La sistemazione
Ripensando ora ai primi giorni devo ammettere che non fu tutto rose e fiori, anzi le difficoltà non mancarono! Se da una parte l’accoglienza da parte dell’Università e dei gruppi specializzati all’accoglienza Erasmus fu ottima, dall’altro era inevitabile sentire già l’incombenza della distanza da casa sin dalla prima notte.
Dopo la lunghissima giornata di arrivo, dopo aver sbrigato le prime burocrazie iniziali ed aver partecipato all’incontro, finalmente si arriva nella nostra nuova “casa”, se così effettivamente si poteva definire. L’appartamento consisteva di una stanza di 12 mt2 che fungeva da camera da letto/cucina/sala da pranzo/ salotto, con un’unica scrivania/tavolo da cucina, più un mini bagno attaccato alla porta di ingresso.
Non appena entrai ebbi un attimo di claustrofobia, abituata ai grandi spazi di casa mia, il solo pensiero di dover passare 6 mesi in quella stanza mi fece andare nel panico.
In aggiunta la stanza era spoglia di ogni tipo di decoro, di utensili da cucina, e quant’altro, bisognava procurare tutto, dalla scopa, alla forchetta, e bisognava farlo in fretta, erano già le 7 e in un’ora i negozi avrebbero chiuso.
Posai velocemente i bagagli e partii alla ricerca del necessario, non sapendo bene dove recarmi, inizia a sondare la zona vicino al dormitorio, e proprio lì accanto trovai due supermercati.
Trauma numero 1: Supermercato.
Entrai all’Aldi in cerca di macine e pan di stelle per la mattina successiva e per un po’ di prosciutto fresco per la sera. Niente di tutto ciò, presi la prima cosa che capitava e pensai alle cose più importanti: attrezzi per pulire, piatti e posate. La sfiga volle che il supermercato si trovasse momentaneamente a corto di tutto ciò, cosi dovetti accontentarmi delle posate per bimbi e della mini scopa.
Stanca, amareggiata, corsi in casa per pulire e disfare la valigia.
Tutto cominciava a farsi più nero, non avevo trovato un coltello decente con cui tagliare il pane, né una scopa né uno straccio per pulire, non avevo ancora una connessione internet per mettermi in contatto con la mia famiglia, dovevo disfare la valigia, ero stanca, avevo sonno, ed ero sola.
Mi prese un attimo di depressione, me ne volevo tornare in Italia, <<se questo è l’inizio, andiamo proprio bene>> pensai.
Cercai di pulire in qualche modo la stanza, dopo un po’ la stanchezza ebbe la meglio, così mi addormentai con le valigie ancora piene e un po’ di roba sparsa nella stanza. Andrà meglio domani, vedrai.
La mattina seguente mi decisi a trovare tutto l’occorrente per riempire quella stanza, contattai la tutor che mi era stata affidata e chiesi aiuto a lei.
La prima settimana andò avanti cosi, tra scartoffie burocratiche e giri ai supermercati. La mole di documenti necessari sembrava infinita: assicurazione sanitaria, apertura del conto bancario, iscrizione presso l’ufficio relazioni internazionali, abbonamento ai mezzi di trasporto, appuntamento con il padrone di casa per il contratto, di tutto e di più. Non fu una settimana facile, in più iniziavo a sentire un po’ di nostalgia di casa, mi mancavano quelle piccole cose che normalmente si ignorano, e che cominciavo a rivalutare.
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