Corfu trip! L'Achilleion e Kanoni
Corfu trip, giorno due
Il programma del secondo giorno era il seguente:
Domenica 15/05:
- 8:00/10:00 - colazione in hotel
- 11:00 - check out
- 12:00 - visita all’Achilleion
- 13:00 - visita a Pontikonisi e Kanoni
- 14:00 - pranzo libero in centro a Corfù
- 16:45 - ritorno al bus
- 17:00 - traghetto per Igoumenitsa.
La mattina del secondo giorno, ci trascinammo di buon ora fuori dalle nostre stanze in direzione della sala per la colazione, dopo aver accuratamente provveduto a dimenticare in stanza almeno il comodissimo asciugamano in microfibra della Decathlon che avevo portato per utilizzarlo come telo spiaggia. Sigh.
La colazione servita all’hotel Fiori è la classica continentale. Aspettammo che gli ultimi zombie riemergessero dalle tenebre, rubammo (rubai) un po’ di cibo per ammortizzare gli attacchi di fame durante il resto della giornata, e provvedemmo al check out.
Saliti sull’autobus, in un’ora arrivammo alla prima tappa della giornata: l’Achilleion.
Che cos’è l’Achilleion?
Achilleion, sala dell'imperatrice Elisabetta
Ci troviamo sulla cima di una verde collina che sorge nei pressi del paesino di Gastouri.
In questa amena location, nell’ultimo decennio del XIX secolo una grandissima personalità costruì una villa che arrivava fino al mare, da dove giungeva via nave due volte l’anno per soggiornarvi: stiamo parlando dell’imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria Elisabetta, detta Sissy.
Il progetto, realizzato da un architetto italiano (Raffaele Carlito) rispecchia lo stile delle domus pompeiane, con un bellissimo giardino vista mare in cui trovano posto statue di divinità, sapienti ed eroi, tra cui il preferito dell’imperatrice, Achille, che per la sua kalokagathìà e, allo stesso tempo, per il destino infelice che pendeva su di lui, fu scelto dalla regina per dare il nome all’intero complesso.
Dopo la morte dell'impetrice e la chiusura per nove anni, la reggia finì nelle mani del Kaiser Guglielmo II, che effettuò lavori e modifiche secondo i suoi gusti, che erano agli antipodi rispetto a quelli di Sissi.
Durante il periodo bellico, la villa divenne prima un ospedale militare, poi un quartier generale delle forze d’occupazione, per passare, infine, nelle mani dello stato greco.
Negli anni ’60 fu concesso ad una società privata, che nei piani superiori costruì il primo casinò in Grecia, nei piani inferiori allestì il museo che vi risiede tutt’oggi.
Negli anni Novanta, infine, la gestione tornò all’Ente Nazionale Greco per il Turismo, che si è occupato di restaurare e valorizzare il complesso, oggi sede di un museo e location per vari tipi di manifestazioni e congressi.
Ci troviamo, dunque, davanti a uno splendido omaggio alla cultura classica, composto da lussureggianti giardini a terrazze, statue in marmo e gesso, affreschi e arredi preziosi, il tutto incorniciato nel magnifico panorama dell’isola.
Devo ammettere che non avevo mai sentito parlare di questo posto, prima di allora, e quando capii che non era un’antica area archeologica dedicata al mio eroe omerico preferito, ammetto che un po' ci rimasi male. Sapete, per un classicista è sempre dura ammettere che sia esistito qualcosa dopo la caduta dell’impero romano…
Le statue di Achille
L'Achille morente di Ernst Gustav Herter
Un particolare simpatico da notare durante la visita del giardino, è nella presenza di due statue rappresentanti l’eroe omerico: cercatele e mettetele a confronto.
Una, posta dall’imperatrice Elisabetta, raffigura l’eore morente, mentre cerca invano di sfilare la freccia mortale che gli ha trafitto il tallone. Fu scolpita da un noto scultore tedesco, professore presso l’Accademia di Berlino, Ernst Gustav Herter. Dicono che sia stata posta posta nella villa in seguito al suicidio del figlio di Sissi, l’arciduca Rodolfo.
Questa statua fu spostata dalla sua posizione originale dal Kaiser Guglielmo II, che la sostituì con una seconda scultura di Achille, che lo raffigura trionfante, in dimensioni superiori a quelle naturali. Si tratta della statua di dimensioni maggiori tra quelle presenti nel corredo scultorio del complesso, e reca un’iscrizione che recita:
“Al più grande dei Greci, dal più grande dei Tedeschi”.
La visita
In questo posto si respira poesia e amore per l’arte.
Il peristilio all’ingresso del palazzo, con il suo pavimento a scacchi e i colori accesi del colonnato, accoglie ed incornicia un gruppo scultoreo che rappresenta le nove Muse, le tre Grazie ed Apollo.
Nella galleria del peristilio, un altro gruppo scultoreo raffigura 13 busti di antichi filosofi, a cui si aggiunge il più moderno, eterno, sempreverde Shakespeare.
Poco più in là, tra le molte statue, è possibile riconoscere varie copie bronzee di capolavori dell’antichità, tra cui i “Corridori” del nostro Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Portico dell'Achilleion con statue delle Muse
Dopo aver visitato i giardini e aver goduto della vista, entrammo a visitare i locali interni.
La ricchezza decorativa tipica delle regge è qualcosa che mi sorprende sempre e allo stesso tempo mi annoia subito: non so spiegarlo, ma la sovrabbondanza, la ricercatezza, questo horror vacui che non lascia spazio alla semplicità e alla purezza dell’intonaco bianco neanche negli angoli più nascosti, mi stanca mentalmente. Dopo un paio di sale ho gli occhi saturi d’oro e stucchi, e gli spazi cominciano a sembrarmi tutti uguali…
Achilleion, scale interne
Ad accogliere i visitatori, innanzitutto, due statue raffigurante la coppia divina Giove-Giunone, insieme a una serie di statue in gesso; sulla destra, un bellissimo ritratto di Sissi.
Salendo le scale del secondo piano abbiamo visto un grande affresco raffigurante il trionfo di Achille su Ettore. Al riguardo, mi è stato raccontato un anneddoto agghiacciante ma curioso: guardando bene Achille, è facile notare che nella prospettiva del carro c’è qualcosa che non va. Ecco, pare che quando l’artista si rese conto dell’errore commesso, si tolse la vita…
Almeno, questo è quello che mi ha raccontato la mia amica Zoe, studentessa d’arte. Vero o no, la storiella dona fascino ulteriore al bel dipinto.
Proseguendo con la visita, accedemmo al piccolo gioiello costituito dalla cappella cattolica di Elisabetta, splendidamente affrescata.
Entrammo poi nella sezione più propriamente adibita a museo, con le sale di Elisabetta e del Kaiser in cui sono esposti vari oggetti che raccontano la loro storia: archivi, documenti storici, ritratti di famiglia, libri, souvenir, fotografie, la collezione di libri e medaglie dell’imperatrice...
Nell’ala sinistra del Museo, è possibile vedere anche alcuni pezzi facenti parte dell’arredo originale della villa.
Kanoni e Pontikonisi
Dopo la visita, un po’ preoccupanti per il tempo che minacciava pioggia, ci affrettammo a ripartire per visitare la vicina Kanoni.
Le ricerche archeologiche hanno portato a ipotizzare che questa località coincidesse con i confini dell’antica Corcira, colonia fondata da Corinto.
Il nome di Kanoni deriva, invece, dai cannoni posti dai francesi durante l’occupazione dell’isola.
Ci fermammo proprio nei pressi dei cannoni francesi, dove un bel bar con terrazzo e un’area con vista panoramica sul mare ci accolsero per riposare.
Kanoni. Al centro a sinistra, s'intravede Pontikonisi, "l'isola del topo"
Mentre io facevo la fila per il bagno con un altro paio di ragazze, la gran parte delle persone scese, a nostra insaputa, lungo il sentiero che porta dritto al litorale di fronte Pontikonisi, letteralmente “l’isola del topo” nome dovuto alla sua forma particolare vista dall'alto.
Secondo alcuni miti, la nave di Odisseo fu trasformata in quest’isoletta per volere di Poseidone, durante il travagliato ritorno dell'eroe omerico.
La piccola isola è collegata alla terraferma da barchette, che nei mesi estivi permettono di avvicinarvisi, ma non di approdarvi. La visita alla cappella bizantina del Cristo Pantocratore, chiesetta dell’ XI o XII secolo che occupa quasi tutta la superficie di Pontikonisi, è permessa solo il 6 agosto, quando si celebra la Trasfigurazione di Cristo ed i pellegrini possono quindi scendere sull’isola ed accedere alla cappella.
Tornate dalla nostra pausa toelette, trovammo la maggior parte dei ragazzi già sull’autobus ma, approfittando del caos, della distrazione dei responsabili e della complicità di uno dei ragazzi della ESN, riuscii a defilarmi per scendere a dare una rapida occhiata a Pontikonisi.
Il sentiero porta dritto al litorale, dove c’è un bar-ristorante con i tavolini sul mare, e una passerella che si sporge nell'acqua collegando un’altra piccola cappella bizantina alla terraferma.
Trovai questo spiazzo, circondato dall’acqua, un po' desolato: era abitato solo da un gatto, due vecchietti di passaggio e questo piccolo edificio bianco un po’ spoglio, ma molto affascinante nella sua semplicità.
Gatto bizantino.
Risalii in fretta il sentiero giusto in tempo per riprendere l’autobus al volo e tornare in città, dove avremmo pranzato prima del traghetto.
Il pranzo
Arrivati nel centro di Corfù, ci dividemmo in gruppi e partimmo alla ricerca di qualche taverna accogliente che potesse darci asilo, riparandoci dalla pioggia ormai imminente.
I ragazzi greci ci guidarono per le viuzze del centro, alla ricerca di un posto che non fosse eccessivamente turistico.
L'accento dei "greci di Corfù"
Finimmo, così, davanti a una taverna strapiena al suo interno, con solo una coppia di signori di mezza età che stavano concludendo il pranzo all’esterno.
I ragazzi si misero a conversare con loro per chiedere come fosse il posto, e infine gli chiesero come mai parlassero così bene greco, visto che, per via del loro accento, era ovvio che fossero stranieri…
In realtà, i greci di Corfù, soprattutto le persone di una certa età, mantengono tuttora un forte accento “italiano”, e fu quello che trasse in inganno i miei amici, greci del “continente" non abituati a questa cadenza.
Su consiglio della gentile coppia, grecissima e nativa di Corfù, mangiammo in quel locale, di cui purtroppo non ho segnato il nome. Eravamo almeno una dozzina e dovettero sistemarci in tavoli separati, ma lì ebbi la possibilità di assaggiare qualche piatto tradizionale che non avevo mai provato fino ad allora.
Dopo pranzo tornammo al meeting point sotto la fortezza di Corfù, che putroppo non riuscimmo a visitare, per mancanza di tempo.
La fortezza di Corfù
ll ritorno
Riprendemmo il traghetto per Igoumenitsa al porto di Corfù, e trascorremmo il tempo della traversata a giocare a Uno (imparando da alcuni ragazzi serbi nuove regole di gioco che non avevo mai sentito fino ad allora) e a farci leggere il destino sentimentale da una esilarante coppia di ragazze greche e dal loro mazzo di carte francesi...
Il resto del viaggio fino a Ioannina fu molto tranquillo, soprattutto perchè eravamo tutti cotti a puntino, e la maggior parte di noi passò il resto del viaggio a dormire.
Arrivammo al campus di Ioannina verso sera, cenammo a mensa e poi dritte a dormire, per riprenderci un po' prima di ricominciare con le lezioni di neogreco e la solita routine, il mattino seguente.
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