Atene, la grande oliva - giorno quattro

Maratona tra le rovine

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Stoà di Attalo, antica agorà di Atene

L’ultimo giorno ero davvero, davvero dispiaciuta per non essere riuscita a trovare il tempo di fare tutto che avrei voluto: incontrare Marina Abramovich al Pireo, andare a vedere Capo Sunio al tramonto, leggere quel discorso di Pericle nell’angolo del Ceramico, dove centinaia di anni fa era stato declamato per la prima volta, visitare alcune delle zone più belle e chic di Atene, un po’ distanti dalla nostra area, di cui avevo letto sulla rivista Greece is, che mi era stato data all’ufficio informazioni nei pressi del Santuario di Dioniso, e soprattutto andare a vedere le varie opere di street art sparse per la città, in particolare nel quartiere Exarchia, un’area della città molto “sui generis”, scelta come quartier generale dagli studenti per dare vita a ogni fenomeno di protesta. Avevo visto delle fotografie bellissime scattate nell’ambito di un workshop di fotografia sociale tenuto dal fotoreporter Giulio Di Meo, volto ad esaminare proprio quest’area, che mi aveva quindi affascinato tantissimo. Tra l’altro avevo iniziato a sviluppare proprio in quel periodo una curiosità quasi morbosa verso i graffiti e devo dire che in Grecia, non solo ad Atene, ma anche a Salonicco, ne ho visti e fotografati alcuni che erano vere e proprie opere d’arte. Un paese che non smette mai di sorprendere! 

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Salonicco, street art

In ogni caso, ciò che ci premeva di più era riuscire a visitare tutte le aree archeologiche che restavano aperte fino alle tre del pomeriggio e che avevamo deciso di lasciarci, vista la loro relativa vicinanza dall’ostello e la concentrazione nella stessa area, tutte per quella mattinata. Generalmente non amo fare mille corse e vedere superficialmente le cose, perchè detesto sentirmi una turista frettolosa, ma considerato che avevamo il biglietto gratis per entrare in tutti quei posti, e non sapevamo se saremmo tornate, valeva la pena fare un ultimo sforzo per cercare di sfruttare appieno i vantaggi del PASO, di cui avremmo potuto usufruire fino ad Agosto. Avevamo ancora tantissimi posti della Grecia da visitare e il tempo e i fondi erano limitati. In più, quei giorni ci avevano lasciato sentimenti molto contrastanti verso la città, e il peggio ci aspettava ancora nel pomeriggio, quindi non immaginavamo certo che saremmo tornate in poche settimane per approfondire la conoscenza della città e fare pace con i suoi aspetti più spigolosi…

Lasciamo, quindi, le valigie nel cortile con la cucina in comune dove avevamo fatto colazione, consegniamo le chiavi e ci buttiamo a capofitto fuori, dove ci aspetta una giornatina grigia e afosa che di certo non migliora il nostro umore. Per fortuna, Atene aveva ancora tantissimo in serbo per noi e ci ha regalato una mattinata incredibile.

Il Tempio di Zeus Olimpio

Il primo obiettivo è stato il tempio di Zeus Olimpio, che era praticamente a due passi dall’ostello, di fronte l’arco di Adriano. Sarebbe stato assurdo andarcene senza averlo visitato, pur avendolo così vicino! 

Nel sito ci è stato possibile vedere resti di terme romane, abitazioni, mura e fortificazioni e, soprattutto, templi. Infatti, sebbene l’area archeologica visitabile sia più ampia, il suo fulcro è, ovviamente, il tempio di Zeus, di cui restano poche colonne e le fondazioni

Le colonne crollate, con i conci ordinatamente collocati in fila sul terreno come delle strane fette di banana, sono buffe e leggere e allo stesso tempo imponenti e grevi. Pare che una delle colonne crollate sia stata colpita da un fulmine alla metà del XIX secolo: Zeus era forse adirato per essere stato messo da parte e dimenticato?

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Tempio di Zeus Olimpio

Basta avvicinarsi per rendersi conto della grandezza dei singoli pezzi e immaginare l’effetto che il tempio doveva avere su cittadini, pellegrini, liberi o schiavi, donne e uomini.

Sebbene le sue origini siano da ricollocarsi all’età dei Pisistratidi (VI secolo a.C.), il suo completamento (II secolo d.C.) si deve a qualcuno più vicino a noi: Adriano, grandissimo estimatore della cultura greca, vi mise mano rendendolo uno dei più grandi templi greci dell’epoca romana.

A due passi dal tempio, l’arco di Adriano rappresenta una porta simbolica della città, resa con uno stile misto e curioso, e quando la studiammo all’università restai affascinata soprattutto dalle iscrizioni che esso riporta: da un lato, quello rivolto verso l’Acropoli e la città vecchia, l’architrave riporta la dicitura: “Questa è Atene, la città di Teseo”; l’altro lato, invece, collocato verso il santuario e i nuovi quartieri aggiunti dall’imperatore, riporta la dedica: “Questa è la città di Adriano, e non di Teseo”. Che tipetto simpatico, il nostro Adriano! Un messaggio di certo molto eloquente da cui vi lascio trarre le vostre riflessioni e conclusioni.

La biblioteca di Adriano

Ad Adriano si deve non solo il santuario e i nuovi quartieri realizzati intorno ad esso, ma tutta una serie di altri interventi nella città. La biblioteca di Adriano, in particolare, si trova nei pressi dell’agorà romana, il cui sito archeologico, con la bellissima “Torre dei venti”, era purtroppo chiuso per restauri e il cartello che ne indicava lo stato non riportava una data di riapertura. Quando ci siamo tornate settimane dopo, era ancora in quello stato. Non so se attualmente i lavori si siano conclusi o meno, ma spero di poterla visitare un giorno.

Considerata l’elevata cultura del nostro imperatore, questo posto doveva essere splendido quando fu realizzato, nella prima metà del II secolo d.C.. Purtroppo tutte le cose belle durano poco: nel III secolo d.C. fu distrutto durante l’invasione degli Eruli, e oggi resta, a testimoniarne l’antico prestigio, una parte della maestosa facciata con le sue colonne, e poco altro.

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Biblioteca di Adriano

Nel sito archeologico è possibile vedere come questo sito fu riutilizzato, rimodellato, rifunzionalizzato durante tutta la vita della città, con una stratificazione di chiese cristiane ed edifici ottomani che testimoniano l’importanza rivestita dal luogo nelle varie epoche. 

L’antica agorà

Best for last. Ultima ma non ultima, l’antica agorà ci ha preso alla sprovvista con la sua vastissima area e la ricchezza del percorso che questo sito archeologico offre al visitatore coraggioso.

Se volete visitarle per bene, vi consiglio di dedicarvi almeno mezza mattinata, e procurarvi una cartina del sito per orientarvi meglio, perchè i cartelli non ci hanno sempre aiutato. 

Prima dell’ingresso, date un occhio anche a quelle parti, non visitabili da vicino, che sono state scavate, forse in occasione di lavori urbani; ce sono varie, indicate da cartelli esplicativi e sparse nella zona intorno all’agorà. Una di queste aree recintate si trova di fianco ai binari che scorrono accanto all’area archeologica, inquinando la visione splendida dell’imponente Stoà di Attalo che, ahimè, non è un miracolo della conservazione, ma un artificiosa ricostruzione risalente alla metà dello scorso secolo, ad opera della Scuola americana di studi classici di Atene. 

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Stoà di Attalo, vista dall'esterno del sito archeologico dell'antica agorà

All’interno di questa comunque meravigliosa struttura porticata, dono del re di Pergamo Attalo II (II secolo a.C.) è ospitato un piccolo gioiello di museo che espone i reperti provenienti dall’agorà.

Ecco, considerato lo stato di conservazione dell’area e la complessa situazione archeologica, per capire e apprezzare meglio ciò che vedrete vi consiglio di vistare innanzitutto il museo, per meglio contestualizzare gli stessi reperti che vedrete, e ricollegarvi ad essi quando vedrete ciò che resta degli edifici pubblici dove i grandi politici ateniesi fecero una parte importante della storia della civiltà occidentale. 

Vedere, ad esempio, gli strumenti utilizzati per il sistema di votazione alla base della “democrazia” ateniese, oppure gli ostraka, i cocci su cui troviamo incisi i nomi di figure storiche che nei libri di storia sembrano evanescenti e irreali come quelle degli eroi della mitologia, per me è stata un’esperienza quasi mistica. M’immagino il “grillino” ateniese di turno scrivere rabbioso e soddisfatto il nome di Cimone sull’ostrakon, con mano fremente ma decisa, mentre si prefigura un futuro radioso e più lucroso per sè e il suo gruppo politico...

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Museo dell'agorà, ostraka con nomi di politici ateniesi famosi (Cimone, Milziade, Aristide, Pericle...)

Usciti di lì, vi aspettano i resti di edifici pubblici, monumenti, templi, fontane e tanto altro: tocca a voi esplorare e scoprire. Vi lascio una breve lista, solo per aiutarvi a figurare cosa vi aspetta, magari calcolando i tempi di visita da dedicare alle varie parti del sito, anche perchè dalla parte esattamente opposta del sito archeologico, su un’altura che dalla stoà sembra lontana lontana, vi aspetta lo spettacolare gioiellino costituito dal Tempio di Efesto, che è assolutamente un must da visitare. Ecco la lista dei monumenti principali:

  • Peristilio
  • Zecca
  • Enneakrounos
  • Stoà meridionale
  • Eliea
  • Strategeion
  • Colonos Agoraios
  • Tholos
  • Pietra dell'Agorà
  • Monumento degli eroi eponimi
  • Metroon (antico bouleuterion)
  • Nuovo Bouleuterion
  • Tempio di Efesto (Hephaestion)
  • Tempio di Apollo Patroos
  • Stoà di Zeus
  • Altare dei Dodici Dei
  • Stoà reale
  • Tempio di Afrodite Urania
  • Stoà di Hermes
  • Stoà Pecile.

Una chicca da sottolineare è la presenza, non solo in tutti i siti ateniesi che ho potuto visitare quel giorno, ma anche altrove in giro per la Grecia, di adorabili tartarughe di terra che passeggiano tranquille tra le rovine. Queste placidi abitatrici sono un po’ timide e si mimetizzano bene, ma se aguzzate la vista sono certa che le vedrete un po' ovunque. Cercate di non spaventarle però… Alla biblioteca di Adriano mi è capitato che una, cercando di sfuggire alle moleste attenzioni della mia macchina fotografica, finisse per restare incastrata tra le rovine, e non ho avuto pace fino a che non mi sono assicurata che potesse uscire e muoversi! 

Pranzo vista acropoli

Nei giorni precedenti, passeggiando lungo la via che costeggia i binari di fianco al sito dell’antica agorà, ci era capitato di incrociare il più molesto tra i ristoratori che, avendo imparato a riconoscere le varie nazionalità dei turisti con uno sguardo e avendo memorizzato qualche frase a effetto in ogni lingua per invitarli ad entrare nel suo locale, ormai ci conosceva bene e ogni volta che ci vedeva rinnovava la sua proposta ricordandoci che, per zittirlo, gli avevamo promesso di passare, almeno una volta.

Avevamo un po’ di tempo libero prima di doverci incamminare verso la stazione degli autobus, ma non avendo voglia nè forza di cercare altrove, ci siamo subito incamminate alla volta di questo ristorante. Ho creduto giusto, viste tutte le rotture che ci aveva regalato il signore, chiedergli di farci apparecchiare un tavolo per due sul terrazzo del ristorante, che vantava una vista mozzafiato sull’acropoli.

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Terrazza di un ristorante di Monastiraki, con vista sull'acropoli

Il tempo non era granchè, e la vista neanche, ma abbiamo sorprendentemente mangiato molto molto bene, con tanto di acqua, dolce e pane con patè di olive in omaggio, nonostante ci aspettassimo un posto caro e turistico. Oltre ai soliti piatti di carne, abbiamo assaggiato l’insalata e delle polpette di melanzane niente male. Purtroppo non ricordo il nome del locale, ma sono certa che sia facile riconoscere il ristorante appena ne incontrerete il proprietario! 

Il viaggio di ritorno

Dopo il pranzetto niente male, si era fatta ora di salutare Atene. Recuperiamo le nostre pesanti valigie e le trasciniamo verso la fermata della metropolitana di Syntagma, per dirigerci verso Omonia. Io avevo solo la valigia media che mi ero portata a Ioannina all’inizio dell’Erasmus, ma l’avevo un po’ sovraccaricata con tante cianfrusaglie e abiti estivi, arrivando a farla pesare anche più del dovuto (23 kg, ma per fortuna all’aeroporto Easyjet non mi aveva creato problemi). Vi lascio immaginare quindi le scenette tragicomiche di quella traversata.

Arrivate alla stazione metro di Omonia eravamo sudatissime, stanche e in evidente difficoltà, abbiamo avuto qualche problemino con le scale mobili e abbiamo assistito a un tentativo di furto, ma l’importante è che nessuno si sia fatto male e che, alla fine, siamo riuscite ad arrivare alla piazza, appellandoci ancora una volta alla gentilezza dell’uomo del periptero per sapere dove fosse la fermata autobus per Kifissou. A quel punto, di Atene non ne potevamo davvero più.

Convincere i bigliettai del mio stato di studentessa erasmus era stato molto più difficile del solito quel giorno, e avevo paura che non avrei trovato posto in autobus. 

Arrivate alla stazione, tra l’altro in ritardo rispetto alla mezz’ora di anticipo richiesta per poter prenotare i biglietti, riesco nel miracolo di spiegare la situazione all’addetto della KTEL di Ioannina, che parlava, tra l’altro, soltanto greco, e non capiva neanche una parola d’inglese. Dopo aver afferrato la situazione e controllato che il biglietto di andata per Atene, comprato prima di Pasqua, avesse ricevuto il 25% di sconto, su mio suggerimento l'addetto ha fatto una telefonata direttamente a Ioannina, grazie alla quale, finalmente, si è totalmente della mia sincerità.

Facciamo il biglietto e partiamo. Il viaggio di ritorno, notturno, lungo circa sette ore, è stato orribile.

Lo ricordo come un inferno. Sarà stata l’agitazione della giornata. Ho in mente ancora perfino l’espressione del gatto di Satana incontrato all’autogrill dove ci siamo fermati a mangiare, un gattaccio senza un occhio che aveva provato a puntare la pita che avevamo comprato per cena…

Arrivate di mattina presto a Ioannina, però, dopo uno sguardo alle montagne dalla finestra della mia stanza e dopo un sonno ristoratore, abbiamo fatto presto pace con il mondo, pronte per una nuova avventura.


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