Un vagabondo con la chitarra: Stu Larsen in concerto.

Pubblicato da flag-it Rossana Forlano — 7 anni fa

Blog: Frammenti dal mondo
Tags: Generale

E' ormai passato più di un mese da quando ho visto Stu Larsen esibirsi dal vivo. E' stata la prima sera che ho passato fuori casa a Colonia, il primo concerto da quando sono arrivata in Germania e non esagero a definirla una serata sopra le righe, particolare, magica.

Un vagabondo con la chitarra: Stu Larsen in concerto.

(Source photo)

Il Luxor.

Il live si è tenuto al Luxor. Da quanto ho potuto capire, il Luxor è un locale che propone delle serate con degli artisti che si esibiscono live, per lo più in acustico. E' molto intimo ed accogliente e si trova a pochi passi dalla fermata Eifelwall o in alternativa da Barbarossaplatz. Ha un piccolo palco in fondo alla sala principale, un lungo bancone sulla parete sinistra e vari divanetti su cui sedersi. L'atmosfera che si crea con le luci abbassate ed i faretti puntati sul palco impone raccoglimento, dà un'aria notturna al locale.

Riguardo al comportamento delle persone lì presenti, devo dire che sono rimasta oltremodo sorpresa dalla loro attenzione, dalle loro reazioni a ciò che stava succedendo: non mi sarei mai aspettata di vedere un pubblico così silenzioso ed interessato, che cantava a bassa voce le canzoni conosciute per evitare di coprire la voce del cantante. Inoltre presentavano tutti una buona conoscenza dell'inglese per cui quando Stu Larsen si fermava a raccontare aneddoti, il pubblico era partecipe.

Dall'Australia alla Germania: un vagabondo di nome Stu Larsen.

Stu è un artista australiano e nel momento in cui scrivo ha 26 anni. Ho cominciato ad ascoltarlo quasi per caso su Spotify e mi sono innamorata dei suoi testi e delle sue melodie semplici ma coinvolgenti

Un vagabondo con la chitarra: Stu Larsen in concerto.

(Source photo)

Il suo concerto è stato aperto da un ragazzo inglese, un artista inglese di nome Jed Appleton, la cui carica e i cui racconti hanno riscaldato l'audience. Definirei il suo modo di suonare la chitarra e di cantare "aggressivo". A tratti alcune canzoni erano divertenti, ma per lo più suggerivano una certa tristezza per quello che raccontavano.

Meglio live che in studio.

Se avevo un'aspettativa della voce di Stu Larsen, appena ha cominciato a cantare, sono rimasta sorpresa. Penso che il suo timbro vocale renda meglio dal vivo che nelle registrazioni in studio. Stu ha una voce matura, calda, piena di sfumature, che nelle tracce audio non viene a mio parere catturata.

Sul palco c'erano solo lui e la sua chitarra che occasionalmente cambiava: tutto ciò ha creato un senso di intimità fra pubblico ed artista. Sembrava di trovarsi nel salotto di casa, davanti al fuoco mentre tutti insieme si cantava. 

Un vagabondo con la chitarra: Stu Larsen in concerto.

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Fondamentalmente le canzoni scelte provenivano dal nuovo album "Resolute", ma non sono mancati altri vecchi pezzi come "Thirteen Sad Farewells", "This Train" o "Music is my Mistress".

La cosa più bella dell'essere stati in pochi (penso ci fossero circa 80 persone) ad ascoltare l'artista è che lui ha avuto la possibilità di interagire con i presenti quasi direttamente. Ha raccontato la storia reale a cui molti brani erano ispirati, si è divertito facendo battute o ha potuto chiedere a noi cosa volessimo ascoltare. 

Ad esempio "Aeroplanes" era dedicata ad una coppia (lei tedesca, lui inglese) che si incontrava a metà strada poiché la ragazza aveva paura dell'aereo e viaggiava solo in treno. Oppure "Chicago Song" è dedicata non ad una ragazza bensì... ad una chitarra acquistata a Chicago! 

Un vagabondo con la chitarra: Stu Larsen in concerto.

Le tematiche fondamentali che Stu affronta e riesce ad affrontare con delicatezza e dolcezza sono: l'amore (soprattutto quello di coppia e, aggiungerei, finito male), il viaggio, il legame con casa e il voler girare al mondo, la musica come compagna di vita. Il suono della sua chitarra non si spezza: si tratta quasi sempre di melodie continue e molto semplici. L'impressione generale che si ha nell'ascoltarlo è che una certa dose di tristezza pervada tutta la sua opera: si avverte il rapporto amore-odio per l'Australia, si avverte che la scelta di viaggiare e non fermarsi mai in un luogo per tanto tempo non è così semplice da seguire. "Going back to Bowenville" è il brano più esplicativo di quanto ho detto.

Il momento di più alta intensità è stato quando Stu ha suonato "San Francisco": visibilmente commosso da tutti noi che cantavamo insieme a lui, ci chiedeva visibilmente commosso 'again', suonando ancora e ancora il ritornello. 

Dopo che i suoi capelli biondi e lunghi si sono impigliati più e più volte nelle chiavette delle chitarre e dopo un duetto con Jed Appleton, Stu Larsen ci ha deliziati con un altro paio di canzoni in cui ha suonato anche l'armonica a bocca. E se n'è andato.

Come tutti i vagabondi che si rispettino, dopo tutto, era ora di riprendere il viaggio.


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