In memoria di EXPO 2015
Proprio in questo periodo dell’anno nel tanto caro 2015 si teneva l’EXPO a Milano, tanto amata e al contempo criticata dalla gente, dalla fedeltà della fiera al tema scelto, il cibo, stando su una questione leggera, fino agli intrallazzi politici ed economici per la sua realizzazione.
[Esterno della Repubblica Ceca]
Senza ombra di dubbio ha lasciato un’impronta indelebile in tutti coloro che l’hanno visitata e vissuta, dato che non è per nulla un evento ordinario e, soprattutto, se si ha un po’ di fortuna, capita una volta sola nella vita l’averla nel proprio paese natio.
Per quanto mi riguarda, ho avuto in linea generale una buonissima impressione su tutto, ma come giusto che sia, ho riscontrato lati negativi, sia per quanto concerne organizzazione dell’esposizione e padiglioni, sia sugli stessi partecipanti.
[Musicisti del padiglione del Vietnam]
In tutto il suo periodo di svolgimento, dal primo maggio fino al 31 ottobre, milioni e milioni di persone da ogni parte del mondo, da grandi a piccini, hanno attraversato il cardo e decumano alla ricerca di intrattenimento, relax e/o cibo tra i padiglioni rappresentanti cada uno una data nazione oppure una tematica ben specifica.
Nonostante questo ampio lasso di tempo, ci sono stata complessivamente 3 volte, due facendo una giornata intera e una solo la sera, dato che dalle 19 in poi, il costo d’ingresso calava fino ad essere semplicemente 5€ contro i 35 soliti, al di là di sconti speciali e pass stagionali. Per mia sfortuna, non sono riuscita a vedere tutto come avevo tanto sperato, sia per questioni di grandezza della fiera che per l’enorme quantitativo di gente, ma sono rimasta comunque soddisfatta. Ciò che mi ha alquanto stupita è stato il fatto di osservare una crescita esponenziale di visitatori col trascorrere del tempo, a differenza della decrescita che si prevedeva.
Quasi tutti i padiglioni che ho visitato mi hanno entusiasmato, salvo poche eccezioni, quali gli Stati Uniti d’America, il Sudan e il Brasile, in ordine di bruttezza. I primi, eccetto la presenza di graziosi giardini verticali, meritano il premio per la più spudorata incoerenza. Infatti, all’interno della costruzione si proponeva un percorso di 7 tappe che spiegava l’importanza della cucina casalinga, intento assai nobile, se non fosse per la zona ristorante da loro allestita, camion che servivano i visti e stravisti hamburger palesemente unti e surgelati, la scontata pasticceria ultra calorica e pesante da digerire e la sfilza di snack spazzatura che incarnano a tutti gli effetti lo stereotipo poco salutare del panorama gastronomico americano. Il Sudan può esser semplicemente riassunto con la delusione di trovare all’interno due bancarelle di collane e varie chincaglierie, mentre il Brasile, a parte un posto di ristoro carissimo e per nulla messo in evidenza, non offriva nulla che centrasse col cibo. Forse la mostra d’arte poteva avvicinarsi, ma a primo impatto, ma anche a secondo o terzo, non coglie nel segno data la mancanza di indicazioni a riguardo, fenomeno che ha anche riguardato le piantine sospese, che potevano sembrare colture oppure decorazioni senza un senso logico. Ottima manovra di marketing installare una rete sulla quale saltare e giocare, ma avrei consigliato loro di mettere una protezione sotto di essa, visto che i passanti camminavano tranquillamente sotto e potevano ammirare senza ritegno ciò che sta sotto alle gonnelle delle malcapitate fanciulle.
Per la categoria rivelazione nomino l’Azerbaijan, l’Angola e il padiglione provvisorio del Mali. Premetto di non essere una cima in geografia e di aver scoperto nel momento stesso l’esistenza dell’Azerbaijan, cosa che per me è stata come essere Cristoforo Colombo che approda in America. Il padiglione è riuscito a fondere equilibratamente la tematica della fiera con la cultura della nazione e un pizzico di intrattenimento.Strutturato su più livelli, al piano terra erano presenti delle decorazioni che giocavano sull’impatto visivo e uditivo, ossia dei fiori di vari colori che si illuminavano ed emettevano suoni differenti alla sola ricezione del movimento delle braccia sopra di essi. Passatempo che può sembrare puerile, ma che conquista tutti. Salendo le scale, ci si imbatteva in una stanza piena di schermi, in totale 8, ognuno raffigurante un ingrediente fondamentale della cucina locale. Pigiando sul display venivano mostrate le varie proprietà organolettiche, metodi di coltivazione e i vari impieghi nelle ricette. Nell’ultimo piano c’era una simulazione di un viaggio presso la capitale dello Stato, Baku, rispondendo in maniera interattiva a varie domande secondo i propri gusti da avventuriero. L’imponenza del capannone adibito per l’Angola tiene fede anche al suo interno, tappezzato completamente da una rigogliosa vegetazione, presente anche nella terrazza. In mezzo a tutto questo vivacissimo verde, istallazioni digitali e non adibite a esplicare numerose ricette e l’importanza dell’agricoltura per la società del paese, avendo un profondo collegamento con le radici culturali di esso. Dulcis in fundo, il Mali, poteva esser visitato nel mese di giugno e si trovava all’interno di un tendone spoglio. La gente comune sa davvero pochissimo a riguardo e sono stati in grado di valorizzare stupendamente cos’hanno da offrire dal punto di vista alimentare, proponendo al pubblico una degustazione di succhi di frutta e non, tisane e snack, a base di mango e baobab, accompagnando il tutto con una sapiente spiegazione e non lasciando i visitatori abbandonati a loro stessi in preda al richiamo di assaggino gratuiti.
L’essere gratis può essere una vera e propria arma a doppio taglio ed un esempio lampante in tutto ciò è il caso del padiglione della Svizzera. L’idea proposta era a dir poco geniale, ossia esporre cibo e oggetti semplicemente per essere portati a casa da coloro che entravano. Peccato che mediamente l’umano non sia portato a una divisione equa, solo se può essere vantaggiosa per il se stesso può esistere, ergo nel giro di un mese dall’apertura, la metà delle scorte della Svizzera era esaurita. Tutto ciò è stato possibile grazie alla fila di persone che usciva con sacchetti pieni di bicchieri, mele, caffè solubile e via discorrendo.
Per quanto concerne la classe “oh santo cielo, dove caspita vado a mangiare?!”, stando a un palato come il mio, amante dei sapori più disparati e speziati, i paesi che l’hanno fatta da padrone sono stati Corea e Qatar. Studiando lingue orientali, puntando sul padiglione coreano è stato come vincere facile, pertanto non ha per nulla deluso le mie aspettative. Con colori asettici e neutrali all’esterno e all’interno, una lunghissima fila di gente gestita meravigliosamente dal personale, si trovava in quest’ultimo, dopo essere entrati da una grande scalinata, un cammino costellato di proiezioni ed effetti scenografici ultra tecnologici improntati sul filone di essere ciò che noi mangiamo. Al piano terra, era presente il ristorante, accessibile anche saltando la visita del padiglione. Per chi non lo sapesse, i coreani mettono letteralmente ovunque il peperoncino, ergo cercare qualcosa di non piccante tra le varie opzioni del menù, è equiparabile al cercare un ago in un pagliaio. Ad ogni modo, avendo sperimentato in più occasioni tale cucina, posso garantirvi che ne valeva decisamente la pena. Il Qatar, rispecchiando i suoi tratti mediorientali, aveva un design alquanto intrigante, sia dentro che fuori, dove era presente il luogo di ristorazione. I connubi di spezie più impensabili li ho trovati qua, assieme a un personale cortesemente disposto a illustrare le pietanze proposte, che è stato in tutto e per tutto servizievole. Nomina d’onore al padiglione del riso, ospitante la gastronomia del subcontinente indiano, con un rapporto qualità prezzo senza paragoni. Da fanatica del curry, della carne e del riso, ho fatto un pranzo più che libidinoso.
Sul versante snack, mi sento in dovere di nominare il Marocco e l’Olanda, per un attacco di fame da merenda improvviso. Il primo, aveva a sua disposizione una vastissima sala da te in stile tradizionale, dove venivano serviti dolcetti e varie tè e tisane, mentre il secondo paese proponeva un furgoncino dalla parvenza vintage, fuori dal padiglione, che serviva dei mini pancake con differenti glasse, da consumare nei tavoli da picnic vicini.
I padiglioni speciali, come il supermercato del futuro e il Pavillon Zero, meritano di essere citati, per lo sguardo visionario nell’evoluzione del comune gesto quotidiano di fare la spesa, altamente tecnologico e coinvolgente, e il secondo per la riflessione su ciò che ci attende, dagli sprechi immondi di cibo e risorse, fino all’accumulo notevole di rifiuti. Oltre ad essi, una sensibilizzazione particolare è stata fornita da Save the Children, inerenti le condizioni di denutrizione di determinati popoli sottosviluppati e lo sfondo politico-economico che ne è causa, con la ricostruzione delle abitazioni di una famiglia media.
Gli Stati più affollati che non sono riuscita a vedere sono il Giappone e l’Italia, con ore ed ore di coda e dei quali ho ricevuto pareri molto discordanti, mentre altri che ho reputato apprezzabili sono stati il Belgio, la Gran Bretagna, gli Emirati Arabi e la Malesia.
[Esterno del Giappone]
Molti stand davano la possibilità di consegnare dei propri assaggini, come il Belgio che proponeva il suo biscotto più famoso, il Lotus, al gusto caramello, e del cioccolato di pregiatissima qualità. Sulla stessa lunghezza d'onda, la Coldiretti, unione di agricoltori del bel paese, offriva della frutta ai ben capitati passanti.
In questa occasione ho avuto modo di fare il mio primo tatuaggio con l’henné per il quale c’era una coda infinita, nel padiglione dello stato del Marocco. Vi consiglio di lasciarlo asciugare per un po’, per non fare la fine della sottoscritta che si è spalmata la tinta in modo a dir poco osceno, urtando praticamente ovunque.
Una nazione che merita di essere citata in modo a sé stante quella degli Emirati Arabi, che proiettava una presentazione circa il tema della fiera su un mega schermo, combinandola alla perfezione con il versante turistico della tanto decantata capitale, Dubai. Finito il filmato era possibile accedere ad un’ulteriore sezione circa la seguente edizione dell’EXPO, che si terrà nel 2020 in questo paese, incentrandosi sulla tematica dei trasporti.
Molto pensata è stata l’idea di piazzare molteplici distributori d’acqua, sia naturale che gassata, sottolineando l’importanza di borracce o del riutilizzo di bottigliette di plastica già acquistate. Cliché scontato, ma neanche troppo è stata la presenza di un McDonald, che per quanto sia contraddittorio con la politica del mangiare sano, rispetto ai suoi colleghi all’estero, per esperienza personale, si contraddistingue per la sua qualità effettivamente. Nolenti o volenti, il suo marchio ha creato milioni di posti di lavoro, sfamato giovani svogliati in un post-serata nel cuore della notte e organizzato le feste di compleanno di tantissimi bambini in tutto il mondo, oltre alle sue iniziative di beneficienza. Detto ciò lasciamo da parte obesità e problemi di salute, ma vediamo questo fast food come un’entità buona.
Immancabile ogni giorno era la parata delle mascotte dell'EXPO, la cui immagine ha invaso ogni gadget venduto ufficialmente e non per la fiera. Talora avvenivano evento inconsueti, come la preparazione della pizza più lunga del mondo, che si stendeva letteralmente per tutto il decumano e veniva cotta da un forno mobile per esser poi servita ai visitatori.
Per quanto concerne stranezze e peculiarità, alcune si sono avverate, altre sono rimaste semplicemente delle dicerie su svariati articoli appartenenti anche alle più famose testate giornalistiche italiane e straniere. Ricordo ancora il brivido che provavo, positivo e negativo, nel poter avere l'occasione di provare insetti fritti in non so quale padiglione del Sud-Est asiatico, ma malauguratamente, non arrivò nessuna cassa via aerea, lasciando delusione nei miei confronti e sollievo nell'animo di molti altri. Invece, la tanto decantata carne di coccodrillo è riuscita ad approdare nei padiglioni africani di modeste dimensioni, sottoforma di hamburger. Altro successo sulla stessa lunghezza d'onda riguarda il famoso "porceddu" sardo, tremendamente delizioso col suo retrogusto selvatico, ma abbastanza difficile da poter esportare a livello nazionale.
E per concludere, Sua Signoria l’Albero della Vita, uno dei simboli più significativi della fiera, tuttora rimane lì, dopo aver dato spettacolo per mesi con i suoi giochi di luce, getti d'acqua e sinfonie, osservabili ai tempi, da divertenti poltroncine rotanti poste ai piedi di esso.
Oggigiorno, nel 2017, lo spazio di Rho Fiera usato per la mega esposizione sussiste in uno spazio di indigenza, dove occasionalmente organizzano eventi di vario tipo, tra cui le celebri "Color Run" e le olimpiadi della FOM (Federazione Oratori Milanesi), con a malapena un punto di ristorazione, padiglioni smontati a metà e un’erba talmente alta che sembra di essere in un safari a fare un’escursione, lasciando i suoi resti come un’antica civiltà di appena due anni fa.
Inoltre, si sente spesso vociferare sul fatto che prima o poi creeranno una sorta di città studi o campus, oppure un dormitorio, dato che poche università milanesi ne sono fornite e quei pochi costano davvero tanto, per intenderci 500 euro per una semplicissima quadrupla, e anche perchè solitamente sono sempre più numerosi gli studenti che si recano nel capoluogo lombardo in veste di fuori sede, ma sono per lo più costretti a faticare per una stanza di un qualunque appartamento.
Nonostante sia finito tale evento, posso garantirvi che altri cimeli, come ad esempio il sito, possono rivelarsi molto utili, dato che questi è una piattaforma di blog di cucina di tutto il mondo non indifferente.
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