Un anno in Danimarca tra Università, Lavoro & Tempo Libero.
In Danimarca ci sono arrivato senza sapere la lingua, traducendo ogni minimo documento dal danese all’inglese con google traduttore. Ci sono arrivato con un sorriso sulla faccia nonostante ho sudato venti camicie per riuscire durante il processo di iscrizione, che è durato mesi, da quando ho mandato la domanda a quando me la hanno accettata e ho quindi potuto cominciare a cercare un appartamento.
Un monolocale bicolore.
Ma qui comincia il bello perché l’iscrizione in confronto è stata una passeggiata. Qui ho dovuto davvero tradurre fogli su fogli, ho dovuto aprire un conto bancario per fare il pagamento di deposito, un pagamento che non voleva arrivare al destinatario. Non una buona cosa, perché dovevo farlo per forza online in quanto io mi trovavo in Calabria, era Agosto, e la sede più sud della mia banca si trova a Roma. Già potete vedere quanto male le cose stavano andando, ma nonostante ciò il venticinque dello stesso mese sono partito, ho preso il pullman e sono arrivato a destinazione, dove due ragazzi mi aspettavano per scortarmi a casa. Entro nell’appartamento bianco e vuoto, nel quale le nostre voci rimbombavano. Poi ho fatto un giro di perlustrazione del centro, che è durato tipo mezz’oretta e poi sono andato dalle varie persone da cui avevo comprato della roba per ritirarla, portarla a casa e sistemarla. Ancora non potevo decidere come sarebbero state le cose perché il mio coinquilino sarebbe arrivato con la sua roba il giovedì, tre giorni dopo. E’ stato abbastanza divertente perché quasi tutta la mia roba, tipo coperte e armadio, erano blu mentre quelle dell’altro ragazzo erano tutte marroni, tipo coperte e scrivania. Era impossibile non capire di chi fosse una cosa perché sembrava fatto quasi apposta che tutti e due avessimo due colori diversi.
Una Warehouse come seconda casa.
Durante il corso dei mesi ho cominciato a studiare danese perché volevo conoscere gente nuova, tenermi impegnato e soprattutto imparare qualche parola della lingua, non volevo essere pigro soltanto perché in Danimarca si parla anche inglese, volevo un po’ provarci, almeno per capire cosa compravo quando andavo a fare la spesa senza il bisogno di dover usare un dizionario offline sul cellulare. Per varie cose alla fine ho lasciato il corso, che mi sono scordato di dire che era gratuito ed offerto dal comune. Una delle ragioni è stata il lavoro che è quasi diventato la priorità addirittura quasi al di sopra degli studi stessi, visto che senza soldi non avrei potuto sopravvivere (non fa una piega).
Capisco benissimo che fare il magazziniere non sia nei sogni di nessuno, ma se vi dicessi che prendevo quattordici euro all’ora cambiereste idea?
In alcune circostanze mi sarei voluto picchiare da solo perché uscire di casa alle cinque di mattina d’inverno in Danimarca non è divertente. Primo perché è buio, secondo perché è nebbioso, terzo perché fa un freddo cane. Il primo giorno sono salito sull’autobus e mi sono tenuto stretto il telefono mentre cercavo di capire dove dovevo scendere. Ho chiesto al conducente alla fine di dirmi quando ci sarebbe passato perché io non lo capivo. Mi ha risposto con estrema velocità che lo avrebbe fatto e quindi mi sono sbagliato. “Mai fidarsi di nessuno” vale anche in questo caso, e sì perché il conducente mi ha semplicemente scaricato appena ha visto che ero l’ultimo rimasto sul bus. “E’ sicuro che sono dove devo essere?” “Eh non ho gli occhiali ma penso che sia qui” Non hai gli occhiali? Stai guidando un veicolo pubblico con la nebbia. Vabbè, sono sceso dall’autobus e ho cominciato a guardarmi intorno. Nulla, non un palo della luce, non una macchina e nel frattempo si stavano facendo le sei, mentre io già dovevo essere al magazzino. Mi sono messo a fare l’autostop anche se non ci speravo molto perché passa una macchina al minuto. Alla fine un’anima pia si è fermata e fortunatamente il figlio aveva lavorato li in passato e quindi sapeva dove dovevo andare. Ho cercato di offrigli qualcosa ma mi ha risposto che andava bene così e che per un gesto di cortesia l’unica cosa che si aspettava era un gesto di gentilezza da parte di qualcun’altro quando lui si sarebbe trovato in una situazione di bisogno. Ho pensato che era stata davvero una bellissima risposta e sono entrato al magazzino. E’ stato soltanto il primo di una serie di giorni al magazzino, dalla fine di Novembre alla fine di Giugno.
Anche da un lavoro pesante e stancante come questo c’è stato da imparare. L’università non mi ha fatto impazzire ma ho comunque imparato qualcosa, ho incontrato persone nuove e ho vissuto per la prima volta da solo, quindi anche se è stata un’esperienza diversa da quella che ho fatto in America quando avevo diciassette anni devo dire che sono felice del risultato. Probabilmente a guardare indietro non la penserei allo stesso modo, perché ho avuto un sacco di momenti difficili, ma devo dire che una volta che questi finiscono ci si ricorda, fortunatamente, soltanto di quelli belli perché sono quelli che effettivamente vale la pena ricordare.
Discoteca o Cibo Internazionale?
Per quanto mi riguarda, sono cambiato anche a livello di persona. Di solito in Italia quando mi vedevo con amici uscivo di casa, andavo a bere qualcosa o a cena fuori, ma in Danimarca queste cose non potevo permettermele. Uscire uscivo, ma non spesso e quando lo facevo andavo in discoteca con entrata gratuita e cose di questo tipo. Penserete che sia impossibile che una persona possa divertirsi senza andare in giro, ma in Danimarca in realtà le persone sono abituate a ritrovarsi a casa di qualcuno, e una delle cause principali è il freddo. Io ho fatto lo stesso ma siccome ero in una classe di sole persone internazionali lo facevo con altri studenti stranieri. Una mia amica che ha origini del Vietnam mi ha insegnato come fare gli involtini primavera con i fogli di riso, mi cucinava sempre qualcosa di diverso ed era così che passavamo il tempo, mangiando, guardando films, giocando al calcio balilla. Andare all’estero alla fine ti insegna anche a dare un certo peso a cose a cui magari non ne date proprio di solito. Una partita al calcio balilla a Milano ve la scordereste, mentre all’estero no. Il gioco è lo stesso, ma cambia la situazione, la compagnia, la ragione per la quale avete cominciato a giocarci e così via.
Se devo essere sincero, ora che sono in Grand Bretagna la Danimarca non mi manca. Non voglio metterla giù pesante e farla sembrare come se sia stata un’esperienza oscena, ma semplicemente sono troppo impegnato con la mia nuova vita qui che non ho neanche il tempo di sentirmi nostalgico, e poi ormai ho troppi posti che mi mancano, alcuni più di altri.
- Cristian
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