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Pubblicato da flag-it valentina vasta — 8 anni fa

Blog: Un viaggio in una mano
Tags: Generale

Forse è un po’ infantile, magari leggermente retrò, ma adoro tenere un diario di viaggio. Le foto, è vero, immortalano i momenti. Un taccuino, però, ne racconta i dettagli! Ogni volta che ne sfoglio le pagine ho la sensazione di sorseggiare un caffè da Happy Hatty, a Westmister, mentre la pioggia bagna le vetrine dietro cui si mischiano i colori ed i profumi di fantasiosi cupcakes.  In pochi secondi, mi ritrovo tra le luci sfavillanti di Piccadilly Circus o, abbracciata ai Leoni di Trafalgar Square, piuttosto che ad ammirare i giganteschi palazzi di Canary Whorf in tutte le loro imponenti prospettive. O a passeggiare per il Tower Bridge o sulla Victoria Embankment.

E ancora sul taxi, in una folle corsa mattutina verso Stansted con gli improponibili ricordi di Camden Town in borsa.

In un baleno la mia pelle si scalda sotto il sole settembrino della Barceloneta, con le risate degli skaters che disegnano figure a mezz’aria ed i loro skates che stridono sull’asfalto proponendo la loro colonna sonora. Mi rivedo a commentare la bizzarra moda catalana, a gustare le mandorle e la buona frutta della Boqueria, ad osservare gli uomini d’affari con le loro giacche che passeggiano sulla spiaggia, districandosi tra corpi ignudi di bagnanti senza veli, mentre un omino in canotta urla <<Mojito fresh>> (sembra un sogno, ma è realmente accaduto).

Bastano poche pagine per riscoprirmi su un volo (low-cost) per Madrid: ancora i caldi colori della penisola iberica, con le sue piazze affollate ed i musei ordinati. Con il sogno di Granada nel cuore, quasi sfiorato ma sfiorito, lascio la Spagna e faccio un salto al Cairo  e le sue foto di rito, per poi rivedermi seduta su un tetto ad Oia ad ammirare il tramonto mozzafiato di Santorini, o a sorseggiare un vin brulè tra i mercatini natalizi della capitale tedesca.

E tra i fiumi dei crauti e le lucine variopinte, eccomi tra le cale della Riserva dello Zingaro, immersa nelle acque cristalline, mentre Vulcano offre il suo spettacolo quotidiano poche righe dopo, scendendo da veliero diretto a Thirassia verso le pendici di Monte Cofano.

Memore del fascino di San Pietro e dei Giardini Vaticani, dei volti che si immortalano al Colosseo, insieme al buon cibo ed alla musica del Salento, mi ritrovo (a ritmo di pizzica) in viaggio verso terra toscana.

Attraversando quasi tutto lo stivale in auto, approdo in Toscana in periodo di vendemmia, per degustare l’allegria del buon vino. Una festa lo consacra a Chiusi. Nonostante le temperature settembrine siano fresche, l’accoglienza è davvero calorosa. Le botteghe, che si affacciano sulla via principale, ti invitano ad entrare sotto gli occhi curiosi dei più anziani. All’ingresso del piccolo borgo, il museo etrusco rievoca e rammenta le sue origini. C’è già aria di casa! A pochi passi da Chiusi, il lago omonimo. Qui, tutto si specchia e si colora: terra di Siena e verde rame. Il fruscio delle foglie mi confonde ancora adesso, mi consola e mi abbraccia (sembra tutto meravigliosamente immutabile. In un angolo, un’altalena: da quella prospettiva capisci che il tuo posto è per terra.

Tra una riga ed un’altra, sento l’acqua: elemento primordiale in moto a Bagni S. Filippo. Scorre giù per il travertino fino a sviscerarlo, scava pozze naturali e l’uomo vi si immerge, si deterge di ogni suo peccato più intimo. Le rocce sono gelide, però, e l’acqua termale non riesce affatto a riscaldarle. Anche la balena bianca (così chiamano un grande blocco calcareo) rimane inerme e si arrende ai giochi d’acqua.

Tra i borghi ed i vicoli, tutto sembra essersi fermato: gli odori dell’artigianato ed i colori della buona cucina. Il paesaggio toscano, poi, ti disarma e ti abbandona ad un inevitabile mutismo. Alle porte di Montepulciano rivedo una distesa di girasoli appassiti: spargono i loro semi colorando di nero i prati ancora incolti. Guardano dall’alto, invece, le torri di San Gimignano ed i mattoni crudi riscaldano l’atmosfera e la rendono storicamente magica.

Tra un bicchiere di vino ed una buona zuppa (non la solita minestra), lascio il sole della Toscana per assaggiare il tepore di quello umbro. Il pregio della Basilica di S. Lorenzo, anticipato dalla rocca, testimone dell’antichità perduta di Perugia. Poi, mi perdo ancora tra le vie silenti di Corciano: ne respiro la quiete, l’incredibile solitudine e l’eternità della sua architettura.

Ma rieccomi nuovamente in Toscana, tra i vigneti che ravvivano le colline della Val di Chiana: tra le pagine, ancora vivida, una foglia a testimoniare (in)tralci di vite.

Ovviamente, non si può lasciare la Toscana senza aver prima visitato Firenze: le vie brulicano di gente affamata dell’arte che ne narra la storia, mentre delle curiose casette si affacciano su Ponte Vecchio, specchiandosi sull’Arno e regalando alle loro facciate argentei riflessi.

Anche se da buona siciliana faccio vanto del calore della mia terra, non posso però non dire che la Toscana non sia anch’essa la terra del Sole: nessun grattacielo imponente, ma il contemporaneo convive con il rispetto del passato e della natura, da cui la storia stessa si alimenta.  

Prossimamente farò ritorno a Milano e le mie pagine avranno altri colori, nuove geometrie, altri suoni e volti da raccontare, perché per quanto una località possa piacere più di un’altra, ogni luogo ha qualcosa da condividere, un’impronta o una memoria da lasciare.   

 

 


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