Terza tappa: il Kerameikos
Lì dove “tutto” è iniziato
“La parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico è democrazia per il fatto che, nell’amministrazione, esso di qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza”.
Sapevate che nella Costituzione europea, la cui prima bozza fu approvata nel 2003, è citata una frase proveniente dal cosiddetto Epitafio di Pericle?
Si tratta di un brano di Tucidide, in cui lo storico avrebbe riportato più o meno fedelmente il discorso realmente tenuto dallo statista ateniese nel 430 a.C., per onorare i caduti del primo anno della guerra del Peloponneso.
Questo discorso costituisce in realtà un vero e proprio manifesto della democrazia ateniese e, aldilà delle critiche provocate da una traduzione un po’ troppo libera del passo di Tucidide e dalle differenze sostanziali tra la democrazia diretta ed elitaria di Atene e il nostro corrispettivo concetto moderno, la scelta di citarlo sottolinea il legame e il debito che abbiamo verso questa prima esperienza democratica greca.
Vi dico tutto questo per cercare di spiegarvi perché mi era dispiaciuto così tanto di non essere riuscita a visitare, durante il mio primo viaggio ad Atene, la necropoli del Ceramico, in cui il discorso fu realmente pronunciato da Pericle circa sedici secoli fa: prendetemi per la solita matta visionaria, ma sentivo il bisogno romantico di rileggere l’Epitafio di Pericle visitando il Ceramico, e la scelta di tornare ad Atene nonostante le brutte esperienze del primo viaggio era dettata anche da questo pallino fisso.
Queste ed altre, le turbe psicologiche che ti lascia il liceo classico.
Monumento funerario di Dexileos, necropoli del Ceramico
Dal Diethnes al Ceramico
ln realtà, il giorno prima del nostro ritorno a Volos, secondo i nostri piani originali, avremmo dovuto visitare il santuario di Epidauro, che mi ossessionava da quando avevo letto il capitolo dedicato al suo magnifico teatro dai “poteri curativi” in un libro chiamato “In Grecia. Racconti dal mito, dall’arte e dalla memoria”. Gli orari degli autobus, però, non ci venivano affatto incontro, e quindi, a malincuore, dovetti momentaneamente rinunciare ad aggiungere alla mia “raccolta” di teatri il pezzo più prezioso della collezione.
Visto che non eravamo ancora riuscite, nei giorni precedenti, a trovare l’area del Ceramico aperta al pubblico, decidemmo quindi di concederci un po’ di riposo con una visita meno faticosa e più rilassante, dopo giorni trascorsi tra ore in autobus e marce forzate sotto il sole.
Il caso volle, comunque, che l'agenzia del trasporto pubblico ateniese decidesse di indire uno sciopero di tre giorni senza alcun preavviso, costringendoci a intraprendere una divertente passeggiata di mezz’ora per raggiungere il Ceramico.
In realtà, sono felice che sia andata così, perché per evitare di utilizzare i giga della mia scheda Vodafone gratuita, regalatami dall’Università insieme al PASO, mi decisi ad imparare finalmente a leggere le cartine. Non è una cosa da niente, visto il mio scarso senso dell'orientamento. Ad Atene, soprattutto nel centro turistico della città, trovi cartine gratuite della città un po’ dappertutto.
La passeggiata fu curiosa e interessante: non mi ero resa conto fino a quel momento che, per esempio, il nostro hotel si trovava nel quartiere “arabo” della città. Le insegne arabe lasciarono poi il posto a quelle in cinese, man mano che ci avvicinavamo alla nostra meta. Qualche attraversamento stradale non molto semplice e piacevole (credo che più di un tassista ateniese mi abbia mandato a quel paese) e arrivammo finalmente nei pressi del Ceramico.
Lungo uno dei lati dell’area archeologica ricordo delle bellissime opere di street art. Vagammo un po’ nei dintorni alla ricerca del museo del Ceramico, scoprendo solo dopo esserci arrese che in realtà esso si trova all’interno dell’area. È che sulla cartina me lo piazzavano da tutt’altra parte, oh...
Sculture provenienti dall'area del Dipylon, Museo del Ceramico
Il Kerameikos
Celeberrimo tra i classicisti, forse un po’ meno tra i non addetti ai lavori. Rispetto agli altri siti del “circuito archeologico” cittadino, in effetti, c’erano molti meno visitatori, anche forse perché si trova ad essere leggermente distaccato dall’area in cui si trovano tutte le altre aree archeologiche di Atene.
Ci troviamo ai piedi dell’Acropoli, sul lato Nord-Occidentale. L’area prende il nome dal demo di Kerameis, a ridosso delle mura cittadine, che ospitava uno dei quartieri artigianali della città, con le officine dei vasai che utilizzavano le acque e i depositi argillosi del vicino fiume Eridano, oggi visibile solo parzialmente. Immediatamente fuori dalle mura, la più grande necropoli nota in Attica, utilizzata sin dal XII secolo a.C., e fino all’epoca bizantina.
Avete mai letto il Dei sepolcri di Foscolo? Ecco, so che la situazione è completamente diversa, ma stando lì mi è venuta in mente l’immagine di Niccolò Ugo che passeggia, sereno, tra il confortante verde e il ritmo dei segnacoli tutti uguali nei cimiteri inglesi, e l’immagine di me che a Santa Croce, a Firenze, tra i monumenti dei grandi cerco e trovo il cenotafio dedicato a lui, e penso che se fosse vissuto oggi, forse, saremmo diventati amici durante una maratona di Tim Burton.
Kerameikos, cippi funerari
Il Museo del Ceramico
Innanzitutto, come nostro solito, visitammo il Museo, che si trova poco distante dell’ingresso dell’area archeologica, lungo il limite orientale dell'area. Realizzato nel 1937 ed ampliato negli anni Sessanta, nonostante un riallestimento nel 2004 credo porti ancora l’impronta di quegli anni, ma ho trovato la struttura tutto sommato adatta e la visita piacevole: le linee pulite e minimaliste evocano un’atmosfera “classicheggiante” che si armonizza bene con l’area archeologica e i reperti.
Un portico all’aperto inquadra un piccolo giardino quadrato di alberi mediterranei, accogliendo lungo le pareti varie iscrizioni funerarie ed anfore provenienti dalla necropoli.
All’interno, il percorso espositivo segue un ordine cronologico, scandito anche da divisioni tematiche, con un'attenzione ai contesti di ritrovamento.
La struttura si apre su un cortile interno, coperto, che ospita uno dei monumenti funerari più famosi della collezione, il cosiddetto toro di Dioniso Kollytos, uomo che, leggendo l’immagine che ci ha lasciato di sè, ho immaginato solitario e brontolone...
Monumento funerario a forma di toro, dalla tomba di Dioniso Kollytos
La gran parte dei reperti provenienti dall’area della necropoli è quindi accolta in questo piccolo, preziosissimo museo, mentre i restanti pezzi sono conservati e parzialmente esposti presso il vicino Museo Archeologico Nazionale.
I reperti provenienti dalla necropoli sono molto vari, considerato il lasso di tempo che l’uso dell’area copre: dalle prime tombe submicenee ad inumazione e poi ad incinerazione, che utilizzavano grandi vasi (anfore o crateri) come semata (segnacoli), alle stele scolpite di personaggi provenienti dalle famiglie illustri ateniesi, prima in calcare locale e poi in marmo, fino a corredi più standardizzati, figli delle leggi suntuarie della democratica Atene.
È però la ceramica la vera protagonista: dagli scavi di quest’area sono emersi alcuni dei vasi più belli della produzione attica. La grande quantità di reperti ceramici ritrovati permise inoltre di studiare e mettere a punto la storia evolutiva della produzione attica, a partire dal periodo protogeometrico e geometrico.
Menzione particolare va alla cosiddetta Oinochoe del Dipylon, che riporta una delle più precoci testimonianze di utilizzo dell’alfabeto greco.
I corredi funerari rivelano tante sorprese: tra i miei preferiti, i giocattoli, i vasetti “a forma di papera”, i vari oggetti per la toeletta ed il trucco femminile e persino alcuni oggetti curiosi utilizzati forse per “maledire” qualcuno…Dall’archeologia emerge l’umanità in tutto il suo splendore, signori!
Anche i Greci conoscevano le bambole vodoo (scherzo!)
Il sito archeologico
L’area è divisa in due dalle già citate mura poligonali, costruite da Temistocle nel V secolo a.C..
Da uno degli ingressi monumentali di queste mura, la porta detta del “Dipylon”, si dipartiva la via processionale detta Panatenaica, che portava fino all’Acropoli, mentre dalla “Porta Sacra” partiva l’omonima Iera Odos (via Sacra), che conduceva fino al santuario di Eleusi.
Kerameikos, Dipylon
L’area esterna alle nuove mura continuò ad avere destinazione funeraria, con la via Sacra che in epoca classica fu costellata dei monumenti funerari delle famiglie illustri della città, e la via del Dipylon che conduceva, invece, verso il Demosion Sema, il cimitero pubblico in cui gli eroi di guerra e i personaggi più importanti ateniesi furono seppelliti, e dove Pericle avrebbe recitato la sua orazione funeraria. Tra le due porte, il Pompeion, dove avvenivano i preparativi per la processione Panatenaica dedicata alla patrona della città, la dea Atena.
Uscite dal Museo, ci siamo subito trovate a passeggiare in un boschetto di cippi funerari molto suggestivo.
Guidate dalle repliche dei monumenti funerari appena visti nel Museo, ben posizionati sulla mappa del sito che ci avevano dato, andammo subito alla ricerca del Demosion Sema, dove riuscii nel mio intento poetico di leggere il passo di Tucidide, di cui vi lascio un piccolo brano.
La versione completa potete trovarla un po' ovunque. Vi lascio comunque un link e vi consiglio di spendere un po' di tempo nella lettura di questo fantastico pezzo di storia: https://vertereetservare.wordpress.com/2013/02/25/epitafio-di-pericle-per-i-caduti-parte-prima-tucidide/
Kerameikos, Demosion Sema
“…Io, però, le imprese di costoro in guerra, ciò che ciascuna di esse ci ha conquistato, oppure se noi stessi o i nostri padri abbiamo respinto valorosamente un barbaro o un greco che ci attaccava, le lascerò perdere, non volendo dilungarmi in presenza di chi ben le conosce: ora innanzitutto mi accingo a mostrare a partire da quali interessi siamo giunti a questo punto e con quale forma di governo e con quali costumi, grazie ai quali l’impero è divenuto grande, e poi alla lode di costoro, poiché ritengo che in quest’occasione non sia inappropriato dire tali cose e che a questa folla di cittadini e di stranieri possa essere utile ascoltarle.
Viviamo infatti in un sistema di governo che non invidia le leggi dei vicini, ma anzi siamo noi d’esempio per alcuni piuttosto che imitare altri. E il suo nome, a motivo dell’essere amministrata non nell’interesse dei pochi ma dei molti, è democrazia, e secondo le leggi ciascuno ha pari diritti nelle dispute private, e per quanto riguarda la considerazione dei cittadini ognuno, secondo quanto si distingue in qualche campo, nell’amministrare le faccende pubbliche non è stimato per la classe sociale da cui proviene più che per il suo valore, né d’altronde la povertà, se si è in grado di fare qualcosa di buono per la città, è d’ostacolo a causa dell’oscurità del rango. Liberamente governiamo gli interessi pubblici e anche l’ostilità reciproca nell’ambito dei contatti quotidiani, senza adirarci con il vicino se fa qualcosa per il proprio piacere, e senza infliggerci molestie certo non passibili di punizione ma comunque spiacevoli a vedersi. Mentre conviviamo in privato senza offenderci, nelle faccende pubbliche non violiamo le leggi soprattutto per timore, per obbedienza a coloro che di volta in volta reggono il potere e alle leggi, in particolare a quelle che sono stabilite per proteggere le vittime d’ingiustizia e a quelle che, pur non scritte, portano unanime disonore di fronte alla comunità…”
(Tucidide, Storie, II, 36-37)
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