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Scoprendo le Ande

Pubblicato da flag-it Alessio Di Maria — 5 anni fa

0 Tags: flag-co Esperienze Erasmus Pasto, Pasto, Colombia


Un viaggio magico nella natura incontaminata

Sperduto fra le nebbie andine a quasi tremila metri di altezza, nella regione del Putumayo, esiste un popolo indigeno dalla lingua antica, le cui origini sono sconosciute. Siamo nelle terre del leggendario El Dorado, quasi alle porte dell’Equador, luoghi dove il canto ha ancora l’antica funzione di terapia per i mali dell’anima. La terra umida racconta il terribile genocidio degli avi di questi indigeni denominati Kamsá. L’avidità dei coloni non ha però dissipato le remote tradizioni di questo popolo basato sulla saggezza dello Sciamano e sui rimedi magici offerti dalla natura. Le atmosfere di questa regione senza tempo strappano allo spirito ataviche emozioni di attaccamento alla terra e ai suoi frutti. 

Quella della foto è la colorata testimonianza di un culto rituale dalle origini che si perdono nell’antichità. Una pratica millenaria di purificazione dell’anima attraverso la ben conosciuta Ayahuasca, qui chiamata yagé o vino del alma (vino dell’anima). Un semplice allucinogeno per l’occidentale distratto dalla routine quotidiana, per gli indigeni Kamsá un tramite magico che porta alle soglie della morte per fornire un rimedio di pace alla propria anima. Questi simulacri della contaminazione dell’anima, intagliati nel legno e impreziositi da perline colorate, rappresentano le anime inquiete prima del rito. In particolare questa stupenda maschera rappresenta il Matachín, una sorta di arlecchino delle antiche popolazioni andine, nell’atto di fischiare durante le ataviche danze di purificazione.

Con ancora gli odori e i colori della cultura Kamsá nella mente mi organizzo il giorno dopo per un viaggio nella giungla andina.

L'alba lascia nel cielo tracce di rosso mischiato al blu scuro della notte. Le jeep Willies, un must dei viaggi all'interno della Colombia, lasciano lentamente la zona di incontro. I pochi edifici lasciano pian piano spazio a un'immensa distesa di verde. Ignaro delle centinaia di specie di piante che si accalcano sui bordi della strada, mi lascio andare a questa bellezza con lo stupore di un bambino negli occhi. A causa di quei panorami perdo le parole della nostra guida, Manolo. La strada si inerpica fra le Ande mentre sulle nostre si apre un cielo sempre più azzurro, riscaldato da un intenso sole.

Quando attorno a noi si delinea un paesaggio in cui è impossibile scorgere una qualsiasi traccia di civiltà, le jeep iniziano ad arrancare su uno sterrato instabile. Ancora qualche minuto e arriviamo alle pendici di un altissimo monte abbracciato da grigie nubi. Siamo a destinazione. 

I primi passi dentro la foresta sono incerti, appesantiti dal terreno scivoloso. Il frastuono delle Jeep è ormai un lontano ricordo dentro quella bolla senza tempo fatta di alberi secolari e piante intricate fra di loro. La guida ci chiede di camminare in fila e di calpestare il terreno con forza per evitare spiacevoli incontri con le serpi e gli insetti del luogo. Mi sembra quasi un'esagerazione: "in fin dei conti stiamo calpestando il sentiero di una tratta turistica" mi dico. Eppure mi dovrò ricredere al più presto.

La strada, tutta in salita, si inerpica faticosamente sul dorso di quel monte immenso che vedevamo dal parcheggio delle Jeep. Il paesaggio intorno a noi sembra serrarsi sempre di più, il calore del sole si dissipa sotto la fitta coltre di fronde che sembrano unire gli immensi alberi sopra di noi. 

All'improvviso Manolo si ferma. I più curiosi alle mie spalle fanno capolino per capire cosa sia successo ma non riescono a vedere quello che noto io, vicinissimo ai piedi della nostra guida. Un enorme centopiedi che si muove nervosamente e con grande rapidità verso un arbusto al bordo del sentiero. Manolo è abbastanza nervoso e ci spiega che è per questa ragione che ci ha chiesto di calpestare pesantemente il terreno. In quella zona si possono incontrare delle specie molto aggressive e anche pericolose per l'uomo. Di fronte a noi era appena passato il centopiedi amazzonico gigante una bestiola di circa 30cm che mi lascia affascinato. La nostra guida ci racconta la storia di un bambino rimasto ucciso dal morso di questa scolopendra e di un amico suo che ha passato tre giorni a letto con dolori terribili in seguito a un incontro di questo centopiedi nel suo giardino. Personalmente se trovassi di questi animali nel giardino di casa penso proprio che cambierei di residenza. Eppure Manolo ci insegna che ogni essere di quella foresta ha una sua bellezza intrinseca. È proprio in questo il fascino immenso della cultura indigena della Colombia, questo rispetto nei confronti della natura, un rispetto quasi trascendentale che manca ahimé nel sistema dei valori occidentali. 

L'incontro, in fin dei conti fortunato, con la Scolopendra ha eccitato un po' tutto il gruppo che trova, così, nuova energia per la salita del monte. Ma ben presto l'aspra natura andina ci riporta alla realtà. Da qualche minuto il frastuono del fiume vicino al sentiero e dei canti degli uccelli è rotto da tuoni continui. Dalle fronde incrociate degli alberi si può intuire che il sole si è arreso a un fitto gruppo di nuvole. 

Prendo dallo zaino il mio K-way, fidato compagno delle escursioni andine, e mi appresto alla risalita dell'ultimo costone. D'improvviso intorno a noi si apre un panorama d'intensa bellezza. La giungla si dirada lasciando ai nostri occhi lo spettacolo di una natura incontaminata che si estende fin dove arriva lo sguardo. 

Con Manolo ci fermiamo tutti quanti, in silenzio, a contemplare quell'immensità. Non ne sono sicuro, ma credo che la mente di ognuno di noi si sia paralizzata nella fantasia di un mondo atavico, fuori da ogni epoca. Dopo qualche minuto di contemplazione, esco dallo zaino il mio panino e mi siedo a mangiare, di fronte ai miei occhi l'immensità delle Ande. Un pranzo incomparabile che ha riacceso dentro di me una magia che nei miei viaggi raramente avevo scoperto. 

La mia avventura, fatta di mille profumi, colori, emozioni, finisce salendo su una ''buseta'' direzione Pasto. Si ritorna a casa con i polmoni rigonfi di quelle atmosfere uniche che per sempre porterò con me e mi accompagneranno nei grigi giorni in metropolitana!


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