Curiosità e avvertenze in Corea del Sud (parte 1)
"Se la vita ti da dei limoni, fatti una limonata!", come si suol dire. Espressione che sta dietro ad ogni mio articolo, fai un viaggio, ergo recensiscilo. Ogni tanto periodicamente sbuffo per mancanza d'ispirazione, ma dopo queste ultime reminiscenze dell'anno scorso, dovute dalla sistemazione di foto della scheda SD nel computer, mi rendo conto che ho ancora qualcosa di cui parlare. Sarò una dispensatrice di consigli, perciò continuiamo fino in fondo. Seguendo la mia vocazione dell'ultima settimana, proseguirò con i miei racconti sul mio viaggio in Corea del Sud, benché io abbia già lasciato qualche informazione in più negli altri articoli, formulando qualche parentesi qua e là.
Vorrei proprio cominciare con il fattore più basilare e fondamentale di ogni viaggio, la questione della comunicazione, in particolare modo la lingua da adoperare. Non voglio perdermi in discorsi sull'imperialismo linguistico dell'inglese, ma se non lo sapete parlare, o assumete un interprete al vostro servizio, o rimarrete in aeroporto. Sia chiaro, non dovete avere chissà che livello, ma per lo meno un vocabolario di sopravvivenza, così potrete addentrarvi nelle parti turistiche delle varie città da voi scelte, dove in un qualunque negozio o luogo d'attrazione con un personale che lo parla, ma con le sue dovute eccezioni.
Anche in una città così all'avanguardia come Seoul potrebbe capitare colui che non parla altro che la sua lingua natia, indipendentemente dal fatto che sia giovane o vecchio. Per esperienza personale posso dirvi che in uno dei famosi negozietti 24/24h, i cosiddetti pyeoneuijeom (편의점), mi è capitato un commesso con qualche anno in più di me che è entrato nel panico alla domanda in inglese "posso usare la carta di credito?". Come noi italiani, o come in qualunque altra nazione, la lingua anglosassone è insegnata dalle scuole elementari in su, ma a meno che capiti una circostanza di vita in cui il soggetto in questione passi un lungo periodo all'estero o ha un genitore madrelingua, oppure abbia fatto un corso intensivo, non saperlo masticare è la normalità. Ad ogni modo esiste anche la casistica alternativa in cui voi imparate a dire qualcosa in coreano, come un semplice "grazie/ciao/come stai?" e potrete beccarvi complimenti a palate, della serie ammirazione e farsi amici in un attimo perché dimostrate di saper interagire nella loro lingua madre. Anche io rimango sorpresa quando uno straniero sa dire qualcosa in italiano, al di là del "ciao", intendiamoci, che è internazionale. È questo il vantaggio e, azzarderei dire, la gratitudine che prova una qualunque persona nel sentire qualcun altro che tenta qualche parola nella lingua nazionale che non è la propria, che si stia parlando di questo Stato o della Svezia, della Thailandia e via discorrendo, visto che il loro insegnamento è da considerarsi di nicchia. D'altro canto, un madrelingua inglese o francese potrà solo essere stupito con un forestiero che sostiene una conversazione circa il diritto canonico oppure l'estinzione dei dodo, articolandola con una caterva di paroloni aulici.
Altra curiosità immancabile è la questione abbronzatura. Se tra di voi ci sono degli studenti, è inutile che ripiegate sulla scusa che la carnagione pallida ha un non so che di nobile e non vi abbassate al livello della plebaglia, perché sapete nel profondo del vostro cuore non vedete il sole per quella magica istituzione chiamata università che vi rinchiude in casa per via della sessione. In Corea semplicemente e in maniera coerente, non piace e questo carattere aristocratico e vestale viene osservato rigorosamente. Dalle creme sbiancanti nei negozi più comuni di cosmetica a vere e proprie cure mediche (o forse pseudo). Di per se la loro pelle non è incline alla tintarella, ma non come gli europei di origine nordica che appena si espongono hanno un incarnato aragosta.
Nolenti o volenti, i raggi ultravioletti fanno sviluppare la melanina, ma anche sotto il sole, i coreani non cambiano drasticamente colore e non si scottano assolutamente. Nonostante queste certezze, non sorprendetevi nel vedere la popolazione, specie quella femminile e di una certa età, indossare maniche lunghe e cappelli con visiere enormi, pur di impedire questo processo naturale dell'epidermide d'estate con un clima infernale. Vi chiedo comprensione, in questa casistica, invece, in quella che sto per introdurre, neutralità oppure shock totale. Sono andata una sola volta in spiaggia, a Busan per la precisione, e benché mi fossi preparata mentalmente a tali scenari, grazie alla visione di serie TV o film, il sentimento di allora fu sgomento. Capisco essere in là con gli anni e volersi proteggere, ma temere l'abbronzatura per l'invecchiamento precoce della pelle è comune sin da giovanissimi, per questo oltre a qualche ragazzo con un regolare costume da bagno, i bagnanti nuotano e passeggiano per la spiaggia con mute termiche stile subacqueo oppure magliette e pantaloncini. Quindi qualora vi azzarderete un'ordinaria esposizione del vostro corpo come fate nel vostro lido preferito, le occhiate saranno dovute non al fatto che siete stranieri, ma perché fate qualcosa di drasticamente inconsueto.
Un altro mito che occorre sfatare, che mi è capitato di leggere nel web, sui social network e di averlo sentito dire, è la questione dei posti a sedere nella metropolitana.
Trovare da sedere è un'impresa mastodontica, data la ressa costante all'interno della carrozza. Le probabilità di viaggiare comodi aumentano nel caso in cui saliate a bordo da una zona periferica oppure in orari improbabili, ad esempio la prima corsa. Per il resto, c'è da mettersi l'animo in pace. Come nella maggior parte delle metropolitane, sono presenti i posti prioritari, per anziani, bambini, donne incinte o persone infortunate, perciò escludeteli qualora siano liberi solo quelli. Un episodio che si è ripetuto abbastanza spesso è di rimanere in piedi vicino a questi posti, sia perché sono entrata dalla porta della carrozza interessata o anche perché la gente è meno accalcata. Le persone di terza età, hanno volentieri chiamato la mia attenzione cedendomi il posto un attimo prima di alzarsi e scendere alla fermata, forse per pura cortesia o in alternativa perchè vedendomi come straniera suppongono che io non sia abituata a fare la sardina in scatola ammassata alla gente. Quindi non abboccate a descrizioni che lo dipingono come individui spietati, bramosi di sedersi. Cosa che se dovesse succedere su un pullman dalla tratta Venezia-Mestre, il signore o la signora in questione, anche vedendomi in fin di vita e con attorno a me posti liberi non prioritari, mi farebbe scansare attaccando briga con discorsi circa l'arroganza delle nuove generazioni.
Mi rendo conto di aver dimenticato qualcosa, strada facendo, oppure articolo scrivendo, ovvero le dritte che la nostra cara e amata tecnologia ci può dare, specialmente se siete in un paese che non è il vostro e che non conoscete affatto. Alcune delle app che vi sto per presentare possono essere davvero vantaggiose, altre sono un po’ più per persone che masticano il coreano, ma basta effettivamente controllare due o tre parole per poterle usare in tutta tranquillità e senza troppi intoppi.
- Naver Dictionary: lanciata dal colosso digitale, Naver Corporation (네이버), una sorta di Google alla coreana, può essere un salvavita nelle circostanze di assoluta incomprensione. Ho messo a confronto il suo traduttore con quello di Google e vi garantisco che il secondo fornisce traduzioni che paiono essere fatte da un uomo del paleolitico, uno dei primi, per intenderci, pensate all’australopiteco. Questa applicazione offre la possibilità di cercare parole e espressioni dall’inglese al coreano e viceversa, tanto alla schermata iniziale, ma potete anche cambiare l’impostazione e optare per tante altre lingue, salvo quelle di nicchia come l’esperanto o simili. Tra le altre varie funzioni trovate anche la parola del giorno, giochi di somiglianza tra le parole e via discorrendo. Ma la più importante, per visitatori in erba è la prima, il traduttore vi formulerà degli enunciati in maniera alquanto corretta e chiara. Se invece tutto ciò non fa per voi, passate ai classici e cartacei frasari da viaggio.
- Naver Maps: Naver non mi ha pagato per fargli pubblicità, sia chiaro, e soprattutto non sono qua per diffamare Google, ma obiettivamente parlando, quest’ultimo non è al massimo delle sue potenzialità in questa nazione, pertanto non rischierei degli sconvenienti. Google Maps funziona, ma confronto quest’altra app non c’è paragone. Le strade e la ricezione satellitare sono qualcosa di fenomenale, con una percentuale d’errore dello 0%. Le cartine sono davvero limpide e qualora vi siate persi in giro per la città, che sia Seoul o un’altra, potete selezionare una destinazione casuale, ma a voi nota e potrete sapere come muovervi, in quanto tempo, impostando il mezzo di trasporto a vostro piacimento, ovviamente anche in base alla disponibilità. Inoltre se cercate un ristorante, uno qualunque che sia vicino, una farmacia e via dicendo, vi indicherà ciò che vi serve nei paraggi e non. Per usufruire di tutto ciò, sarebbe meglio avere il dizionario sottomano.
- Una qualunque applicazione inerente la valuta monetaria: francamente io mi trovo scomodissima a cercare in rete la conversione giornaliera, pertanto qualcosa di più ordinato che possa graficamente mostrarvi l’andazzo dei picchi durante l’ultimo periodo. È utile se dovete prelevare oppure state facendo un acquisto usando il won sudcoreano, che sia virtuale oppure nella realtà di tutti i giorni. Come altra alternativa, Naver come motore di ricerca vi fornisce tutto ciò, ma vi porgo i miei auguri se non parlate coreano e intendete trovare questa fatidica sezione.
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