Chuseok a Venezia!

Pubblicato da flag-it CHIARA GARBAGNATI — 6 anni fa

Blog: House of memories
Tags: Generale

Quante volte ho già detto che amo la mia vita universitaria? Penso che non saranno mai abbastanza. Tutte le esperienze che compio, con ciò che portano con se sono un qualcosa di indimenticabile e conserverò sempre nel mio cuore anche una volta finito questo magico percorso di vita. Ora però non voglio pensarci in nessun modo, perciò voglio solo limitarmi a raccontare il presente e non fare delle predizioni del mio futuro. 

Tra tutti gli aneddoti qui raccolti nel blog e non, testimonianza delle mie variegate conoscenze, ho lasciato sottointendere tra le righe le mie amicizie coreane che mi hanno portato a questo magnifico banchetto illustrato nelle foto. Premiamo il tasto rewind, e torniamo all’inizio di tutto ciò.

Era un sabato pomeriggio qualunque, cercando di studiare in biblioteca, anche se in realtà la mia mente era focalizzata su altro, quando improvvisamente ricevetti la chiamata di una mia amica, non avendo calcolato in tutto il giorno il cellulare con tanto di notifiche praticamente disattivate per evitare fonti di distrazione. Ad ogni modo mi ha dato appuntamento dopo qualche ora a Piazzale Roma per festeggiare assieme ad altri il Chuseok (추석). Da persona esterna e non frequentante la mia facoltà di studi sulla Corea, oppure da persona che non ha nei suoi interessi questa nazione, non si ha minimamente idea di cosa sia. Per farla breve si tratta di una sorta di “festa di ringraziamento” che si celebra in Corea in onore del raccolto autunnale, ergo si passa molto tempo con la famiglia, amici stretti e fidanzati/e riuniti attorno a un tavolo per mangiare e bere in un’atmosfera a dir poco calorosa, per staccare dalla routine frenetica e godere di questi preziosi momenti. Quest’anno, tale avvenimento è caduto tra il 2 e il 6 ottobre, anche se però noi abbiamo deciso di ritrovarci ed effettivamente festeggiare con un leggero ritardo, o meglio, loro hanno scelto e poi io mi sono aggregata in seguito all’invito. 

Per le cinque ci troviamo alla fermata dell’autobus e ci dirigiamo verso Mestre a casa di un nostro amico, per fare la spesa e poi cucinare tutti insieme. 

La lista delle cose da comperare è alquanto cospicua, ma gli ingredienti necessari sono abbastanza comuni anche per noi italiani, ossia cipolle (forse una quantità un po’ più superiore della norma), porri, carote, patate e aglio per quanto riguarda le verdure, poi delle cosce di pollo, qualche bibita, ovvero succo d’arancia e Coca Cola (tenete bene a mente quest’ultima!), e per quanto concerne il fattore alcolico, mettiamo nel carrello qualche birra e una bottiglia di vino.

Andare in un supermercato con qualcuno che è straniero, è un’esperienza che consiglio vivamente a chiunque, dato che si può assistere alle reazioni più disparate al vedere un certo tipo di cose sugli scaffali. A parte lo shock comune per la vendita di alcolici buoni e ad un prezzo così stracciato, ciò che ha traumatizzato di più in assoluto è stato vedere un coniglio spellato e venduto in una vaschetta avvolta da una pellicola nel reparto della carne. Sì, mangia si in Corea, ma non è venduto in maniera così esplicita ai clienti. Altro fattore che non è passato inosservato è la nostra infinita varietà di farine, necessarie per una delle pietanze della lista che non intendo svelare ora, giusto per alimentare la suspense.

Una volta andati tutti insieme appassionatamente in cassa, imbrattato e pagato, ci dirigiamo a casa, dove incominciamo a sminuzzare, sbucciare e preparare un po’ di tutto. L’atmosfera è quella di un piccolo ristorante in pieno servizio, dove ognuno è in grado di svolgere senza intralcio i propri compiti. 

Chuseok a Venezia!

Tra le mie mansioni, è ovviamente inclusa fare foto a destra e manca.

Il primo piatto che mi metto a visionare è il Jjimdak (찜닭), tradotto letteralmente pollo al vapore, ed inizialmente nella preparazione si cerca di far svanire l'odore bollendo le cosce con acqua e pepe. Successivamente si scola in un lavandino e si rimette il pollo nella pentola facendolo bollire con salsa di soia e, udite udite, COCA COLA

Chuseok a Venezia!

Inizialmente pensavo che fosse una bibita qualunque da bere durante la cena, giusto per non ridursi a bere solo alcolici, ma la visione di ciò, mi ha arrecato un certo sgomento. La cosa ancora più divertente è stata scoprire di aver già mangiato il pollo in questo modo, ma io, ai tempi non ne ero assolutamente conscia, stando all'opinione di una mia amica lì presente. E se la persona molto aperta mentalmente per quanto riguarda l'ambito culinario, non ho nemmeno pensato nell'anticamera del cervello di rifiutare una pietanza, nonostante la sua bizzarra preparazione. Semplicemente non me l’aspettavo. Ad ogni modo, trascorso un po' di tempo aggiungiamo le verdure tagliate, quindi cipolle, zucchine, carote e patate, oltre ad una abbondante quantità di aglio, non 2 o 3 spicchi, ma una testa intera. Poco dopo aggiungiamo anche il porro, ma parte di esso, zucchine e delle patate lo teniamo da parte per una successiva ricetta. Per accompagnare, cuociamo del riso alla maniera asiatica (che avevo già precedentemente descritto nell'articolo inerente il sushi e gli onigiri), che a parer mio è a dir poco delizioso. 

Chuseok a Venezia!

A parte in una padella unta con dell’olio di sesamo, cuociamo una sorta di frittelle di zucchina, chiamate hobakjeon (호박전) intingendole prima in una pastella a base di uova, farina ed acqua. Facciamo lo stesso con il resto della verdura, ma a differenza di friggere fetta per fetta, le patate, precedentemente tagliuzzate a mo’ di sigaretta, il porro a listarelle, facciamo delle grandi frittate, anche queste sotto una nomenclatura ben specifica, la prima kamjajeon (감자전), mentre la seconda pajeon (파전). Ad ogni modo non smetterò mai di pensare quanto sia terribile la trasformazione dell’Hangul nel nostro alfabeto.

Chuseok a Venezia!

Passiamo una bella serata tra chiacchiere e spettegolate varie, salvo il fatto che ad un certo punto, tra vino, birra e superalcolici tirati fuori all’ultimo, della serie, i coreani hanno più talento di me nel riconoscere bottiglie di qualità. Ad ogni modo, ho una soglia di sopportazione migliore per quanto riguarda questo aspetto, quindi nessuno è stato male, piuttosto, sono stata pervasa da un senso di immensa stanchezza proprio per questo motivo. 

La serata si conclude verso l’una e mezza, quando entro in casa e oltre ai bei momenti, conservo su di me e sui miei vestiti un odore assurdo di fritto, più impresso che qualunque scatto fotografico.


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