Seconda tappa: Delfi
L’ombelico del mondo (antico)
Delfi è un posto sacro, oggi forse più di ieri.
Quando dall’alto ho lanciato lo sguardo sul teatro del santuario e sulle montagne in cui è incastonato, quasi come un gioiello, mi sono resa conto che un posto così carico di storia, misticismo ed emblematicità non sarebbe potuto esistere in nessun altro posto migliore di quello.
A ripensare a quello che ho provato, da brava solita iperesaltata, durante la visita, mi salgono ancora i lucciconi e mi manca il fiato! La visita a Delfi mi fece riflettere molto sull’esperienza che stavo vivendo e sul percorso di vita che avevo intenzione di intraprendere, e vorrei condividere con voi quello che la me esaltata scriveva un anno fa, ancora in preda ad un attacco acuto di sindrome di Stendhal, pochi giorni dopo essere stata lì:
“Il pezzo di vita che sto trascorrendo qui mi scorre addosso minuto, trasparente e impalpabile come la pioggia.
Delfi è uno di quei posti che mi ha dato la possibilità di assorbire e prendere coscienza della fortuna, della bellezza, della ricchezza che ogni giorno la Grecia mi sta regalando a piene mani: è un paese troppo generoso, proprio come la sua gente.
Seneca diceva che ‘piccola è la porzione di vita che viviamo. Tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo’.
Per un lungo attimo, a Delfi, il tempo si sospende a mezz'aria tra il silenzio e lo spazio aperto, mentre il vento ti prende sottobraccio e ti accompagna tra le montagne e le rovine armoniose: l'oracolo parla.
Fermarsi e prendere totalmente coscienza del qui ed ora è la più grande rivelazione.
L'ovvio ti fulmina e cambia il modo di vedere le cose, anche se solo per un po’: non siamo proprio fatti per vivere così pienamente ogni attimo.
Smemorato, effimero, limitato, ingenuo: sogno di un'ombra, l’uomo.”
Sito archeologico di Delfi, teatro
Ecco, in maniera abbastanza sconnessa ho cercato di spiegarvi perché, secondo me, dovreste assolutamente visitare il santuario più famoso dell’antichità, che siate appassionati di archeologia o meno. Vi auguro una giornata di grandi emozioni e rivelazioni, proprio com’è stata regalata a me.
Da Atene a Delfi
Delfi non è vicinissima ad Atene, ma è abbastanza ben collegata: 5-6 corse giornaliere dirette partono dal Terminal B, la stazione dei bus Liossion che collega la capitale alle città della Grecia centro-settentrionale. L’autobus arriva nel paesino moderno di Delfi, da cui è possibile raggiungere museo e sito archeologico a piedi con una ragionevole passeggiata di pochi minuti, potendo godere, tra l’altro, di una vista meravigliosa sul golfo di Corinto.
Il costo del biglietto, con il solito sconto erasmus del 25%, è di 24,60 andata e ritorno.
La corsa dura circa tre ore, e quindi prendemmo il primo autobus della mattina, alle 7:30, dopo essere riuscite per miracolo a intercettare un autobus urbano che in meno di dieci minuti ci portò nei pressi della stazione (il Diethnes dista un po’ meno di mezz’ora a piedi da Liossion).
Il tempo non era proprio l’ideale per andare in giro a visitare siti archeologici all’aperto, per di più in montagna: guardando il cielo minacciare tempesta ci rendemmo subito conto che lo Zeus Naos del santuario di Dodona aveva evidentemente deciso di inseguirci, con la sua maledizione della pioggia epirota, per tutta la Grecia…Cosa gli avremo mai fatto?!
Per fortuna, l’Apollo delfico è giustamente padrone in casa sua, e decise di concederci la possibilità di vedere quasi tutto senza essere colpite da un fulmine.
Verso Delfi
Il sito archeologico
Generalmente, preferivamo visitare prima i musei e poi i siti archeologici, ma stavolta, terrorizzate all’idea di non riuscire a visitare il santuario, decidemmo di fiondarci sulla visita del santuario, sperando che il temporale ci desse il tempo di vederlo tutto e tornare all’ingresso, prima di scoppiare. Ci dispiaceva doverlo visitare di fretta, ma una volta finito il tour ci saremmo concesse un giro più lungo e rilassato sotto il rassicurante tetto del museo.
Delfi non è un sito semplicissimo da visitare, perchè il santuario si arrampica sull’altopiano meridionale della catena del Parnaso - la casa delle Muse, che erano quindi le dirimpettaie di Apollo, a cui il santuario era dedicato - racchiuso tra due punte rocciose chiamate Fedriadi. La salita, in ogni caso, è resa fattibile dal percorso di visita appositamente realizzato per rendere il sito accessibile a tutti. Ho incontrato maree di coppiette francesi di una certa età che con calma riuscivano ad arrivare fino allo stadio, nella parte più alta del sito.
Delfi, tra serpenti e aquile
Non voglio scendere troppo nel dettaglio sulle tradizioni mitologiche e gli aneddoti connessi alla storia di Delfi, né sulla descrizione del sito, che è molto complesso.
Basti per ora semplicemente ricordare che si tratta dell’oracolo più importante del mondo antico, frequentato non solo da Greci, ma da molte delle genti del Mediterraneo, per un incredibile lasso di tempo (dalle prime testimonianze archeologiche del culto di Apollo, risalenti all’XI secolo, fino alla chiusura del santuario da parte di Teodosio, nel 394 d.C.).
Riscoperto a partire dal 1860 grazie a scavi prima tedeschi e poi francesi, per essere riportato totalmente alla luce fu necessario lo spostamento di un intero villaggio, quello di Kastri, ricostruito appena oltre le montagne; dal 1987, il santuario di Delfi è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Le storie che parlano delle sue origini sono dei grandi classici: le due aquile fatte volare da Zeus per vedere dove fosse il centro del mondo giustificano la scelta di quel luogo, mentre l’uccisione del serpente Pitone, figlio di Gea, da parte di Apollo avrebbe causato la sostituzione dell’antico culto con l’istituzione di un oracolo, incarnato nella figura della Pizia. Il nome di Delfi, tra l’altro, si dovrebbe al fatto che Apollo affidò poi il culto a mercanti cretesi, la cui nave fu portata nel luogo del santuario dal dio stesso, trasformatosi per l’occasione in un delfino, animale divenuto simbolo della città.
Santuario di Delfi, Tempio di Apollo
Insomma, il santuario è talmente famoso e importante che anche i non addetti ai lavori di certo ne hanno sentito parlare, o comunque possono reperire facilmente moltissime altre informazioni al riguardo, soprattutto per quanto riguarda il ruolo storicamente rilevante rivestito dall’istituzione oracolare nei secoli; città sono state fondate, alleanze sono state stipulate, guerre sono state combattute in nome o per il volere dei sacerdoti di Delfi.
La visita
Dopo aver aspettato un po’ in fila (niente al confronto con l’acropoli ateniese, tranquilli), ci avviammo dunque lungo il percorso, lasciandoci guidare dalla cartina sul depliant datoci in biglietteria.
Percorrendo la Via Sacra, a destra e a sinistra vedemmo i resti delle dediche lasciate nei secoli dalle città greche: statue e gruppi scultorei, iscrizioni e soprattutto thesauroi, tempietti realizzati per custodire le donazioni offerte al dio, alcuni dei quali ci erano molto familiari per i continui riferimenti durante i corsi di arte greca, per via delle importanti decorazioni architettoniche che ci hanno restituito: il tesoro dei Sicioni, il tesoro dei Sifni, il tesoro degli Ateniesi…Questi ultimi due, in particolare, sono stati ricostruiti, come anche l’omphalos, la pietra che segnava “l’ombelico”, il centro del mondo, di cui possediamo una versione di età romana conservata in museo, e una più semplice copia moderna nel sito.
Omphalos moderno nel sito e omphalos romano nel museo di Delfi
La Via Sacra conduce fino al fulcro del santuario, costituito dal Tempio di Apollo, quel tempio lungo il quale scorrevano le massime lasciate dai sette sapienti, tra cui, al centro, svettava il celebre aforisma γνῶθι σεαυτόν, “conosci te stesso”, portato poi alla ribalta da Socrate.
Prendetevi un po’ di tempo per ammirare dall’alto le rovine del tempio, e capirete perchè il santuario sia sorto in quel posto del mondo così naturalmente ricco di sacralità e meraviglia.
Passando affianco alla Stoà di Attalo I, il percorso di visita svolta verso il teatro, impedendo di salire più su per vedere la Lesche degli Cnidi, altro nome che risulterà molto familiare agli studiosi di archeologia greca…
Come al solito potrei essere di parte, visto il mio amore per i teatri, ma ho trovato che quello di Delfi sia davvero spettacolare, dal punto di vista architettonico e conservativo. In questa suggestiva location si tenevano le famose competizioni poetiche in onore del dio, nell’ambito dei quadriennali giochi pitici.
Oltre alle gare di poesia, vi erano numerose altre competizioni atletiche svolte nello stadio, posto nel punto più alto del santuario (siamo sui circa 650 metri d’altezza).
Un po’ lontanuccio (considerate che sulla cartina del sito lo stadio non è disegnato, probabilmente non ci entrava!) ma anche solo poter vedere il santuario dall’alto ripaga pienamente la salita. Una volta arrivate lì, comunque, rimanemmo un po’ deluse dal fatto che lo stadio non è visitabile all’interno, ma appena visibile soltanto da fuori.
Riuscimmo a ridiscendere e a raggiungere il museo appena prima che venisse a piovere. Grazie Apollo, per averci graziato!
La tholos fantasma
Se provate a cercare Delfi su internet, la prima immagine che vi uscirà somiglierà probabilmente a questa qui:
Tholos, Temenos di Atena Pronaia, Delfi. Fonte: http://westfalium.de/2014/08/22/der-kiepenkerl-bloggt-die-orakel-von-delphi-und-athen/
Ecco. In realtà, salendo fino in cima allo stadio, rimanemmo deluse anche dal fatto di non essere riuscite a vedere la tholos, un grazioso tempietto circolare la cui funzione non è del tutto chiara, ma la cui bellezza gli ha praticamente valso l’onore di essere diventato il simbolo di Delfi oggi.
A fine giornata, passando in autobus sulla via del ritorno, la intravedemmo dall’alto, distaccata dal sito del santuario. Rileggendo il depliant non è chiaro come ci si arrivi: di certo, non dal percorso del santuario, che esplorammo tutto. Devo dire però che riguardando la cartina oggi, in alto, ho trovato indicati con diversi colori due altre piccole aree archeologiche, evidentemente visitabili singolarmente tramite altri accessi dalla strada principale che porta al paese.
Uno è il sito del ginnasio, con la palestra, le terme e il Xystos, nei pressi del quale dovrebbe poter essere visitabile anche la sorgente Castalia, la fonte sacra di Delfi in cui la Pizia, i sacerdoti e chiunque volesse consultare l'oracolo (i cosiddetti theopropoi) dovevano purificarsi. L’altro è il temenos di Atena Pronaia, con i due templi dedicati alla dea e la famosa tholos di cui vi dicevo.
Credo che a piedi, se avessimo avuto tempo, modo e cognizione, avremmo potuto visitarla senza grossi problemi… Diciamo che probabilmente la pioggia, la fame e la mia incapacità di leggere le cartine ci impedirono di mettere a fuoco meglio la situazione!
Il Museo di Delfi
A metà strada tra sito archeologico e il paese, il museo accoglie il visitatore con una struttura moderna che sembra imitare, nello stile, le mura classiche. Si tratta di un museo piccolo, ma con tutte le carte in regola: caffetteria, gift shop, e soprattutto un allestimento forse non particolarmente aggiornato dal punto di vista delle nuove tecnologie, ma comunque molto suggestivo e perfettamente adatto, almeno secondo me, a presentare e valorizzare la preziosissima collezione di reperti provenienti dal santuario. Giù in galleria trovate varie fotografie.
Il famoso "auriga di Delfi"
La collezione è costituita principalmente da piccole offerte votive, statuaria e decorazioni architettoniche, suddivise in sale dedicate a determinati periodi di vita del santuario, a precisi contesti di ritrovamento oppure a singoli reperti particolarmente importanti. Seguendo l’ordine cronologico, troviamo:
- sala dedicata alle origini del santuario e alle prime offerte votive, databili dall’epoca micenea al geometrico (tripodi, figurine animali e umane, gioielli, armi, nonché un kouros dedalico)
- sala dedicata alla statuaria e ai thesauroi databili al primo periodo arcaico (con i due kouroi noti come Kleobi e Biton, le metope del Tesoro dei Sicioni, le decorazioni architettoniche di vari thesauroi)
- sala dedicata allo spettacolare ritrovamento, in stipi votive lungo la Via Sacra, del toro d’argento e di frammenti di statue crisoelefantine
- sala dedicata al Tesoro dei Sifni (qui è presente anche la Sfinge dei Nassi e vari kouroi e korai)
- sala dedicata al Tempio di Apollo, con gli arredi architettonici delle tre fasi costruttive
- sala dedicata al Tesoro degli Ateniesi
- sala dedicata alle donazioni risalenti al V secolo a.C. (varie sculture provenienti dal santuario di Atena Pronaia, statuette bronzee, resti di grande statuaria in bronzo, decorazioni in terracotta dal tempio di Atena Pronaia e dalla Lesche degli Cnidi)
- sala dedicata alla Tholos
- sala dedicata alle donazioni di epoca classica ed ellenistica, principalmente statuaria
- sala dedicata alle sculture di epoca romana (tra cui uno splendido ritratto di Antinoo e “il melanconico romano”, probabilmente un ritratto di Tito Quinzio Flaminino)
- sala dedicata al celeberrimo Auriga di Delfi, esempio rarissimo di grande statuaria in bronzo, dedicato da Polizelo, tiranno di Gela, per la sua vittoria nei giochi PItici
- sala dedicata alla fase finale di vita del santuario (con stele, ritratti di romani, iscrizioni di proconsoli).
Anche solo la presenza di pezzi famosissimi come l’auriga di Delfi sono una motivazione più che sufficiente per visitare il museo. Prima di andare a Delfi, poi, non sapevo che ci fossero pervenute testimonianze di statue crisoelefantine, perdipiù così notevoli dal punto di vista stilistico e conservativo come quelle ritrovate a Delfi!
Frammenti di statue crisoelefantine, Museo di Delfi
Da Delfi ad Atene
Diversamente dalle nostre previsioni, ci era rimasto un po’ di tempo per pranzare e fare un giro in paese prima di prendere l’autobus del ritorno alle 15:30, riuscendo ad evitare di dover prendere l’ultima corsa del giorno, alle 18:15.
Delfi è un villaggio piccolo e moderno, ma grazioso, con casette, negozietti di souvenir e ristoranti disposti su due strade principali.
Ci fermammo nella taverna il cui menù fisso ci sembrava più conveniente, mangiando una curiosa versione vegetariana di moussaka, la solita koriatiki (l’insalata greca) e yogurt con miele come dessert. Un appunto curioso: il prezzo fu abbastanza ragionevole, ma per la prima volta da quando eravamo in Grecia pagammo coperto e pane. Mi è rimasto impresso perché non c’era mai capitato neanche nei ristoranti di Plaka ad Atene, fino ad allora, e da lì capimmo che Delfi è molto abituata al turismo internazionale, nonostante la poca affluenza che trovammo quel giorno.
Taverna nel villaggio di Delfi
Per sapere dove riprendere l’autobus per tornare vi conviene chiedere in paese, perchè Delfi non ha una vera e propria stazione, ma solo una specie di bar davanti a cui, in maniera abbastanza anonima e poco visibile, è indicata la possibilità di acquistare i biglietti per l’autobus.
Ricordo che per questo motivo cademmo in un attimo di panico, soprattutto perchè gli orari datici non erano aggiornati e la corsa delle 15:30 era stata spostata alle 16, ma una volta arrivato l’autobus, chiarito tutto, ci tranquillizzammo e tornammo sane e salve ad Atene.
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