A Beja, prime impressioni

Pubblicato da flag- Luca Marchetti — 5 anni fa

Blog: L'eterno ritorno
Tags: Generale

Alla stazione rodoviaria di Beja arrivo che è già sera. Dopo qualche informazioni percepita a gesti, mi dirigo verso l'ostello, Pousade de juventude di Beja. Una desolazione, posso dirlo? Più che probabilmente ero l'unico ospite in questa struttura fatta per ospitare almeno un centinaio di persone, tutta ben curata, una sala comune con addirittura un soppalco dove trovano posto ulteriori tavoli (che in tutto saranno stati una trentina) e un'altra televisione; fuori un piccolo giardinetto con altri tavolini. In più l'ostello è parte del "centro giovanile" di Beja che ha lo scopo, credo, di promuovere attività rivolte ai giovani della cittadina e di fungere da centro di aggregazione (come dimostra anche la presenza di un bar, ora fatiscente).

In ogni caso la grandezza e i grandi propositi con cui questa struttura è stata costruita, a me pare siano andati, per qualche motivo, un po' perduti, un po' dimenticati. Tanti sforzi, tante speranze, andate a morire. Magari mi sbaglio eh, magari è solo questo piccolo pessimismo che in questi giorni mi accompagna a farmelo credere, però, insomma, credo che tale ragionamento abbia buone basi, e mette abbastanza tristezza pensare che così tanti sforzi e così tanta speranza siano andati piano piano a morire.

Ma veniamo a Beja, che dall'alto dei suoi 200 m slm domina le pianure sottostanti. Ieri sera ho subito fatto un giro per questa cittadina che mi ospiterà per due mesi. L'impressione, anche in questo caso, non è stata delle migliori. Era giovedì sera, e pochissime persone ho trovato in centro: qualche adulto in qualche ristorante, pochissima gioventù. E sta cosa mi ha intristito, perchè a me, come penso un po' a tutti, piace vedere le città vive. Non per forza grosse, non per forza piene di cose da fare, ma vissute, quello si. Dove sono gli abitanti? Si godono la città? Sono felici di viverci?

Gli abitanti... ciò che colpisce sono i loro visi: tratti forti, cupi, bruciati e torti dal sole. Piccoli di statura, non magri però, paiono non curarsi molto dell'aspetto o del buon costume. E qui, siccome con la mente io viaggio parecchio, apro un excursus, che poi sarà la parte finale dell'articolo. 

Mi balenano in testa, vedendo queste persone e verificando, almeno per ora, la loro poca propensione al perbenismo, delle idee. Non mi sento a mio agio. Il che mi fa un po' strano, dal momento che io sempre ho criticato l'apparire, lo sfoggiare tante maschere a seconda delle occasioni (pur se qualche volta io stesso sento di incappare in queste cose). Le persone qua sono senz'altro persone vere, e questo lo apprezzo. Ciò che mi turba è la crudezza che vedo in loro: non le vedo serene, non le vedo contente, non le vedo nemmeno buone. Logorate da una vita un po' dura, questa è l'impressione.

Ma magari mi sbaglio, magari col tempo cambierò opinione, magari queste sono riflessioni sono dettate dalla mia nostalgia di casa (la nostalgia, apprendo solo adesso, non è un sentimento unico, univoco, che puoi riconoscere; è un insieme di cose, un insieme di pesi che ti si appioppano addosso e rendono tutto più faticoso. Ma questo, forse, sarà oggetto di un altro post).


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