Pit stop a Meteora
Da Atene a Volos
La nostra settimana ateniese era finita, e io non vedevo l’ora di tornare a Volos per ritrovare il nostro amico greco e la sua adorabile famiglia, che ci aveva accolto con così tanto calore e gentilezza durante la precedente settimana della Pasqua ortodossa.
Restava, però, il problema dello sciopero dei mezzi di trasporto. Per fortuna, grazie alla gentile signorina dell’hotel riuscimmo a sapere che i servizi extraurbani erano attivi, e a prenotare un taxi che ci desse una mano con la valigia. Lo beccammo anche più onesto del primo tassista che avevamo incontrato a inizio settimana, visto che per arrivare al terminal ci mise di meno e ci chiese una tariffa inferiore!
Il viaggio di ritorno fu rapido e indolore. Passammo un’ultima sera nella nostra casina di Portarià, pulendo e rimettendo a posto tutto come l’avevamo trovato.
Chiedemmo a Sotiris verso che ora intendesse partire l’indomani, e lo guardammo perplesse e divertite quando lui ci rispose “Ah, domattina presto…Direi verso le 11:30-12:00”. Un aneddoto solo per sottolineare la relatività nella concezione del tempo!
Ah, che bello essere greci...
Gli addii
La mattina dopo, prima di partire, ci fermammo a casa di Sotiris, a Volos, a salutare la sua famiglia. Mi ero molto affezionata soprattutto ai suoi fratelli minori, che erano diventati un po’ anche “miei”: la piccola Déspoina mi regalò uno di quegli scoobydoo che si fanno intrecciando fili di plastica (rigorosamente viola, il mio colore preferito), mentre Chrístos mi diede uno dei tanti bellissimi origami che riesce a fare, a forma di drago.
Il piccolo draghetto era così ben fatto che è resistito incolume ai successivi tre mesi di sballottamenti in valigia ed attualmente adorna la mia libreria, mentre lo scoobydoo è ancora attaccato ben saldo allo zaino erasmus che ci diedero il primo giorno all’ufficio erasmus di Ioannina.
Il povero zaino in tela resistette ancora per poco, in realtà, perché in viaggio giravo sempre con portatile e macchina fotografica, ma ci tenevo così tanto che, tornata in Italia, me lo sono fatto riparare e rinforzare.
Dracarys! Ah, no, forse è meglio di no.
Passammo poi un’ultima volta al MyPlace, per salutare gli amici di Sotiris. Lì io ed Elena, ormai abituate alla nostra dieta da viaggio, ne approfittammo per farci preparare dei club sandwich d'asporto da mangiare durante la traversata per il ritorno.
A metà mattinata tutto era pronto per la partenza, e con gli occhi lucidi lasciammo Volos, direzione: Ioannina.
Meteora: un amore a prima vista
Quando nel viaggio di andata da Ioannina a Volos, due settimane prima, le Meteore erano improvvisamente apparse dal nulla, alte, imponenti eppure leggiadre ed eteree come qualcosa che non avevo mai visto prima in vita mia, rimasi senza parole.
La strada più veloce che dall’Epiro porta alla Tessaglia, in poco meno di quattro ore (almeno con i tempi di guida molto cauti e tranquilli del nostro amico), taglia a metà la Grecia e passa proprio per Kalambaka, il villaggio turistico sorto ai piedi di questi monasteri sospesi tra cielo e terra.
Non me lo aspettavo. Erano settimane che cercavo di capire come visitare Meteora in autobus, ma da Ioannina non avevo trovato collegamenti decenti. In più, la ESN di Ioannina aveva organizzato una gita per visitare i vari monasteri proprio durante la settimana in cui eravamo tornate in Italia per la Pasqua cattolica.
Quando recuperai la facoltà di parlare, quindi, cominciai a fare casino fino a quando non riuscii a strappare a Sotiris la promessa che, al ritorno, ci saremmo fermati a vedere le Meteore più da vicino.
Il viaggio di ritorno, nonostante fossimo partiti tardi, fu molto più veloce rispetto all’andata: in un’ora e mezza eravamo già a metà strada, e quindi Sotiris decise che avevamo tutto il tempo di fermarci a mangiare qualcosa a Kalambaka per poi visitare un paio di monasteri.
Meteore: monasteri sorti su falesie rocciose "appese tra cielo e terra"
Il villaggio di Kalambaka
Un po’ come per il villaggio moderno di Delfi, non aspettatevi di trovare borghi storici particolarmente scenografici: Kalambaka è un posto dalla vocazione quasi esclusivamente turistica, con hotel, ristoranti e uffici informazioni. Cercando luoghi in cui mangiare (Sotiris aveva snobbato i nostri panini e avevo reclamato a gran voce una pita gyros, tanto per cambiare), ci risultò comodo consultare i cartelloni con la cartina del paese che indica tutti i servizi presenti.
Alla fine, comunque, di pita gyros neanche l’ombra, ma pranzammo in una creperie, mangiammo un gelato discreto nel bar di fronte e poi, finalmente, risalimmo in macchina per visitare le Meteore che si stagliavano, come un miraggio, sopra di noi.
Le “Meteore”, monasteri sospesi nel cielo
Ci troviamo al confine nord occidentale della Tessaglia, tra il già citato villaggio di Kalambaka e quello di Kastraki.
Non è chiaro come siano finite lì, quelle torri di pietra naturali, su cui si ergono in bilico numerosi monasteri, dall’espetto così curioso da dare quasi l'impressione di essere atterrati su un altro pianeta. Non a caso, Meteora è stata spesso scelta come set per vari film. Inoltre, dal 1989 l’intera località è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Le morfologia particolare di queste formazioni rocciose si deve forse all’erosione del’arenaria operata da un fiume che scorreva qui milioni di anni fa, oppure ai depositi sedimentari stratificati dalla presenza del mare, oppure ancora ad un forte terremoto che avrebbe creato questi agglomerati, poi plasmati e addolciti dagli agenti atmosferici. Oggi, comunque, essi si presentano come quattro gruppi di torri, alte fino a 400 metri.
Su queste falesie, l’uomo ha trovato il modo di realizzare qualcosa che, diversamente da come accade spesso con l'architettura moderna, perfettamente si armonizza al paesaggio, valorizzandolo ulteriormente: ventiquattro monasteri (chiamati “meteore”, letteralmente “sospesi in aria” in greco), costruiti sulle pareti a picco di questi rilievi in maniera così perfetta, da sembrare quasi delle prosecuzioni naturali del paesaggio. Gli edifici non sembrano disperatamente aggrappati alla roccia, ma hanno anzi una leggerezza e una geometria tali da farli sembrare davvero appesi lì, dove la terra si sporge per toccare il cielo.
Oggi è uno dei più importanti siti della cristianità greca-ortodossa, oltre a uno dei maggiori agglomerati di monasteri in Grecia, superato in grandezza e importanza solo dalla repubblica monastica del Monte Athos (un territorio autonomo in cui la visita ai monasteri è, però, proibita alle donne).
Dei ventiquattro monasteri originali, sette sono visitabili, anche se solo sei sono ancora abitati da monaci. Attenzione agli orari e ai giorni di chiusura, però; ogni monastero ha i suoi, e vi conviene informarvi prima, evitando di trovare brutte sorprese. In linea generale, comunque, la maggior parte dei monasteri, d’estate, apre alle nove, fa una pausa a ora di pranzo e riapre nel pomeriggio, fino alle cinque.
Da Kalambata s’imbocca una strada che permette di visitare tutti i monasteri, con varie aree parcheggio e zone di sosta panoramiche da cui è possibile godere di scenari mozzafiato, che immagino siano spettacolari a qualsiasi ora del giorno e con qualsiasi clima.
Il giorno in cui li abbiamo visitati noi, era leggermente nuvoloso e c’era vento, i monasteri stavano chiudendo e quindi non c’erano molte persone in fila: è stata un’esperienza magica, sembrava di essere finiti in un film fantasy!
Noi siamo state fortunate perché avevamo la macchina, ma in ogni caso da Kalamabata partono degli autobus con soste intermedie che permettono la visita dei vari monasteri. I più temerari ed allenati possono anche provare il trekking lungo i monopatia, gli antichi sentieri utilizzati dai monaci, che permettono tra l’altro di vedere alcuni dei monasteri abbandonati ormai in rovina, non visitabili in macchina.
I monasteri attualmente visitabili sono:
- Gran Meteora, o monastero della Trasfigurazione, il più grande e il primo che s’incontra lungo la strada panoramica
- Agios Nikolaos (di San Nicola)
- Agios Stefanos (di Santo Stéfano)
- Aghia Triada (della Santa Trinità)
- Roussanou (di Santa Barbara)
- Varlaam
- Ypapanti.
il Sacro Monastero di Agios Stefanos e il Monastero Roussanou sono gli unici abitati da suore.
A parte Agios Stefanos, tutti gli altri monasteri sono accessibili tramite scalinate scavate nella roccia, che in alcuni passaggi offrono uno scenario spettacolare. Per i monasteri più alti l’accesso è possibile anche attraverso delle funivie.
Ovviamente, non ci sono bar né strutture turistiche di alcun tipo nei pressi dei monasteri. Davanti l’ingresso di alcuni, però, ho visto degli stand con souvenir e bibite, che in realtà non m’ispirarono molto... All’interno di alcuni monasteri ci sono poi anche dele fontanelle presso cui è possibile rifornirsi d’acqua e rinfrescarsi.
La storia delle Meteore
Sì, ma chi costruì questi monasteri?
La natura del posto non poteva non attrarre comunità di asceti alla ricerca di un posto in cui poter dedicare la propria vita alla contemplazione e alla preghiera. Tuttora si respira un’incredibile aria di pace ovunque si guardi.
I primi eremiti scelsero alcune grotte ai fianchi delle meteore come loro dimora sin dall’XI secolo. È a partire dal XIV secolo, però, che alcuni monasteri furono costruiti (pare da monaci provenienti dal Monte Athos), posti in bilico su queste formazioni, per essere meglio difendibili dai turchi invasori. All’epoca, infatti, non c’erano neanche le scale che si utilizzano oggi per raggiungere le varie strutture, ma si utilizzavano scale rimovibili oppure sistemi di carrucole.
Questi piccoli paradisi isolati ricoprirono un importante ruolo culturale, soprattutto nel campo della conservazione d’importanti documenti religiosi.
Monastero di Agia Triada
La visita
Dopo esserci fermate nelle apposite aree di sosta per apprezzare appieno il panorama, ci affrettammo a cercare di visitare qualche monastero prima che chiudessero. All'inizio fummo sfortunate: il primo che provammo a visitare, il monastero di Varlaam, era già chiuso quando arrivammo.
Dopo un giro veloce al piccolo monastero di Roussanou, impiegammo il poco tempo che ci era rimasto a disposizione per intraprendere la lunga salita che porta al monastero più difficile da raggiungere, quello di Agia Triada.
La salita in realtà non fu troppo faticosa neanche per il nostro fraccomodo amico, e la vista meravigliosa dalla cima della meteora ci ripagò totalmente della fatica.
L’accesso per noi studentesse erasmus era gratis, ma in generale tutti i non greci devono pagare un ticket di tre euro per accedere a ciascun monastero. Visto che portavamo dei pantaloni fino alle caviglie, ma un po’ troppo accollati, ci diedero delle lunghe gonne da indossare sopra i vestiti. Con molta disinvoltura le indossammo e proseguimmo con la visita, e riguardando le foto devo dire che ci stavano anche molto bene addosso! :p
Negli ambienti interni dei monasteri è tassativamente proibito scattare fotografie. È un gran peccato, perché l’atmosfera sacra e suggestiva tipica delle chiese ortodosse in questi posti è ancora più amplificata dal silenzio, dalla vita dei monaci che trapela da alcuni particolari degli arredi, dalla bellezza degli affreschi restaurati, dal panorama che s’intravede dalle finestre e dalle terrazze...
Lungo le pareti, alcuni cartelli in legno riportano, in greco, alcuni moniti e consigli che i monaci devono costantemente tenere a mente. Bellissimi giardini ben curati adornano i cortili dei monasteri.
Non c’è molto altro da dire. Meteora è un posto da vivere, da sperimentare con tutti i sensi, a cuore aperto…Non si può raccontare quello che si prova.
Ristorate, ricaricate, con gli occhi pieni di bellezza e il petto pieno di pace, tornammo alla macchina per riprendere il nostro viaggio per Ioannina.
Ad aspettarci dietro l'angolo della montagna, la nostra cara pioggia epirota, che dà sempre un'impressione argentea al lago Pamvlotida...
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