Il terzo Saluto: Ciao Lione!
C’e’ una cosa che caratterizza ogni Eramsus, ed e’ quella che tutte le volte spezza un po’ il cuore e procura un bel po’ di pianti. La costante, infatti, e’ che ognuna di queste esperienze, prima o poi, finisce.
Esatto, perche’ puoi prepararti come vuoi, convincerti che, ormai al terzo Erasmus, sai gia’ come funzianano le cose; che sei corazzato contro il “ trauma “ del distacco dalla tua nuova vita per tornare a quella precedente, e che questa volta fara’ meno male.
Oggi, mi sono resa conto che erano tutte bugie, che non e’ vero che sei abituato, perche’ non ci si abitua mai a lasciare una citta’ di cui ti sei innamorato scoprendola poco a poco, a salutare le persone che sono diventate nel frattempo parte integrante della tua vita, quelle che conosci solo da pochi mesi, ma con cui hai condiviso cosi’ tanto che sembrano ormai amici da sempre.
Mi sono resa conto di tutto questo alle Sette di questa mattina, quando la mia sveglia e’ suonata e io, aprendo gli occhi, ho visto la carta da parati a strisce bianche e blu della mia stanza a Lione, e ho realizzato che era quella era l’ultima volta in cui mi sarei svegliata in quel luogo. Le valigie erano sul pavimento, in attesa di essere chiuse, e tutte le foto e gli adesivi che avevo attaccato al muro costantemente per tutti quei mesi erano appoggiati ora sulla mia scrivania: li avrei portati con me in Italia. Ho uno strano peso addosso, ma non voglio pensarci adesso, perche’ ho ancora qualche ora che mi separa dalla partenza. Mi vesto ed esco dalla stanza. Ci siamo messe d’accordo per fare l’ultima colazione tutte insieme e Cate, la mia super coinquilina italiana, ha gia’ la chiavi di casa in mano e sta per uscire: si e’ svegliata cosi’ presto per andare a comprare dei croissants per tutti. Torna dopo pochi minuti e, nel frattempo, tutti gli altri si sono svegliati. Ci sono Bastien e Gaetan, I miei due coinquilini francesi, che stanno per andare al lavoro. Ci siamo gia’ promessi che non si piange, perche’ tanto, in un modo o nell’altro, ci rivedremo presto. Li saluto, e intanto ringrazio Bastien per il bellissimo weekend del suo compleanno trascorso in uno chalet in montagna nel nord della Francia, insieme ad altri suoi amici. Vorrei ringraziarlo anche per le serate insieme, per il formaggio francese che tirava fuori dal frigo in ogni occasione, per i film guardati insieme nei giorni di hangover e per avermi aiutato tanto con il francese, avendo la pazienza di correggermi ogni volta che dicevo stupidaggini. Vorrei dirgli tutto questo ma non posso, perche’ poi comincerei a piangere e romperei la promessa. Li vedo allora uscire dalla porta, e mi fa strano sapere che quella sera non avrei cenato poi insieme a loro quando fossero tornati a casa.
Mi giro e vedo che si e’ svegliata anche Niki, la quale viene verso la sala sbadigliando. La sera prima, insieme a lei e Cate, siamo rimaste sedute sul balcone fino a tardi a chiacchierare e ricordare tutti i momenti piu’ divertenti di quei mesi insieme, e nessuna voleva davvero mettersi a dormire. Ora apparecchiamo il tavolo su quello stesso balcone, e il sole illumina gia’ il Super U che costituisce la nostra vista dalla sala nonche’ uno dei luoghi in cui abbiamo speso piu’ tempo nel corso dell’intero Erasmus. Cate ha svaligiato la Boulangerie, comprando tantissimi tipi di cornetti diversi, I quali sono tutti ora nei nostri piatti. C’e’ anche il caffe’ nella “ moka grande ”, simbolo dei litri e litri di caffe’ che abbiamo consumato in quell’appartamento. Non parliamo della partenza, e chiedo allora quali sarebbero stati i loro programmi della giornata. Parliamo del viaggio che stanno programmando in giro per la Francia, in quanto rimarranno a Lione per un altro mese, e dico loro che avrei davvero volute unirmi a loro, ma che in ogni caso le seguiro’ un po’ come se fossi li’ anch’io.
Guardo l’orologio e mi accorgo che ci siamo: e’ arrivato il momento di chiudere le valigie. Attraverso la sala e vado in stanza l’ultima volta a prendere tutte le mie cose. Passo davanti alla parete a cui e’ appesa la “ collezione ” di biglietti di lamentele lasciati dai vicini per le varie feste nel corso degli anni, a cui abbiamo dato anche noi il nostro contributo, e mi viene da sorridere. Niki e Cate sono ora in piedi all’ingresso e mi aspettano. Nulla, anche noi ci eravamo ripromesse di non piangere, ma ora nessuna sta rispettando la promessa. Non riusciamo davvero a dire niente, perche’ ci basta guardarci. Ci abbracciamo forte tutte insieme, come abbiamo fatto tante volte nel corso di questi mesi. C’e’ solo una parola che ho voglia di dire loro: GRAZIE.
In quel Grazie ci sono le nostre prime uscite, poi la decisione di vivere insieme; ci sono le ore con Cate in palestra, I pranzi sani e anche le cene con birra e patatine, perche’ tanto il nostro motto e’ che e’ meglio essere felici che essere magre; ci sono I pomeriggi con Niki e il suo pennyboard, che una volta e’ quasi finito nel fiume (insieme a niki) perche’ volevamo fare cose “pericolose”, ma la verita’ era che semplicemente non sapevo andarci; Ci sono I pomeriggi di shopping, quelli al parco in hangover, quelli al sole sul balcone con le maschere al caffe’ sulla faccia; in quel grazie ci sono tanti ricordi: i vari bicchieri blu diventati una questione di principio in una delle nostre serate piu’ belle, ci sono I glitter di Niki con cui ha decorato la faccia di tutti in una festa in cui non conosceva nessuno, e c’e’ nella mia testa l’immagine di Cate seduta sotto un tavolo in discoteca, mentre cercava di nascondersi in una situazione imbarazzante.
Ma soprattutto, in quel grazie c’e’ tutto quello che la nostra tripletta (quartetto fino ad un mese prima con Dani che purtroppo e’ partita un po’ prima di noi) ha rappresentato per tutti questi mesi: l’amicizia vera, di quelle che crescono giorno dopo giorno, e diventano sempre piu’ forti, tanto da non aver paura del tempo e della distanza. In quel grazie c’e’ tutto questo e molto altro, e i nostri occhi lucidi parlano al posto nostro, mentre le guardo l’ultima volta prima di chiudere la porta alle mie spalle. Percorro il cortile antistante al palazzo con le mie valige e so che mi stanno osservando dal balcone, mi giro e ci salutiamo con un cenno del braccio, prima di svoltare definitivamente l’angolo e camminare verso la metro.
Le lacrime mi rigano il volto e davvero non riesco a fermarmi, so che non togliero’ gli occhiali da sole per un bel po’. Ancora una volta, L’Erasmus mi ha spiazzato, dandomi esattamente quello che mi aspettavo. Mi ha dato la possibilita’ di conoscere un nuovo paese, una nuova citta’, una nuova lingua. Ha contribuito a rendere molto piu’ ricca la mia collezione di ricordi e di storie da raccontare e, soprattutto, mi ha permesso di conoscere persone fantastiche le quali ora sono parte della mia vita e con le quali sono sicura di avere ancora tanto da condividere.
Guardo davanti a me, perche’ sto gia’ camminando sulla strada verso casa. Li’ ci sara’ un’ altra emozione forte ad aspettarmi, e anch’essa rappresenta la costante di ognuna di queste avventure: dopo mesi potro’ infatti riabbracciare la mia famiglia, che ancora una volta mi ha visto partire e a breve mi vedra’ farlo ancora, e forse ancora e ancora ma, del resto, l’Erasmus non e’ solo un’esperienza, ma un vero e proprio stile di vita.
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