Sicilia deliziosamente illegale

Pubblicato da flag-it CHIARA GARBAGNATI — 7 anni fa

Blog: House of memories
Tags: Generale

Il tempo, purtroppo, sta passando molto rapidamente qui in Sicilia, più ci sto, più mi affeziono e non voglio tornare a casa, lasciare questo paradiso, godersi una vacanza per così pochi giorni è davvero un peccato. Siccome si sta trattando di una sorta di diario di viaggio, seguendo uno schema cronologico, a questo punto dovrei fare un resoconto del quarto giorno, ma purtroppo oltre che raccontare una giornata in spiaggia presso l’area balneare di Casuzze, non dispongo di altro materiale corposo, pertanto passerei direttamente al quinto giorno. L’unica cosa per cui varrebbe la pena parlare è la facilità con cui sono riuscita a scottarmi, benché io sia una persona propensa all’abbronzatura. Stufa della crema protezione 50 e non avendo con me altre lozioni, ho deciso di passare direttamente alla tintarella aggressiva senza spalmare nulla, ma mi sono ritrovata le gambe e la schiena di un colore tendente al rosso, quella tonalità Pachino, rimanendo in ambito regionale, ossia il paese famoso per i pomodori consumati in tutta Italia, non tanto distante da qui. Se venite qua, non fatevi ingannare dal vento e dalla mancanza di un caldo torrido, prendete le vostre precauzioni. 

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Detto ciò il quinto giorno prevede l’assenza della spiaggia, forse traumatizzata da questa esperienza o forse perchè il nomadismo fa per me, si svolge prettamente nella bellissima cittadina di Modica, ubicata sotto la provincia. Da Marina di Ragusa, una volta imboccato lo stradone provinciale, svoltare sulla destra e non proseguire dritto per Ragusa. Il posto si presenta col suo panorama costituito da casette e ville, posizionate su diverse altezze, sempre con i suoi colori pastello e caldi, con qualche punta di verde. Posteggio la macchina nel viale principale, pieno di vita nonostante l’orario, dato che prenotiamo il giorno prima per fermarci per il pranzo, precisamente l’una e mezza. Prima di arrivare a destinazione, mi imbatto in gruppo numerosi di turisti accompagnati da una guida intenta a spiegare il patrimonio culturale di questa località, benché abbia delle modeste dimensioni. La meta, una trattoria conosciuta come “A putia ru vinu”, uno dei ristoranti che ha conquistato decisamente il mio cuore e specializzato nel servire ricette tradizionali. 

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Consumare qua un pasto la definirei un qualcosa di mistico, considerando il fatto di essere rimasta seduta a tavola a mangiare per 3 ore e mezza. In genere i menù degustazione hanno una durata simile, con un alternarsi di portate che però fa attendere molto, in questo caso gli intervalli tra una cosa e un’altra sono stati dettati dal rallentamento di capacità fisico-cognitive dovute alla pienezza. Se sentite in giro da conoscenti o parenti che in Sicilia si mangia tanto da scoppiare, prendeteli alla lettera, ma soprattutto a una cifra bassissima rispetto altre zone d’Italia. In questo portale delle meraviglie, al prezzo di 15€ per il menù base (escluse le bibite e il coperto, tra cui anche il vino), si è arrivati a soli 21 euro a testa. I vari piatti includono una vasta scelta di antipasti, tra cui scarce (o scacce, dipende dalla zona), uova sode, frittate di verdura, bruschette, arancine, caciocavallo, ricotta fresca e compagnia cantante. 

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In neanche poco tempo si passa ai primi, per l’esattezza tre: ravioli con ripieno di ricotta fresca al pomodoro, lolli con fave (una tipologia che classificherei sia come gnocco che come pasta fatta in casa serviti in una sgargiante pentola in ceramica, minuziosamente decorata nella maniera tradizionale della zona, ossia colori caldi e fantasie floreali) e cavati (o gnocchetti) al ragù. A questo punto il mio stomaco incomincia a implorare pietà, allento la cintura dei pantaloni e piano piano sprofondo nella sedia. Decido di alzarmi e andare fuori a prendere una boccata d’aria per dieci minuti abbondanti, rientro e mi rendo conto di non aver avuto una buona idea, dato che al mio ritorno vedo, nonostante la mia incredulità e il desiderio insito in me di essere davanti a un miraggio, due secondipronti per essere gustati. Davvero deliziosi, sia il bollito che lo spezzatino in salsa di pomodoro assieme a patate e carote al forno, ma col senno di poi mi rendo conto di quanto sia un peccato introdurre del cibo a forza senza goderselo pienamente. Se siete dotati di uno stomaco senza limiti, questo locale vi calza a pennello, ma purtroppo io non sono stata in grado di potere sperimentare i fuochi d’artificio mentalmente e nel mio stomaco. Dopo avere ingerito forzatamente quella bontà divina, purtroppo mi ritrovo con la consolazione di pensare ai menù fissi del nord, così spogli e così ridotti al minimo, ma soprattutto cari come il fuoco per quel poco che offrono. Da un lato, il mio corpo sottoposto a uno sforzo non indifferente, tira un sospiro di sollievo, la cosiddetta circostanza da “quiete dopo la tempesta”. Questa calma, questa pace interiore viene perturbata dall’arrivo indisturbato del cameriere con in mano il dessert, definito come “modo per sciacquarsi la bocca dai sapori precedenti”. Non nego che una parte di me ha sobbalzato dalla gioia, ma non la parte “fenomenica”. Davanti a me un piatto con una gelatina a base di limoncello e un classico cannolo ripieno di ricotta, il migliore mangiato in tutta la mia vita. 

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Chiusa parentesi cibo, posso dirvi che il ristorante è più grande di quello che può apparire dall’esterno, e brulica di famiglie intere, sia chiaro, non la concezione di nucleo familiare riconosciuta nei censimenti o dati anagrafici, ma mi riferisco a nonni, zii, cugini e partner e qualunque legame risalente a costoro. Il locale è abbastanza informale, non dico di entrare con le infradito, ma nemmeno con uno smoking. L’arredamento segue la stessa lunghezza d’onda, con un tocco di siciliano, mentre per quanto concerne la clientela troverete prettamente gente del luogo o dintorni.

Una volta uscita facendo chiusura ristorante all’alba delle quattro di pomeriggio, sedotta dai gradini esterni, mi siedo per circa un quarto d’ora, in maniera poco aggraziata. La sensazione a posteriori che ho sperimentato è una sorta di “sbronza da cibo”, mai provata prima. Se dovessi sommare tutti i pranzi o cene dei matrimoni a cui sono andata e i cenoni di Natale e feste varie, la pienezza non si avvicina nemmeno lontanamente. Qualcosa che riassumerei come “Sicilia illegalmente deliziosa”. La passeggiata obbligatoria in queste condizioni si riduce al raggiungimento della macchina e nel momento in cui ci salgo realizzo perchè nel codice stradale italiano sia sconsigliato mettersi alla guida dopo aver mangiato pesante. Fossi sfrecciata con litri di birra in corpo, la velocità sarebbe stata nettamente inferiore a quella che ho raggiunto per tornare a Marina di Ragusa. Con tutto rispetto per un’autovettura che non è la mia, le parti di strada dissestate le ho schivate, ma le accortezze sui tornanti e centro abitato, le ho evitate per il semplice desiderio di voler arrivare a casa il prima possibile per dormire, resistendo ai vari colpi di sonno e ai richiami di Morfeo.

Dopo un riposino con i fiocchi e una cena saltata, dato che sarebbe stata una pazzia cercare di mangiare altro, mi preparo per fare serata in una delle discoteche riferimento della zona, ovvero il Koala Maxi, il più quotato stando alle varie recensioni in rete e all’opinione della gente locale. Trovando facilmente l’evento su Facebook, chiamo all’ultimo momento per poter entrare senza problemi e godermi la notte, tale “notte italiana”. Arrivata a destinazione, a dieci minuti dall’alloggio, nella località di Santa Croce Camerina, posteggio, pagando due euro e attendo per un po’ prima di mettermi nella fila. Per un attimo mi faccio prendere dal panico osservando i miei vicini di posteggio, con un’età media di quarant’anni, credendo di essere finita indietro nel tempo e andando a una festa in una balera, per chi non lo sapesse, i locali frequentati dalla generazione precedente caratterizzate da un genere musicale ben lontano dal gusto attuale e commerciale che si prospetta. Intravedere qualche giovane, in tutto ciò è stato come avere un bicchiere d’acqua nel deserto. Essendo stata un’idea dell’ultimo momento, non mi sono premurata di chiedere prevendite, che stando alle informazioni devono essere necessariamente cartacee, manco fosse una cerimonia, sperando di trovare qualche PR sul posto stesso e usufruire della riduzione donna. Essendo questi ultimi legati a un giro di conoscenze, faccio di tutto per ottenere questo privilegio anche senza consumazione e non pagare 12 euro, sia chiaro, cifra decisamente onesta, ma tutto fa brodo quando stai quasi per dare il via a un prestito in banca per finanziare il proprio tour gastronomico fuori porta. Il mio giro di domande, un misto di indignazione e disinformazione pura circa la nottata, mi permettere di raggiungere il mio scopo. Entro per mezzanotte, vedendo fortunatamente dei frequentatori che decisamente abbassano l’età media, mi metto l’animo in pace e mi dirigo ad ispezionare l’interno. La serata si svolge in due sale all’aperto, quella più grande inerente il tema preannunciato, mentre l’altra è atta a canzoni più contemporanee. Le persone in là con gli anni, si piazzano nel privé, e dettaglio alquanto fuori posto è stato vederle con loro i figli, a malapena sui dieci anni. Per il resto, devo dire che la playlist proposta dalla stanza principale è degna di nota, composta da successi del momento e grandi classici, insomma, impossibile non aggregarsi a cantare, talvolta, ahimè, con qualche marpione non proprio dotato per l’arte del canto.

La baldoria ha luogo prettamente fuori, considerando le temperature estive e il fatto di dover stare tutti ammassati. L’interno ospita per l’appunto solo il bagno, mentre il resto della stanza appare spoglio, una semplice parete bianca e qualche bancale, un po’ troppo spoglia per essere comunque una villa. 

Alla console niente Bob Sinclair, senza ombra di dubbio, ma devo dire che i dj della serata non sono stati niente male, soprattutto per quanto riguarda il lato coinvolgitivo. L’altra merita ad ogni modo un giudizio positivo grazie al vastissimo repertorio di canzoni reggaetón. Avendo davanti a me ore e ore di baldoria, mi dirigo verso il bancone per ordinare qualcosa da bere. I prezzi sono quelli standard, ma dopo aver deglutito il primo sorso di cocktail, mi rendo conto di aver buttato via del denaro. I 7€ peggior spesi della mia esistenza. Drink annacquato, nonostante la semplicità della ricetta del gin lemon, da voltastomaco, il quale già stremato dalla giornata. 

All’interno della festa non mancano le donne in crisi di mezza età nel mezzo della pista, come alcuni uomini, d’altronde, con un non so che di molesto nel ballare tra la gente e fare avanti e indietro dal balcone delle consumazioni. Della serie in alto i bicchieri e giù i dispiaceri. Al di là del mio personale buco dell’acqua, tornando sul discorso, non cercate cocktail troppo elaborati, poiché chi vi serve va già in panico alla richiesta di un banalissimo cosmopolitan.

L’aspetto della discoteca è minimale, su dei colori neutri, fattore che ho notato verso la fine dato il pienone e le luci. Il bagno, uno dei punti fondamentali per recensire un luogo simile, è piuttosto piccolo considerata la capienza che può sopportare, ma è comunque abbastanza pulito. La gente scellerata, ad ogni modo, per cause alcoliche e non, rappresenta soltanto una parte infinitesimale, ma è molto più alta la probabilità di qualcuno che ti prenda dentro con una sigaretta accesa, essendo una pista non al chiuso che lascia la possibilità di fumare. Capisco benissimo questa necessità, ma consiglio vivamente di appartarsi qualora siate investiti da questa urgenza, persone come la sottoscritta si sono portarti a casa dei marchi sulla gamba come souvenir. Il tutto volge alla fine (stavolta letteralmente all’alba) delle 4 e mezza del mattino, tornando a casa soddisfatta, ma stravolta, cercando gli ultimi bricioli di energia per mettere a fuoco la strada sulla via del ritorno, specie in carreggiate prive di lampioni.

Davvero, certi luoghi hanno la parvenza desolata in stile far west, ma considerando anche che certi luoghi, alla fine della fiera, assomigliano più ad una gara di autoscontri che una regolare uscita dal parcheggio, visto che tutti non vedono l’ora di arrivare nel proprio letto.


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