Ogni mese l'Università di Bamberg organizza diverse escursioni per gli studenti internazionali desiderosi di conoscere a fondo questo straordinario paese. Tra le mete proposte c'era anche Weimar, graziosa cittadina della Turingia, centro culturale di fama internazionale e patrimonio mondiale dell'UNESCO. Cosa vi viene in mente pensando a questa città?
Vi dirò che al suono di questa parola, la mia mente mi trasmette immediatamente l'immagine del sommo scrittore Johann Wolfgang von Goethe, una tra le figure di spicco nel panorama mondiale letterario e autore di svariate opere di successo. Eppure Goethe non è certo l'unico personaggio illustre legato a questa città.
Filosofi e letterati dal calibro di Friedrich von Schiller, Johann Gottfried Herder e Friedrich Nietzsche, geni della musica come Johann Sebastian Bach, Franz Liszt o Richard Wagner, e ancora artisti quali Walter Gropius e Paul Klee hanno qui soggiornato a lungo, conferendo a Weimar la sua attuale preziosa nomea.
Si tratta di una città con un enorme bagaglio storico alle spalle, la cui origine risale a diversi secoli fa. Molti di voi sapranno che Weimar fu scelta come sede dell'Assemblea Nazionale, la quale nel 1919 elaborò la prima costituzione tedesca su impronta democratica. Per i successivi quattordici anni, ci si riferì infatti allo stato della Germania col nome di Repubblica di Weimar, in onore alla città germoglio della democrazia liberale tedesca.
Tuttavia, non molti sapranno che questa celebre cittadina, da sempre associata ai più nobili valori di sapienza ed emancipazione, ha ospitato (ed ospita tuttora i suoi resti) uno dei più grandi campi di concentramento e sterminio della Germania nazista: Buchenwald. Come è già possibile notare dalla traduzione del nome (letteralmente bosco di faggi), questo campo di concentramento fu costruito nel 1937 sulla collina di Ettersberg, situata a circa mezz'ora dal centro della città di Weimar, proprio nel bel mezzo di una gigantesca distesa verde di alberi.
Devo raccontarvi che circa quattro anni fa sono stata in visita con la scuola al campo di concentramento di Auschwitz. In quell'occasione, ho cercato di memorizzare quanti più dettagli possibile per tenere sempre viva in me la memoria di questo terribile pezzo di storia dell'umanità. Ricordo che mi sembrò enorme, un silenzio rispettoso avvolgeva ogni singolo centimetro di quello che oggi rimane del campo e persino il canto di qualche uccellino sembrava essere fuori luogo. Oggi, varcando nuovamente la soglia di un campo di sterminio, ho provato esattamente la stessa sensazione. Ossequio. L'orologio segna ancora l'ora in cui il campo fu liberato.
Spesso, all'ingresso dei campi di concentramento veniva posta una scritta proprio sul cancello. Come ad Auschwitz è possibile leggere che "il lavoro rende liberi" (Arbeit macht frei), a Buchenwald c'è scritto "ognuno ha quel che si merita" (Jedem das seine).
Molti degli edifici all'epoca presenti sono stati abbattuti alla fine della seconda guerra mondiale, nonostante questo campo sia rimasto in uso ancora per diversi anni durante il periodo sovietico per gli oppositori del regime. Vi dirò che diverse cose di questo tour mi hanno scossa molto e si trovano tutte all'interno della struttura che una volta ospitava i forni crematori. Suppongo che le immagini siano in grado di parlare da sole.
Ciò che ha suscitato più terrore in me è stato il racconto di un metodo spietato utilizzato dalle SS per uccidere i prigionieri. Costoro venivano chiamati in una stanza molto simile a quella di un medico, con la scusa di essere misurati in altezza. Non appena la persona in questione si fosse sistemata in piedi accanto al metro, una SS appositamente nascosta dietro al muro avrebbe puntato l'arma alla sua nuca attraverso un foro nascosto e l'avrebbe ucciso sul colpo.
Se sento di raccontare queste cose, è perchè credo che ognuno debba saperle. Questo fa parte della storia di tutti noi, non è solo storia tedesca. In questo campo, il 95% delle persone che vi hanno perso la vita erano stranieri. Ed è nostro dovere ricordare sempre quanto accaduto per fare in modo che non succeda di nuovo. E' inconcepibile comprendere l'orrore e le malvagità che hanno avuto luogo tra quelle mura. E' il ricordo di tanti innocenti che non hanno mai più rivisto la luce del mattino.