Il mio erasmus a Dublino
Una sfida contro il tempo
È iniziato tutto come una sfida: ho pensato “provo ad inviare la candidatura, vediamo se riesco a vincere la borsa erasmus...”, ma non ero così sicura di voler partire, trattandosi del mio quarto erasmus: avevo paura di perdere del tempo che avrei potuto sfruttare in altro modo, magari inziando a cercare già un lavoro stabile.
I miei genitori erano ovviamente contrari ”Parti ancora? Ma a cosa ti servono tanti erasmus? Ormai hai già avuto diverse esperienze all'estero. Così stai perdendo solo il tempo, dovresti iniziare a cercare un lavoro!”
Tra i fattori che mi spingevano invece a partire:
1) si trattava di un nuovo contesto (lavorativo e non più relativo all’ambito di studio);
2) in un nuovo paese (in Irlanda e non più in Spagna, dove avevo svolto i precedenti erasmus);
3) mi stavo per laureare nel corso di laurea magistrale in ‘Relazioni internazionali ed analisi di scenario’, presso l’Università Federico II di Napoli.
Dunque, pensandoci meglio, non avevo niente da perdere ma solo da guadagnare: una nuova esperienza all’estero da inserire nel curriculum. Inoltre, avrei potuto anche migliorare la mia conoscenza della lingua inglese e conoscere una nuova cultura, che mi aveva sempre affascinato.
Altro problema: in quel momento mi trovavo in erasmus a Siviglia, per scrivere la tesi di laurea. Ma non ci ho pensato due volte. Ho comprato subito un biglietto per tornare a Napoli e poter svolgere di persona le prove di selezione: test in lingua inglese, colloquio motivazionale e prova scritta sulle conoscenze basiche dell’uso del pc.
Quando ho saputo di aver vinto la borsa, non ho potuto rifiutare.
Poi...l’ha vinta anche la mia migliore amica. Quindi, cosa fare? Dovevo partire per forza! Sarebbe stata la nostra prima esperienza all’estero insieme: lo desideravamo da tanto tempo, ma non ci eravamo mai riuscite prima di allora.
Così è iniziata la corsa per firmare la scheda di accettazione della borsa.
Un nuovo fascicolo erasmus da sommare ai precedenti (che ormai non so più dove siano finiti). La cartellina grigia era sempre la stessa, ma questa volta il Learning Agreement al suo interno era diverso: non venivano più specificati gli esami universitari da svolgere, con i relativi crediti, ma si definivano le attività e le ore di lavoro settimanale da effettuare presso la struttura ospitante, che avrebbe poi consegnato una valutazione finale sul lavoro svolto dal tirocinante.
Organizzando il viaggio
Dopo essermi informata maggiormente su internet, cercando foto e ipotetici luoghi da visitare, una volta arrivate sul posto, ero sempre più sicura di voler partire.
Anche la mia amica non vedeva l’ora di partire. L’Irlanda era il paese che suo padre sognava di visitare sin da bambino e lei ci sarebbe andata soprattutto per dargli la possibilità di realizzare questo sogno.
Alcune incertezze: quando partire? cosa mettere in valigia? quanto tempo restare?
Tutti ci dicevano “In Irlanda fa freddissimo, non andate nei mesi di gennaio e febbraio, vi congelerete!”. Detto fatto, abbiamo deciso di partire a inizio marzo, pensando che non potevamo perderci la festa di San Patrizio, il San Patrick’s Day.
Ci siamo quasi...
Per quanto riguarda il volo, avevamo già optato per l’offerta della compagnia aerea Ryanair che ci permetteva di viaggiare con un bagaglio a mano, una valigia grande da mettere in stiva e la borsa personale (la mia quasi raggiungeva il peso e le dimensioni del bagaglio a mano).
E all’interno della valigia? Solite cose: maglie invernali, pantaloni, leggins, phone, spazzola, biancheria, trucco, deodorante, scarpe da ginnastica, stivaletti, calzini, lentine, soluzione per le lentine, gocce per la scontata congiuntive (prevenire è meglio che curare), dentifricio, spazzolino, una borsa, uno zaino. Più...maglie termiche, pantaloni termici, qualche sciarpa, un giubbino, un cappotto, un accappatoio, medicinali, un pò di cibo, ecc, ecc, ecc.
Avrei portato sicuramente anche lui, Yuri, ma qualcosa mi dice che non sarebbe mai entrato in valigia. Insomma, ci eravamo attrezzate abbastanza bene per l’inverno irlandese. Era giunta l’ora di partire.
L’inizio di un’avventura
Il giorno del volo rischiavamo di perdere l’aereo. Per colpa di chi? Mia, ovviamente!
Ilaria era già in aereoporto e mi aspettava impaziente. Per fortuna, il mio ritardo non compromise il viaggio. Nel giro di tre ore eravamo già atterrate nella terra di destinazione, pronte a vivere l’avventura. L’Irlanda ci accoglieva con una grande pioggia: “Iniziamo bene“, ho pensato in quel momento ...
Dublino è una città divisa in 24 distretti: a sud del fiume Liffey troviamo la Southside (appunto, la zona sud) con i distretti pari; mentre al nord del fiume si trova la parte Northside, con i distretti dispari. Ci era stato consigliato di cercare casa possibilmente al Sud (zona più costosa ma qualitativamente migliore), in quanto il Nord è più malfamato (anche se più economico) e di non andare oltre la zona 6.
I primi giorni sono stati un pò difficili. Faceva freddissimo e soggiornavamo in un B&B, The Dublin Viking's Place, in cui ci siamo trovate benissimo ma che, purtroppo, distava quasi un’ora a piedi dal centro della città.
Ma questo non ci ha di certo fermate: eravamo sempre a spasso, a scattare foto e a mangiare.
Cosa mangiavamo? Prendevamo quasi sempre cappuccino e scone ai mirtilli, un dolce tipico irlandese, che si mangia in particolare a colazione). Ma abbiamo provato anche un tipico street food irlandese: fish and chips.
Il nostro tirocinio
L’ente che ci ha accolte per svolgere il tirocinio è ‘La Cucina di Nonna Valentina Ltd.’, o meglio, la catena italiana di ristoranti Dunne&Crescenzi, che prende il nome dai proprietari Stefano Crescenzi ed Eileen Dunne, marito e moglie. Lui italiano, lei irlandese.
La compagnia è composta da 5 ristoranti (Sfs, Blackrock, Kildare, Sandymount, Dundrum) che sono localizzati in diverse aree di Dublino.
I prodotti sono importati dall’Italia e il cibo è, a mio parere, di ottima qualità. Il ristorante offre, fra le altre cose: una colazione tipica italiana composta da caffè/cappuccino più cornetto o una colazione con uova irlandesi strapazzate o un semplice succo di frutta, the, ecc ; a pranzo troviamo varie proposte quali, ad esempio, tagliatelle al ragù con manzo irlandese, bruschette al pomodoro, crostini, focacce, parmigiana di melanzane, minestra Toscana, antipasto misto toscano, vari tipi di insalate, caprese con mozzarella di bufala importata dalla Campania, scialatielli, tagliatelle, tagliere di formaggi italiani, filetto di manzo irlandese, diversi panini firmati D&C; fra i dolci, tortino di cioccolato, tiramisù al vinsanto,antucci con vinsanto, piccola pasticceria, sorbetto al limone, gelato con babà al limoncello, gelato alla crema affogato al caffè, cassata siciliana.
La compagnia offre anche un’ampia gamma di vini di provenienza italiana quali Vinsanto del Chianti Classico, Moscato Liquoroso, Marsala Superiore, Torcolato Breganze, Dindarello Maculan, ma anche prosecchi (Rossini, Passion, Spritz) e spumanti.
A differenza di quanto ci si aspetterebbe, i menu sono non sono completamente uguali per tutti i ristoranti. Ad esempio, presso la struttura di Kildare è possibile anche trovare una formula aperitivo composta da vino più antipasto (x 2), per un totale di 20 euro, in determinate ore del pomeriggio.
Il personale è stato gentilissimo sin da subito e ci sono stati offerti ogni giorno due pasti. Avevamo, inoltre, diritto ad un caffè/cappuccino post pranzo.
Io affiancavo e aiutavo il contabile nel suo lavoro, mentre la mia amica si occupava di risorse umane. Il lavoro di svolgeva soprattutto in ufficio, ma un giorno mi sono occupata anche di catering per un evento, e un altro giorno dell’inventario dei prodotti di uno dei ristoranti della catena. Inoltre, mi è stata data la possibilità di acquisire un certificato riguardante la sicurezza del cibo sul lavoro, dopo aver sostenuto una prova scritta.
Le ore di lavoro previste dal contratto erasmus erano circa 8 al giorno, ma a volte ci siamo trattenute un po’ di più, altre volte ci hanno dato la possibilità di andare via prima in quanto il nostro lavoro era già terminato.
Non andavamo mai via separatamente ma sempre insieme. Chi finiva prima, aspettava all’altra. Di solito ero sempre io a finire prima, così scendevo al piano di giù dell’edificio per aiutare alla mia amica.
Qualcuno mi ha detto ‘vorrei avere un amico come te che, quando finisce di lavorare, aspetti che finisca anche io, per poter tornare insieme a casa..’.
Questa esperienza lavorativa mi è stata di grande aiuto ma soprattutto mi ha permesso di confrontarmi con persone di diverse nazionalità: un pakistano, una francese, un’irlandese, una taiwanese. Insomma, era un team ’internazionale‘.
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