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Allenatrice di calcio, in un mondo di maschi. Grazie a Gigi Marulla!


Introduzione.

Come è stata questa esperienza?

L’esperienza calcistica che ho avuto modo di vivere, sia grazie all’Università degli Studi di Perugia, che al centro sportivo di Scuola di Calcio “Marca”, è stata una delle più formative ed interessanti della mia vita.

Il mio lavoro di tesi.

E’ stata, infatti, in parte una mia idea, e in parte un consiglio da parte del mio relatore di tesi, la decisione di ricercare, in prossimità della mia città di origine, una scuola di calcio su cui testare le linee guida della mia tesi che io stessa avevo ideato.

Dove ha avuto luogo?

Il centro sportivo di Scuola Calcio “Marca”, si trova all’interno della città di Cosenza ed è uno dei più rinomati, se non il migliore, della città.

Il centro in questione ha il duplice scopo di accogliere tutti quei giocatori ed i bambini che intendono vivere in prima persona il meraviglioso mondo del gioco del calcio, come anche di prestare, ad ore, l’utilizzo dei vari campi di calcio, messi a disposizione dalla struttura, in determinati orali, principalmente serali, per tutti coloro i quali, amichevolmente o non intendono sfidarsi nel principale scopo dello sport di squadra del calcio: giocare!

Esiste anche un terzo, ma quasi sottinteso scopo della Scuola Calcio “Marca”, che è quello di veder sfidare, ufficialmente, non soltanto i piccoli amici, la categoria dei più piccoli dei giocatori di calcio, ma anche le categorie superiori, durante delle sfide prettamente ufficiali.

Come ho conosciuto questa scuola di calcio?

E’ stato proprio per la possibilità di fittare alcuni campi per un determinato periodo di tempo che avevo, molto spesso, sentito nominare la scuola di calcio Marca dai miei amici e compagni di classe che, puntualmente, si riunivano in questo centro.

Avevo, inoltre, avuto modo di seguire anche alcune partite di una mia amica che ha la passione per il calcio , dunque, ero già stata, per diverse ragioni, in precedenza, presso la scuola di calcio Marca.

L’accoglienza.

Al mio arrivo, ad essere sincera, non ricordo con precisione chi sia stata la persona che mi ha accolta e presentata, subito dopo, al responsabile e ideatore del centro del Marca, Gigi Marulla, ma ricordo la gentilezzacon cui mi ha accolta.

I miei piccoli campioni!

I bambini che ho avuto modo di seguire, per lo sviluppo del mio lavoro di tesi, avevano un’età compresa tra i 4 ed i 6 anni e non nego che, a volte, anche un piccolissimo fratellino di uno dei miei giocatori, di circa 2 anni, si inseriva con piacere, verso la fine della sessione degli “allenamenti”, per godere anche lui della felicità che questo tanto popolare gioco ha il potere di donare a chi vi so abbandona.

Come mai questa fascia di età?

Non è un caso che la fascia d’età da me seguita sia stata così tanto “precoce”. Al contrario, era prettamente legata al lavoro di studio che avevo intenzione di sviluppare.

Tema centrale della mia tesi di Laurea.

Era, infatti, più che doveroso per me, voler dimostrare quantomeno delle linee guida di approccio al gioco del calcio, dai 4 ai 6 anni, perché è in questa determinata fascia d’età che si verifica, eventualmente, il miglior tipo di acquisizione e di sviluppo di quelli che vengono definiti, in letteratura, come schemi motori di base, ai quali sono solita, in generale, attribuire la giusta importanza che, ahimè, non è resa nota, proposta e sviluppata, come lo è stata nella scuola calcio Marca di Cosenza.

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Non ancora giocatori.

La nozione più importante che ha caratterizzato il mio periodo di “tirocinio guidato” e di ricerca, presso questa struttura, in relazione all’obiettivo della mia tesi, è stata quella di cui, in realtà, ero già a conoscenza, e cioè del non opportuno sviluppo di un vero e proprio schema di allenamento calcistico in questa fascia d’età.

La proposta di seduta di allenamento era, infatti, sostituita, o perlomeno modificata, così come sarebbe opportuno fare, in questa fascia d’età, ovvero con attività di gioco.

Attività ludiche.

Via libera, dunque, a giochi di squadra, percorsi a tema con diversi obiettivi da raggiungere, staffette, giochi con la palla e perfino giochi di imitazione, linguaggio corporeo ed orientamento nello spazio.

Sono questi, infatti, gli unici obiettivi su cui anche il migliore dei giocatori di calcio dovrebbe concentrarsi in questa fascia d’età in cui, nonostante la spiccata passione e l’eventuale talento verso il gioco del calcio, si è ancora, per fortuna, e prima di ogni altra cosa, semplicemente dei bambini.

La “partinina”!

Immancabile, però, era la piccola partita finale che i bambini richiedevano sempre a gran voce e che sembrava essere, forse, la vera ragione per cui si sentivano tanto energici durante la pratica de le altre esperienze fisiche che avevano modo di scoprire per la prima volta, o di ricordare, durante il loro periodo di allenamento.

La presenza dei genitori.

Qualora sia riuscita ad attrarre, con la stesura di questo post, anche, e soprattutto, l’attenzione delle figure coinvolte nell’ambito calcistico, o comunque delle Scienze Motorie, sono certa che nel leggere la dicitura “presenza dei genitori”, sapranno già a cosa mi riferisco.

E’ infatti questo, purtroppo, un tasto generalmente molto dolente che per qualsiasi forma di allenamento che coinvolga, in maniera troppo ossessiva, l’intromissione dei genitori, durante lo svolgimento della seduta di “allenamento”.

Attenzione!

E’ infatti molto negativo, per un bambino, sentirsi sempre attaccato alla presenza dei genitori durante un momento così tanto importante per quanto riguarda, non soltanto l’apprendimento di alcuni aspetti della fisicità, in sé per sé, ma  anche l’aspetto sociale che, in questo caso, deve essere, opportunamente rispettato.

Fortunatamente, la mia esperienza al Marca non ha riscontrato delle esperienze simili (eccetto in un caso), nonostante la presenza dei genitori fosse ammessa allo svolgimento degli allenamenti, in qualità esclusiva, però, di pubblico osservatore.

Lezioni all’aperto!

Le lezioni che ho avuto modo di seguire, si sono sempre tenute all’aperto, in uno dei due grandi campi di calcio che la scuola Marca mette a disposizione per tutti.

Credo fortemente che anche questo sia stato un’ottima proposta di lavoro per invogliare ancora di più i bambini a fare del loro meglio, oltre che a far vivere loro un’eseprienza quanto più vicina a quella reale, prettamente esclusiva, del gioco del calcio.

In caso di pioggia.

In caso di pioggia, ahimè, è stato spesso ritenuto fare esattamente quello che è solitamente richiesto anche ad un giocatore esperto di calcio e cioè, nulla!

Ho visto, infatti, diverse volte, i bambini bagnarsi, ma anche divertirsie lottare, sotto la pioggia e non nego di essermi bagnata anche io, diverse volte, apprendendo così un altro fondamentale aspetto del gioco del calcio: il non farsi influenzare dagli “agenti esterni”, almeno non fino a che le condizioni atmosferiche siano accettabili, e continuare, sempre, a giocare!

Il mio Progetto Accademico e di ricerca: “Pronti, piedini?!”.

Il titolo del mio progetto potrà forse sembrare molto banale, infantile o perfino troppo semplice, agli occhi di chiunque, ma è capace di racchiudere in sé, alla perfezione, il senso del mio progetto, sia dal punto di vista motorio, che sociale.

In base a quanto sopra descritto, infatti, il periodo di preparazione a cui i bambini dovrebbero essere sottoposti, in questa fascia d’età, altro non è che una sorta di avviamento motorio, molto generale all’inizio, e sempre più dettagliato e specifico, una volta acquisiti i giusti approcci motori.

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E’ proprio per questa ragione che questo gruppo di bambini aveva come scopo principale quello di poter essere pronti al meglio, sia dal punto di vista motorio, che psicologico, all’approccio, realmente prossimo, al gioco del calcio.

Momenti no!

Come è lecito immaginare che avvenga in una comune classe di asilo, o di scuola elementare, anche nel nostro piccolo e grande gruppo di piccoli campioni, accadevano, a volte, alcune piccole risse, le quali, però, erano sempre sapientemente guidate verso un piccolo gesto di “pace” tra i due rivali.

Non tutti uguali!

Inoltre, c’è da dire che non tutti i bambini riportavano, ovviamente, lo stesso livello di capacità e di velocità di apprendimento, ma che, nel complesso, riuscivano a seguire alla perfezione ogni nuovo adattamento alla proposta di “allenamento” che veniva appositamente creata, in base ai nuovi feedback che venivano percepiti dall’esterno.

Un caso particolare.

Ricordo perfettamente, quasi come se fosse ieri, però, di una caso che, in maniera particolare, mi aveva colpito, anche perché, a volte, distraeva la mia attenzione dal tema principale del mio progetto.

E’ il caso, infatti, di una bambino che veniva molto spesso seguitodal papà, molte volte anche in campo.

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Nonostante abbia provato con molto insistenza ed in diversi modi ad allontanarlo da lui, mi riusciva, molte volte, praticamente impossibile, almeno così è stato nel periodo iniziale in cui si è avvicinato al nostro gruppo.

Ho dovuto lottare tanto, infatti, probabilmente, più con il padre, che con lui.

Le mie apprensioni sono lievemente diminuite, però, nel momento in cui ho appreso che era da poco nato, in casa sua, un piccolo fratellino.

Potendo ben immaginare che tutta quella “messa in scena” fosse un riflesso del senso di smarrimento che qualsiasi bambino potrebbe provare in questa situazione, ho provato ad essere leggermente più permissiva con il bambino e coinvolgerlo in maniera diversa, ogni giorno.

Ho ottenuto così molti miglioramenti nel coinvolgimento del bambino all’interno del gruppo, eppure, ogni volta che entrava in campo, non sembrava mai essere completamente partecipe o coinvolto nel tanto interessante gioco.

E’ stato soltanto verso la fine del mio progetto che ho capito, a seguito di lunghe chiacchierate con il papà e di numerosi piccoli e grandi accorgimenti, che il desiderio di diventare calciatore, non fosse una voglia del mio piccolo allievo, ma, più che altro, del suo papà.

A seguito di questo insieme di dubbi, ho ricevuto tante piccole e grandi prove, che hanno confermato, girono dopo giorno, questa mia supposizione.

Il bambino sembrava infatti, non soltanto riportare alcuni problemi relativi al nuovo arrivo sopraggiunto in famiglia, quanto alla relazione con gli altri bambini, ma, in particolare, con il pallone.

Era, infatti, sempre molto disinteressato, e credo che il pretesto di venire agli “allenamenti” fosse soltanto quello di attrarre l’attenzione del padre e, magari, come spesso accadeva, di tirare due calci al pallone, ma insieme a lui.

E’ stato proprio durante una delle mie visite postume al progetto, avvenuta circa qualche mese dopo il mio conseguimento della prima Laurea, che ho appreso la notizia che, questo bambino, aveva abbandonato il gruppo e quindi anche l’idea di continuare, per il momento, a giocare a calcio.

Un piccolo consiglio.

Credo che essere un genitore sia uno dei ruoli più difficili ed impegnativi da interpretare, soprattutto durante i primi anni di età, e che, ancora più difficile, sia la capacità di lasciare un figlio, o una figlia, liberi di scegliere, di creare da soli sé stessi, e quindi anche le proprie passioni, permettendo loro di pensare liberamente, senza alcun vincolo o suggerimento, soprattutto se oppressivo, riguardo la strada da seguire o le attività da svolgere, ma, soprattutto, riguardo i propri pensieri.

Sembreranno queste, forse, essere parole molto dure, oltre che date da una donna che, per il momento, non è ancora diventata mamma, e che quindi non ha la benché minima idea di cosa voglia realmente dire essere un genitore, eppure posso far valere, e anche di molto, la mia voce, in qualità di figlia.

Credo che se, arrivati ad un certo punto, i miei genitori non mi avessero concesso di seguire la mia strada, ovvero quella che sentivo più mia e che realmente desideravo, la mia vita non sarebbe stata la stessa e, sicuramente, adesso non potrei ritrovarmi a scrivere questo post.

E’ stato, infatti, uno dei miei più personali desideri, quello di diventare allenatrice di calcio, ed è stato anche, e soprattutto, grazie al loro sostegno, che sono riuscita a realizzarlo.

Mi reputo una persona abbastanza soddisfatta del modo in cui ha perseguito e ottenuto ciò che riteneva opportuno seguire ed è proprio per questo motivo che mi permetto di dare questo piccolo,ma grande, consiglio, a tutti i genitori che si ritroveranno a leggere questo post.

Cercate di capire quale possa essere il vero desiderio dei vostri bambini e di aiutarli, semplicemente, a realizzarlo, anche perché vedere realizzato, in loro, un sogno che appartiene a voi, non vi renderà più felici se non sarete voi a realizzarlo in prima persona.

Questo accadrà soprattutto se, qualora la vostra passione non fosse la stessa di quella del vostro bambino, non riuscirete a vedere felice neanche voglio figlio.

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Figure importanti.

Per quanto riguarda, invece, le figure più importanti che mi hanno guidata e sostenuta durante questo periodo, anche per me, di addestramento (!), mi ritroverei ad elencare, davvero, un gran numero di persone.

Per ovvie ragioni, non posso citare tutti, ma posso di certo dimenticare l’importanza che ha avuto il mio affiancamento al mio collega cosentino e Mister Francesco Palermo, il quale, non soltanto mi ha permesso di assistere alle sue sessioni, già avviate, ma mi ha anche permesso di poter essere una parte attiva dell’insegnamento, nella cura dello sviluppo dei dettagli delle sue proposte di “allenamento”, ma anche lasciando mi libera di gestire e di proporre le attività che avevo programmato e che ho successivamente descritto nel mio lavoro di tesi.

In secondo luogo, vorrei ringraziare delle figure “secondarie”, ma che mi hanno permesso di inserirmi al meglio in un mondo quasi prettamente maschile, considerandomi, a tutti gli effetti, come una di loro.

Primo fra tutti, è il Mister Pasquale Bruno, il quale non si è mai stancato di trattenermi qualche ora in più per consigliarmi, al meglio, quali sono le giuste proposte di allenamento da presentare ai bambini e soprattutto quali sono i modi migliori per proporli a loro con estrema semplicità ed efficacia.

La sua presenza è stata per me di fondamentale importanza, almeno quanto quella del Mister Palermo, in quanto, sapere di poter contare su una persona che vanta una grande esperienza in questo ambito, ma  che, soprattutto, ha la voglia e la gioia di condividere insieme a te i segreti più importanti in un “campo” (!!) tanto importante come quello del calcio, credetemi, è un fattore molto importante e decisivo per la riuscita di un raggiungimento consapevole dei livelli di conoscenza che dovrebbero, ma non sono, conosciuti da tutte le persone che si avvalgono del titolo di “allenatore”.

Importante anche la presenza di Mister Prisco, un simpaticissimo allenatore di fama provinciale, che ho scoperto, per una buffa coincidenza, essere un ex collega di mio nonno, e con il quale ho scambiato, piacevolmente alcune opinioni riguardo la tipologia dell’allenamento, sebbene non fosse coinvolto direttamente nella stesura del mio progetto.

Non potrei non citare, ovviamente, anche quella persona che si è occupata di sostenermi, correggermi ed incentivarmi, nella ideazione, stesura e correzione della mia tesi di Laurea. Sto parlando, infatti, del mio relatore: il professore Arnaldo Antonelli, dell’Università degli Studi di Perugia.

E’ stato il tipo di aiuto ideale che, a mio modesto parere, ogni studente, sognerebbe di ricevere per lo sviluppo della propria tesi di Laurea, in un contesto universitario come quello che ha rappresentato la conclusione del mio percorso formativo, nell’ambito universitario, per quanto riguarda il conseguimento del mio primo titolo di studio in questione, e cioè la Laurea in Scienze Motorie e Sportive, presso l’Università degli Studi di Perugia.

Un nuovo team!

Sono entrata, inoltre, a far parte di una nuova rete di comunicazione, in ambito calcistico, la quale mi è stata perlopiù suggerita dal già sopra citato Pasquale Bruno.

Grazie a questa opportunità di comunicare con alcuni dei maggiori esponenti nell’ambito dell’allenamento calcistico, nel contesto italiano, ho avuto modo di integrare molto le mie conoscenze e, soprattutto, di confrontarmi con delle figure professionali che, già da molto tempo prima di me, hanno fatto dell’allenamento nell’ambito calcistico, la propria ragione di vita.

Tra questi, voglio ricordare con molta gratitudine il Mister Giuseppe Avella, di Caserta, il quale mi ha fornito, senza alcuna forma di distacco, tramite e-mail, tute le informazioni necessarie e per me utili, ai fini dell’approfondimento del mio già avviato progetto di avviamento al gioco del calcio.

Ho potuto così constatare i suoi lavori pratici con i bambini, anche attraverso numerosi video che mi illustravano i giochi e le attività ludiche proposte loro, e confrontare la realtà casertana, con quella cosentina.

Un ricordo ed un ringraziamento speciale.

Benché non abbia fino ad ora citato la figura di Gigi Marulla, nell’ultima parte di post dedicata alle figure che mi hanno sostenuta, egli è stato, per me, in assoluto, il principale punto di riferimento del mio progetto ed anche nel mio inserimento nel mondo del calcio.

Mi aveva accolto, infatti, sin dal primo momento, con gioia ed entusiasmo, considerandomi, sin da subito, una del team della Scuola Calcio Marca, non appena gli avevo spiegato le mie motivazioni ed elencato le mie competenze universitarie e qualifiche scolastiche.

Era stato, inoltre, molto contento del mio inserimento nella sua scuola, tanto che ha voluto farmi una foto ed inserirmi sulla bacheca, insieme agli altri Mister e allenatori che lavorano in questa società.

Un aneddoto particolare!

Ricordo, con piacere ed un po’ di malinconia, che è stato proprio lui a venirmi a cercare, un giorno qualsiasi, mentre mi trovavo al centro del campo più grande di calcio che hanno a dosposizionein questa scuola, per farmi misurare la felpadella scuola calcio e farmi, lui stesso, la foto che ha poi deciso di attaccare in bacheca con tanto orgoglio.

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E’ proprio nell’umiltà di questo gesto che mi piace ricordare la grandezza di questa persona, sebbene le sue qualità non si fermino “soltanto” a questo.

La sua scomparsa.

Credo di aver già trasmesso una velata sensazione di malinconia nelle righe precedenti, semplicemente perché, purtroppo, Gigi Marulla è venuto a mancare, prematuramente, nell’estate 2015.

Non nascondo la difficoltà con cui mi accingo a scrivere queste parole e le lacrime che, ancora una volta, scendono dai miei occhi, quando penso a lui e a tutto ciò che è stato, ma soprattutto che è stato per me.

Un punto di riferimento.

Un punto di riferimento, una guida, un “porto sicuro in cui approdare”, la sicurezza di essere accettata in un piccolo e grande mondo composto da soli uomini, seppure molto piccoli d’età, in alcuni casi!

Vorrei, se potessi, ringraziare lui, prima di tutti, nonostante queste righe lo vedano seguire altre persone che ho potuto conoscere soltanto grazie al suo importantissimo “Si, certamente!”.

Credo che sia una di quelle persone che, nella sua semplicità ed umiltà, sapeva trasmettere, anche con poche parole, la grandezza del lavoro che faceva, ma, soprattutto, il suo entusiasmo.

A volte penso di non aver ancora realizzato della sua morte, semplicemente perché mai, come tutti, avrei potuto immaginare che potesse lasciare questo mondo alla precoce età in cui, purtroppo, è stato fermato per via di un infarto.

E’ uno di quei lutti che entra a far parte dell’anima. Non è stata soltanto una morte da dover accettare come tutte le altre, ma una di quelle che lasciano il segno nelle persone che hanno avuto modo di conoscere una persona come lo era Gigi Marulla.

Ciò che ha lasciato.

Il suo ricordo, non è soltanto presente nella scuola calcio che, oramai, ha, degnamente preso il suo nome, ma anche in tutte le cose che ha fatto e che, grazie a lui sono state realizzate.

Non ho mai avuto modo di ascoltare una sola persona che ne abbia ricordato delle negatività e forse è semplicemente perché, insieme a tante altre, era una di quelle persone “imperfette”, come tutti, ma che sapeva amare gli altri, anche e soprattutto, attraverso tutto ciò che faceva.

La mia esperienza.

La mia esperienza mi porta a credere, dentro di me, che io non abbia ancora potuto realizzare realmente la notizia della sua scomparsa, proprio perché era una di quelle persone che faceva parte della mia vita, in forma attiva, ed era una di quelle che farebbe piacere vedere, anche tutti i giorni.

Purtroppo, per me, non ho avuto modo di poterlo salutare un’ultima volta, prima della sua partenza per il mare da dove, ahinoi, non è mai rientrato.

Il suo ultimo insegnamento.

Mi piace pensare, però, che, anche questo, sia uno dei tanti messaggi che Gigi (così come lo chiamano tutte le persone che lo conoscono da vicino o che lo stimano in particolar modo), abbia voluto lasciarci, e cioè che la vita è molto breve, già di per sé, ma, a volte, capita che sia ancora più breve di quanto mai potremmo riuscire a di immaginare e, attraverso la sua morte, è come se volesse quasi insegnarci, o ricordarci, un’ultima cosa, anche nell’andare via, e cioè che, della vita, dobbiamo cogliere ogni istante, ogni momento ed ogni giorno, quasi come se fosse l’ultimo, proprio perché, così come è successo a lui, nulla conosciamo del nostro futuro o di quello degli altri.

Credo che, qualora la mia ipotesi fosse giusta, questo potrebbe essere considerato il più bello e più importante fra gli insegnamenti da lui lasciati, il quale ha, però, richiesto un enorme sacrificio, per poter essere a noi donato.

Grazie Gigi!

Non sarei mai riuscita né a realizzare il mio progetto senza il suo aiuto, né ad inserirmi nel mondo del calcio e né, soprattutto, a realizzare il mio tanto atteso sogno di portare a termine la mia Laurea.

Ecco perché vorrei tanto dirgli “Grazie, Gigi!”, se soltanto potessi farlo!


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