispiravano fiducia.
Il giovedì - torsdag
Il giorno dopo il corso di danza mi aspettavano tre ore di lezione, dalle 12 alle 15, e poi di solito facevo volontariato e cominciavo a preparare le lezioni di lunedì. In Danimarca, così come in Inghilterra, alle lezioni ci si va avendo letto delle pagine che il professore assegna precedentemente: all'università il professore solitamente spiega e avvia una discussione su quegli argomenti che abbiamo già affrontato a casa. Facendo così, si riesce a studiare "volta per volta" grazie alla buona organizzazione del materiale da preparare per l'esame finale e si riesce inoltre a participare attivamente in classe assimilando meglio gli argomenti trattati.
Durante l'ultima settimana, tuttavia, ho deciso di fare qualcosa di diverso e quindi ho fatto una sosta alla biblioteca di Odense: essa consiste in un edificio situato accanto alla stazione centrale ed è perciò facilmente raggiungibile. Essa è anche difficile da confondere in quanto accanto alla sua entrata c'è una scala a chiocciola moderna che di notte viene illuminata creando un effetto molto bello: chiedendo delle indicazioni per la biblioteca infatti alcuni ragazzi mi hanno accennato questo dettaglio, lasciandomi senza alcun dubbio.
Internamente l'edificio è una sorpresa: l'ingresso è molto accogliente e le scale sono di una mestosità e modernità unica. Esso ha degli spazi per studiare, con sedie e tavoli lungo le grandi finestre, ma anche degli spazi dedicati ai bambini e alla partecipazione di performances musicali dal vivo. Nella sezione dedicata alla musica si possono utilizzare giradischi, lettore CD o lettore di audiocassette: la collezione di vinili è, inoltre, molto ricca e molto bella. Lì ho imparato come si utilizza un lettore di vinili e ho scoperto i Belle and Sebastian con il loro album "The life pursuit". Se vi trovate a Odense non potete non fare un salto in biblioteca.
La città è attualmente "work in progress" e vicino al centro una buona parte della città è chiusa per lavori. Bisogna dunque fare il giro di tale area per poter raggiungere determinati posti: se da una parte ciò è parecchio scomodo perchè bisogna scendere dalla bici e camminare lentamente per la strettezza di tali vialetti, dall'altra essa può diventare anche una camminata molto piacevole. Lungo le pareti del cantiere sono situati dei manifesti nei quali si narra la storia della città attraverso dei simpaticissimi fumetti: se volete godervi tale spettacolo bisogna dunque fare in fretta e arrivare prima della fine dei lavori. Quale aspetto avrà la città dopo i lavori non mi è ben chiaro: alcuni mi hanno raccontato di un museo che conserva il progetto urbano in miniatura, ma purtroppo non ho avuto modo di vederlo (dovrebbe stare nella city hall, altro posto da vedere).
Il venerdì - fridag
Per concludere la settimana ho voluto dedicare il mio ultimo venerdì presso la sala da tè e libreria dove passavo la maggior parte del mio tempo facendo volontariato. In quanto membro di tale associazione, ho deciso, insieme agli altri volontari, di organizzare un evento. Il tema di tale evento era l'espressione poetica attraverso la tecnica chiamata "black out poetry". Avendo a disposizione dei libri, sia in inglese che in danese, da utilizzare per tale attività ci siamo avventurati e abbiamo creato delle fantastiche poesie sorseggiando una tazza di gløgg, assaggiando i deliziosi vandbakkelser e ascoltando della buona musica.
Se vi capita di essere ad Odense vale la pena trovare questo posto e, magari, unirsi ai volontari di Studiestuen. Potrete non solo imparare come funziona un'associazione ma anche imparare moltissime cose nuove, conoscere meglio le tradizioni danesi, la comunità internazionale e la città in generale.
Durante tale venerdì, precisamente l'ultimo prima di Natale, ho voluto fermarmi e fare una foto al "cheesy building" dell'università, primo edificio del campus in cui sono entrata. Nonostante la pioggia dunque mi sono fermata e ho fatto delle foto al suo interno, il quale mi ha colpito molto il primo giorno: il particolare materiale rosso della scalinata centrale e l'illuminazione rendono questo posto speciale. Ritornarci l'ultimo giorno è stato in ogni caso diverso in quanto ormai conoscevo sia l'edificio che le modalità con cui esso era collegato agli altri, mentre all'inizio si trattava più di avanzare casualmente in un posto ricco di novità nella speranza che l'aula di cui ero in cerca si materializzasse magicamente davanti a me (insieme ad altri studenti nuovi confusi quanto me).
Il sabato - lørdag
La mia settimana si avvicina verso la fine e l'unica foto che ho scattato ad Odense tale giorno immortala il cielo all'alba e il campo (ormai senza più alcun fiore il 23 Dicembre) che stava di fronte alla stazione degli autobus.
Era una mattina molto fredda, scenario molto simile al primo giorno di università in Odense e, inoltre, anche al primo giorno di Erasmus durante la mia esperienza a Bath, dove il freddo e la pioggia avevano reso molto cupo e triste l'inizio della nuova avventura. Fortunatamente, i giorni di maltempo sono stati pochi (sia ad Odense che a Bath) e sicuramente molto più piacevoli, essendo ormai abituata al posto e avendo sviluppato la convinzione che piogge e tempeste non sarebbero durate all'infinito e che il cielo danese (così come quello inglese) sapeva anche sfoggiare preziosissimi raggi di sole.
La giornata era, inoltre, particolare di per sè: arrivata a Copenhagen, la città era coperta da un sottile strato di neve fresca..
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