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Siam Reap, Angkor Wat e i campi di sterminio


Ancora una volta, è passato un po' di tempo da quando ho visitato l'affascinante paese che ha una così triste storia. Spero di potergli rendere giustizia tramite questa mia raccolta di viaggi e spero di poter rincontrare presto gli abitanti di questo paese meraviglioso. Abbiamo trascorso una settimana in Cambogia, quindi eravamo seriamente intenzionati a raggruppare tutto nel più breve tempo possibile...

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Come potrete vedere dalle foto sopra, Siam Reap era decisamente allagata! L'acqua per strada era a livello del ginocchio ma ha reso la visita della città un'esperienza simpatica. Abbiamo trascorso tre giorni in Siam Reap in cui siamo stati trattati come re e regina in una guest house, lo staff era amichevole (come lo sono i cambogiani in generale). Siam Reap è un'accogliente città per escursionisti, e il suo edificio simbolo è patrimonio dell'UNESCO: il tempio di Angkor Wat. Le parole Angkor Wat in sé significano letteralmente "Città dei templi".

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È spesso considerato un antico tempio buddista come molti altri in Cambogia (il Buddismo è la religione principale). Comunque, il tempio condivide dei tratti simili ai templi induisti che risalgono allo stesso periodo. Questo è perché era stato originalmente costruito per essere un tempio induista, ma fu convertito in buddista alla fine del XII secolo. Per questa ragione potete vedere molte versioni più piccole di questo tempio in molte altre nazioni come l'Indonesia e l'India. Angkor Wat è riconosciuto a livello mondiale per la sua costruzione, un mistero per molti dovuto puramente alla complessità del suo sistema idrico sotterraneo.

Angkor Wat

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Era stato costruito all'inizio del XII secolo e considerato costruito in stile "Khmer" originario della Cambogia. Il Khmer era il re Suryavarman II che fu monarca della nazione ai tempi in cui fu pianificata la costruzione del tempio. Il nome originario del tempio era Vrah Viṣṇuloka (in Sanscrito) o Brah Bisnulōk (il suo equivalente in Cambogiano) che significa "dimora sacra di Vishnu". Questo enfatizza maggiormente l'influenza induista della sua costruzione originale. Comunque, dopo aver visitato i templi locali come Angkor Wat (e ovviamente gli altri) in seguito ad una notte (o due) di festa, abbiamo deciso di dirigerci verso la capitale Phnom Penh per visitare i campi di sterminio in cui molte persone colte come insegnanti e dottori hanno perso la loro vita sotto il regime comunista "Khmer Rogue" presiedato dal tirannico despota Pol Pot che ha agito come un dittatore nella nazione fino agli anni '70.

Phnom Penh e i campi di concentramento:

Phnom Penh era una bellissima capitale, non troppo trafficata per essere una capitale, come ad esempio Bangkok ma ancora con grande fermento. Molti bar si affacciavano sul molo quindi naturalmente andati spesso nei bar! La prima notte abbiamo conosciuto un anziano gentiluomo scozzese e siamo finiti per parlare con lui quasi tutta la notte. Sfortunatamente ho deciso di bere con lui un Johnnie Walker whisky, la prima volta che provavo quella marca specifica, che mi ha portato a vagare in cerchio per ore alla ricerca del nostro hotel. Dato che i mercati hanno iniziato ad aprire, abbiamo deciso di prendere un tuk tuk taxi che ci ha condotti direttamente in un posto di fianco al quale siamo passati diverse volte!

Il giorno seguente abbiamo scoperto il lato oscuro dell'orribile storia della Cambogia visitando i campi di concentramento, un luogo in cui i prigionieri venivano detenuti per essere picchiati a morte semplicemente perché i proiettili erano troppo costosi. Eravamo sconvolti da ciò che abbiamo visto: teschi dei deceduti e vestiti tutti impilati tra altri teschi appartenenti a ragazzine di 15 anni fino a donne anziane di più di 60 anni. È stata un'esperienza emotiva ma coinvolgente, e ha aperto davvero gli occhi sulla fortuna che molti di noi abbiamo. Sulla via del ritorno il nostro autista di tuk tuk ci ha raccontato una storia emozionante riguardo al fatto che suo padre fosse tra gli arrestati e uccisi e così la sua famiglia è stata costretta a scappare nella giungla come hanno fatto molti colombiani.

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