MA POITIERS
LA PARTENZA
Quando mi sono iscritta al programma Erasmus non pensavo di partire davvero.
Un giorno aspettavo di fare non so cosa in un giardino dell’Università, e una ragazza ha attaccato bottone con me, mi ha detto che era tornata da poco da un Erasmus in Germania e che quell’esperienza le aveva cambiato la vita. Il suo entusiasmo mi aveva contagiato e così il giorno dopo mi sono iscritta al programma Erasmus. Ho compilato tutti i fogli necessari un po’ per gioco. “In che città vorresti andare, Parigi, Nantes, Poitiers…?” Io ho messo Poitiers, ma poi nemmeno sapevo in quale punto della Francia si trovasse. Nel giro di qualche mese avevo fatto tutto il necessario e la partenza si avvicinava. Sembrava tutto irreale. Ho avuto qualche difficoltà a trovare l’appartamento, poi su un sito ne ho trovato uno in condivisione con altre quattro persone. Mia madre mi diceva: “Ma quanti bagni ci sono?” e io, sempre pensando che fosse tutto un gioco, che in qualche modo, all’ultimo, sarebbe saltato tutto, rispondevo: “C’è un solo bagno mamma, ma non è che ci dobbiamo andare tutti nello stesso momento!”. Poi è arrivato: il giorno della partenza. Non capivo davvero come fosse successo. All’alba ho salutato il fidanzato, piangevo, sono salita su un treno e mi sono ritrovata a Parigi, e poi ho cambiato treno e in un attimo ero a Poitiers.
(Quando ho scritto questo testo ho pensato di racchiudere in poche righe le esperienze di Poitiers, le emozioni che ho provato, le sensazioni sulla pelle e nel cuore, e volevo parlare solo di come ci si sente quando si va via e quando si torna. Tuttavia col senno di poi ho deciso di aggiungere alcune righe a questo testo, o per meglio dire alcuni paragrafi, suddivisi per temi e tematiche, per poter raccontare la città, la vita in Erasmus e tutti quei dettagli pratici che forse interessano soltanto a chi ha le valigie pronte per partire fra qualche mese per fare questa incredibile esperienza e che forse tolgono un po’ di poesia al testo come lo avevo concepito all’inizio. In questo senso ho pensato di lasciare questa piccola indicazione all’inizio, così da non far perdere troppo tempo a chi ne ha già fin troppo poco: se state leggendo questo testo per curiosità, per simpatia o per cazzeggio e non volete conoscere i dettagli della città, le usanze dei francesi e quelle degli studenti in Erasmus, ma siete solo interessati all’aspetto umano della questione, evitate tutti i paragrafi centrali di questo testo. Leggete solo l’inizio ovvero “La partenza”, lo svolgimento ovvero “Vita da Erasmus”, ma solo il primo paragrafo e poi l’ultimo paragrafo, quello che riassume i sentimenti contrastanti legati al ritorno e che ho deciso di intitolare “il ritorno”. Se invece siete pronti per partire all’avventura, se avete lo zaino, la valigia, il trolley pronto, con dentro un sacco di cose che tanto comunque non indosserete e che dovrete restituire ad un parete che verrà a trovarvi in Erasmus, e in particolar modo se la valigia che avete preparato verrà con voi nella cittadina di Poitiers, potreste essere interessati a tutti gli altri paragrafi, che vi permetteranno di scoprire qualcosa in più sulla cultura francese e sulla cultura dei giovani studenti in viaggio. Buona lettura in ogni caso :))
VITA DA ERASMUS
Quando sono arrivata il cielo era azzurro, la stazione piena di gente. La città mi dava talmente tante vibrazioni positive che non capivo come avessi fatto a preoccuparmi tanto. I padroni di casa sono stati gentili, marito e moglie, sono venuti a prendermi in stazione in macchina. Mi sono seduta sui sedili dietro, insieme ad un cane enorme, un labrador, dolce e bavoso che nel giro di pochi mesi sarebbe venuto a mancare, ma io ancora non lo sapevo.
I proprietari dell’appartamento mi hanno portato a casa, mi hanno presentato i miei numerosi coinquilini e poi mi hanno lasciato lì e sono andati via, e all’improvviso ero sola ed ero a Poitiers.
Non tutto è stato facile, e in particolare è difficile imparare a conoscersi davvero, quando non siamo influenzati dalle cose a cui siamo abituati. Il primo pensiero quando si parte per l’Erasmus forse è che non siamo sicuri di saper convivere con un’altra cultura, ma la vera difficoltà sta nell’imparare a convivere con se stessi. Quando si fa un’esperienza di questo tipo, si impara a conoscere i propri ritmi e i propri limiti. Sai fare amicizia con gli sconosciuti incontrati al Café de la Paix, nella Place de l’Hotel de Ville? Sai trovare la voglia di alzarti dal divano e fare qualcosa di nuovo, come andare al cinema da solo? Sai comprare una bicicletta usata da un tizio che le vende in Place Henri Barbusse all’Atelier du Petit Plateau? Hai il coraggio di andare ad una festa organizzata dai ragazzi che abitano nei residence universitari, come quello di Marie Curie o quello di Michel Foucault? Ed è evidente che la risposta è sì: se hai trovato il coraggio, l’entusiasmo, la curiosità per pensare ad un’esperienza Erasmus, puoi trovare anche la forza di fare tutte le esperienze che ne derivano. Perchè una cosa è certa: sei giovane e il mondo non aspetta altro che te.
E quindi ti ritrovi a fare lunghe passeggiate vicino al cimitero in Rue de Fleury: scendi quella scaletta che non conosce nessuno e ti ritrovi in un parco bellissimo, dove qualche eletto che conosce il posto va a fare dei giri in bicicletta (perchè c’è inspiegabilmente un percorso per mountain bike). Vai sul tetto del parcheggio di Rue Henri Oudin, in centro, a vedere il tramonto e scopri quel percorso vicino al fiume, che si può imboccare ai piedi del Parc Blossac: affrontando una ripida discesa si passeggia vicino all’acqua e si raggiunge il ponte di pietra, dove passa il treno, e dove porterai tutti gli amici che vengono a farti visita dall’Italia. E poi trovi la voglia di partecipare a eventi buffi, organizzati al volo da studenti e da volontari (ma ora la mia amica Cléa ha contribuito a creare la ESN a Poitiers, un’organizzazione che aiuta gli studenti Erasmus a fare nuove esperienze e conoscere altri studenti da tutto il mondo e quindi ha reso tutto più facile).
E vai a cene in cui ognuno dei partecipanti porta qualcosa da mangiare, e senza saperlo assaggi cibi che vengono da tutto il mondo, perché ognuno ha messo una parte del suo paese nella pietanza che ha preparato. Ma quello che forse conta di più è che stringi legami unici, destinati a segnare la tua vita per sempre.
Quello che è assurdo è che a un certo punto diventa normale ascoltare un amico del Vietnam che suona l’ukulele in un appartamento preso in affitto sopra al cinema di Place du Marechal Leclerc, o andare in quel nuovo ristorante in Rue de Magenta, il MaMamia, che dovrebbe portare la cucina italiana a Poitiers ma mette inspiegabilmente la pancetta in una ciotola a parte... e alla fine la mangi lo stesso perchéchissenefrega, la compagnia vale più di una carbonara un po’ troppo francese.
Che poi, a questo proposito, per un italiano la cucina francese è tutta da scoprire. Mi sogno ancora di notte quella raclette fatta in casa dal mio coinquilino originario di Toulouse ma anche i formaggi di capra, tipici della regione di Poitiers, la Poitou Charentes, molto famosa per il formaggio di capra. Personalmente nella vita amo mangiare più di ogni altra cosa e ci sono cibi e profumi di Poitiers che non posso dimenticarmi: le madeleines al cioccolato nero di quel posticino in piazza Charles de Gaulle, dietro alla chiesa di Notre Dame, che si chiama La Grange à Pain. E le cene in quel ristorante così caratteristico, l’Auberge Le Cul de Paille, dove sui muri ci sono le firme di tutti gli artisti che sono passati di lì. Ma più di tutti, la sauce algèrienne del venditore di kebab vicino alla Mairie di Poitiers, in Rue de la Marne. Come mi manca! Non sono mai più riuscita a trovarla!
MANGIARE
Ci sono alcuni aspetti che mi piacerebbe approfondire della mia esperienza in Erasmus, e uno di questi è proprio il mio rapporto con il cibo. Quale italiana e buona forchetta, all’inizio la Francia mi lasciava un po’ perplessa per i suoi sapori. Ingenuamente pensavo di trovare nei supermercati prodotti similari se non addirittura gli stessi che si possono trovare nei supermercati italiani, tuttavia mi sbagliavo. Spesso e volentieri ho cercato cose che in Francia non esistono (come la maggior parte degli insaccati e salumi che abbiamo noi e che non è possibile trovare nei frigoriferi di Auchan e Carrefour, i supermercati più diffusi a Poitiers). Non è stato facile abituarsi a non vedere certi prodotti, e imparare ad utilizzarne degli altri ed inevitabilmente il primo periodo in cucina, in Erasmus, per tutti, è pieno di errori.
Il primo è stato sicuramente quello di fissarmi su prodotti italiani: una volta ho sentito un bisogno disperato di tortellini e mi sono scoperta a girare fra gli scaffali del supermercato completamente disorientata a caccia del sacro Grahal tipico dell’Emilia Romagna. Mi sono imbattuta in un ridicolo barattolo di latta (?) di tortellini al sugo (??) e spinta dal richiamo italiano l’ho comprato. Sono tornata a casa, l’ho messo in pentola, l’ho scaldato e quel sapore terrificante di plastica mi ha ricordato che mancavo dall’Italia da mesi. La storia del barattolo di tortellini comunque mi ha insegnato che quando si vive in un altro posto bisogna aprirsi al nuovo e al diverso, e così invece di cercare ancora specialità italiane ho iniziato a mangiare sempre più spesso il Camembert o il Rochefort e ho scoperto un mondo incredibile.
Un altro errore che si fa in cucina, agli inizi dell’Erasmus, se non si è abituati a vivere da soli, è il rispetto dei tempi di cottura. In Erasmus si fanno i primi esperimenti di cucina, si fanno girare le frittate come solo le mamme italiane sanno fare e si insegna ai coinquilini stranieri a cucinare la carbonara. All’inizio mi trovavo quasi sempre a mangiare cose mezze crude perchè purtroppo iniziavo a cucinare quando morivo già di fame e poi non avevo la pazienza di aspettare che il cibo fosse pronto e lo tiravo fuori dal forno prima del tempo. Uno dei miei coinquilini risolveva il problema ordinando ogni sera una pizza da Domino’s (sì, ce n’è uno nella piccola ma ben assortita cittadina di Poitiers).
Diciamo che in Erasmus ad un certo punto ci si trova messi alle strette. A meno che non siate partiti dall’Italia che eravate già chef d’alta cucina, in Erasmus bisogna imparare a cucinare per sopravvivere ma anche per piacere. Ci sono notti in cui si comincia a desiderare disperatamente un tiramisù o una lasagna, e dal momento che neppure se qualcuno ve la vendesse sarebbe paragonabile a quello che avete in mente, bisogna provare a farsela da soli… sì, lo so, la lasagna sembra impossibile, ma vi posso garantire che per fame e amore della propria cucina si arriva a sperimentare l’impossibile, e se non si demorde o non ci si lascia demoralizzare dagli insuccessi, a volte si riesce ad ottenere grandi, importanti successi.
In un’occasione, ad esempio, al mio coinquilino è venuta inspiegabilmente voglia di torta pere e cioccolato. Non avendo nessuno che potesse realizzarla per lui, ha comprato un libro di ricette e ha trafficato in cucina per tutto il pomeriggio. La sera l’ha condivisa con noi coinquilini (il di che di per sé rendeva la sua torta ancora più buona) e noi non smettavamo di fargli i complimenti.
CONVIVERE
La storia della torta del coinquilino tedesco forse può lasciare immaginare che vivere insieme ad altre persone sia un divertimento continuo. In realtà è un tipo di vita che dà gioie e dolori. Tutto sommato e considerate anche le osservazioni degli altri studenti Erasmus che ho conosciuto, sono felice di aver scelto la convivenza piuttosto che uno dei numerosi residence della città, fra cui i più frequentati sono quello di Marie Curie, quello di Rabelais, proprio vicino al campus degli studi umanistici, e quello di Michel Focault (dove però secondo me le stanze agli ultimi piani sono un po’ soffocanti e microscopiche). Io sono stata fortunata, tramite un sito che purtroppo non ricordo più, ho trovato un appartamento abbastanza grande e in cui le feste riuscivano particolarmente bene, con una bella stanza ariosa e colorata in Rue de Fleury. La zona è anche piuttosto comoda perchè in bicicletta si raggiunge il centro in una decina di minuti e per il periodo primaverile o estivo, in cui gli eventi in centro si moltiplicano, è un toccasana.
Vivere con dei coinquilini comunque non è sempre facile, nel mio caso nel nostro appartamento eravamo cinque, due donne e tre uomini e non sempre avere dei coinquili è divertente come in Friends. Certamente occorre organizzazione, spirito di adattamento e voglia di fare. Nel nostro caso avevamo una tabella excel realizzata dal coinquilino tedesco (che precisione!) con scritti i turni della settimana e i compiti di ciascuno di noi. Organizzare i propri compiti in casa, non solo aiuta ciascuno ad avere meno da fare, ma è un’esperienza che responsabilizza chi ha voglia di partecipare. Nel mio caso uno dei coinquilini era giovanissimo e tendeva a trascurare gli ambienti comuni e la propria stanza, tuttavia la cosa non lasciava indifferenti noialtri che abbiamo imparato a gestire il problema come una squadra e ad assumerci la responsabilità di discussioni costruttive e a sviluppare abilità di problem solving.
Un’altro aspetto interessante della convivenza riguarda pranzi e cene. Noi ci dividevamo la spesa per le cose comuni della casa, come detersivo per i piatti, detersivi in generale e carta igienica. Anche alcuni cibi e spezie che usavamo tutti, come cipolle e pepe nero, venivano inseriti nella spesa comune, per il resto ognuno pensava per sé. I ripiani del frigorifero erano uno a testa, e anche se ogni tanto qualcosa finiva sul ripiano sbagliato, devo dire che c’era rispetto delle cose degli altri. La convivenza comunque dà la possibilità di trovarsi a tavola tutti insieme per i pasti, e anche se ognuno si è cucinato il suo, perlomeno c’è qualcuno con cui parlare la sera, a fine giornata, quando un esame è andato bene o è andato male o quando ci sono problemi di cuore, come successo alla gran parte dei miei coinquilini. Inoltre, uno degli aspetti più importanti della convivenza, è che si ha la possibilità di imparare meglio la lingua del posto, che in genere accomuna tutti i coinquilini che abitano una casa Erasmus. Questo vale chiaramente se non si sceglie di andare a convivere con degli italiani. A questo proposito riporto le parole di un professore con cui ho parlato prima di lasciare l’Italia, che quando ha saputo che avevo dei coinquilini mi ha detto (testuali parole): “Evita gli italiani come la peste”. In questo ho avuto modo di credere fermamente col tempo: quando si è all’estero si tende a cercare persone con cui abbiamo qualcosa in comune (come la nazionalità) perché ci si sente un po’ disorientati. Questo però porta spesso ad allontanarsi dal diverso, e in questo senso, si perde un po’ il senso dell’Erasmus che è scoprire una nuova cultura e riscoprire se stessi al di là dei propri limiti.
PERCHE’ POITIERS? NON POTEVI SCEGLIERE PARIGI?
Se, come ho detto all’inizio, la vostra valigia è pronta per venire con voi nella cittadina di Poitiers, forse questo paragrafo potrebbe tornarvi utile. Quando sono partita io per questa piccola cittadina nel centro della Francia, non avevo grandi informazioni sulla cittadina, e forse da un certo punto di vista è stato un bene perchè non avevo grandi aspettative. Quando ho deciso di partire, come ho detto all’inizio, non sapevo esattamente che differenza ci fosse fra le varie città fra cui mi era possibile scegliere la mia meta per l’Erasmus, e forse, un po’ per istinto, intuizione o una botta di fortuna, ho scelto Poitiers.
Personalmente Parigi mi faceva gola, ma qualcuno di cui non ricordo il nome mi aveva detto che, quando i giovani studenti di tutte le città d’Europa compilano i documenti per iscriversi al programma Erasmus, la città di Parigi compare sempre al primo o al secondo posto. Chiaramente i posti sono limitati e appare evidente che non possiamo andare tutti nello stesso posto, altrimenti saremmo tutti stranieri e faticheremmo ad imparare qualcosa sulla cultura francese (lol), dunque fra le mete francesi ho scelto Poitiers e l’ho messa al primo posto fra le mete che preferivo. Non conoscevo quasi nulla, avevo visto le foto di alcuni palazzi semi medievali su Internet e una chiesa romana?, non avrei saputo dire con certezza, ma qualcosa mi attirava e così l’ho scelta. Una professoressa con cui ho fatto un colloquio preliminare prima di partire mi ha detto di non temere rifiuti da parte dell’Università per quella meta, nè tanto meno alcun tipo di ostacoli o liste d’attesa. Poitiers è una di quelle mete che quando la scegli te la tieni. Non te la toglie nessuno. Se la metti come scelta è già fatta. Non c'è fila, è facile come bere un bicchier d'acqua (e questo volendo è una cosa buona perchè è una scelta che non genera stress). E così, dopo aver segnato Poitiers come preferenza, la cosa era già fatta per metà.
Sembra tutto molto casuale a guardarsi indietro, ma effettivamente non è stata una scelta del tutto ponderata, è stato una specie di fortuito caso del destino. L’unica vera ragione per cui avevo scelto Poitiers era che avevo cercato informazioni approssimative su tutte le mete francesi a disposizione (perchè avevo perlomeno la certezza di voler andare in Francia) e Poitiers mi sembrava la cittadina più piccola di tutte. Avevo paura che in una grande città mi sarei potuta sentire spaesata, disorientata o perfino depressa. D’altra parte era la prima volta che mi avvicinavo ad un’esperienza tanto significativa e coraggiosa, e dunque mi aveva preso un pizzico di codarderia e avevo scelto una specie di porto sicuro, un nido in cui sentirmi tranquilla e non troppo sballottata. In fin dei conti la scelta si è rivelata ben più che azzeccata, per svariate la ragioni. La prima è che la Francia, quando si proviene dall’Italia, è cara. Non intendo cara come Londra o come le città del Nord Europa, ma cara nel senso che ogni cosa costa quel tantino in più da pesare a fine mese, quando si prende in mano l’agendina e si fanno due conti. Ogni piccola cosa, dai biscotti alla carne, dalle sigarette (anche se per fortuna non fumo) all’abbonamento dei mezzi, tutto costa un pochino di più, e un po’ la cosa si fa sentire, specie se come ho fatto io state partendo col budget un po’ tirato e contate di risparmiare sulle piccole cose per trarre il meglio spendendo il minimo possibile. Il lato positivo dell’Erasmus è che l’Università dà sempre una mano con piccole borse di studio, ma spesso (e nello specifico in Francia è un dato di fatto) la borsa Erasmus riesce a malapena a coprire la metà dell’affitto di una stanza. Nel mio caso sono stata fortunata, ho trovato una stanza a 280 euro al mese o giù di lì, e sono comunque riuscita a fare un’esperienza piena e dignitosa nonostante io abbia dovuto dire qualche no in più e fare qualche viaggetto e qualche serata in meno rispetto ad altri miei colleghi relativamente più agiati di me.
La Francia ad ogni modo è cara ed ho avuto modo di scoprire quanto fosse stata fortunata la mia scelta della città di Poitiers rispetto ad altre città maggiori solo quando ho avuto occasione di girare un po’ la nazione e scoprire le metropoli e le città più grandi. Nonostante Parigi sia M-O-Z-Z-A-F-I-A-T-O e non scherzo, (per la bellezza dei suoi monumenti, per l’incredibile storia, per le meraviglie volute e fatte realizzare da Re Luigi XIV, anche detto Re Sole, senza parlare dell’aspetto incantevole di strade e palazzi), la vita a Parigi è insostenibile per coloro che hanno, come dicevo, un budget ridotto o anche l’idea di vivere l’Erasmus un po’ come viene, con spensieratezza e poco denaro. Un abbonamento dei mezzi mensile per studenti a Parigi costa settanta euro. Gli affitti per me, fondamentalmente, e per il mio budget tirato, erano impensabili. Sono stata nella capitale un paio di volte in totale, e in entrambi i casi sono stata ospite di una giovane ragazza parigina, una giovane lavoratrice che viveva sola in un appartamentino di pochi metri quadri in un palazzo francese d’epoca, all’ultimo piano, con le finestre che davano sui tetti della città, e ci sono stata per alcuni giorni, senza dover pagare l’affitto, insieme ad un altro amico. Sembra un’occasione d’oro in effetti, ma è una cosa assolutamente normale. In Francia, fra i giovani infatti, va moltissimo un’attività chiamata couchsurfing (letteralmente “surf sui divani”): attraverso il sito di couchsurfing, in cui ci si iscrive e si racconta qualcosa di sè, è possibile trovare persone disposte ad ospitare altre persone sul divano di casa propria per il semplice spirito di condivisione della propria cultura e per alimentare e favorire la libera circolazione dei viaggiatori e dei cittadini del mondo. L’idea è bellissima anche se in Italia penso non funzionerebbe granchè, (anche se so che ci sono molti couchsurfer anche in Italia): siamo pieni di pregiudizi e un po’ spaventati dall’altro e da quello che non conosciamo in modo irrazionale e un po’ cinico, per cui è evidente che il sistema ha attaccato molto di più in Francia, dove i giovani tendono a sentirsi una comunità e un popolo di persone libere (anche se non è mai bene generalizzare, la mia percezione è stata un po’ questa). Tutto questo discorso, forse un po’ confuso ma sincero e genuino, intende comunque comunicarvi un’informazione importante che forse non viene mai detta in modo del tutto completa: scegliere una cittadina meno cara e più “provinciale” permette di trovare un rifugio tranquillo ed economico da cui partire per dei viaggi nel paese in cui si sta facendo l’Erasmus. In particolare, grazie all’opzione couchsurfing, che in Francia funziona molto bene, è possibile viaggiare quasi a costo zero, magari ricompensando chi ci ospita cucinando qualcosa del nostro paese per contraccambiare l’ospitalità o raccontandogli qualche storia della nostratradizione o anche solo condividendo una birra facendo due chiacchiere, e raccontando episodi di qualunque tipo come con un vecchio amico. Di solito chi ospita persone in couchsurfing è gente che lo fa da parecchio ed è dunque abituata a trattare con studenti, viaggiatori e stranieri di passaggio. Un altro dettaglio non proprio marginale della dicotomia fra Parigi e Potiers è che POitiers non solo è una cittadina di studenti dove dunque, quasi per antonomasia, è più facile fare amicizia. Essendo piccola infatti, le possibilità di rivedere più volte qualcuno in città sono alte e allo stesso modo è facile fare amicizia e chiacchierare in mezzo alla piazza con sconosciuti di ogni paese. Vicino alla chiesa di Notre Dame, un po’ il cuore pulsante della città, si trova inoltre l’Università in cui ha sede un dipartimento dedicato al Sud America, dunque sarà facile trovare ispanoablanti nel centro della città, oltre che frotte di francesi e di stranieri provenienti da tutto il mondo.
Ps. Non vorrei dilungarmi troppo sulla questione, ma dato che ne ho parlato, mi sento di aggiungere un piccolo post scriptum sul couchsurfing, più che altro per sentirmi tranquilla, dato che non ho spiegato in modo completo come funziona, come iscriversi e tutto il resto. C’è un dettaglio però che mi sento di sottolineare sul couchsurfing. Se non lo conoscevate sono sicura siate rimasti molto colpiti. Io quando l’ho scoperto non riuscivo a spiegarlo a mia madre che pensava sarei finita a “Chi l’ha visto?” prima di poter dire Quidditch, ma in realtà è una grande occasione per vivere da vicino la cultura e la personalità dei francesi. Comunque il mondo è pieno di persone cattive dunque qualche piccolo accorgimento: qquando ci si iscrive al sito del couchsurfing, vengono richieste parecchie informazioni e nello specifico lunghe descrizioni di se stessi per spiegare un po’ a chi ospita o a chi viene ospitato che tipo di persone si stanno mettendo in contatto con noi. Anche chi ospita infatti quache volta ha dei timori su chi si sta per mettere in casa. Siate sinceri, raccontate di voi, e cercate di lasciar intendere le vostre buone intenzioni. Per quanto riguarda i giudizi su chi ci ospita invece, trovate persone che abbiano almeno un paio di recensioni positive e leggete bene in che modo si sono descritti. Non andate proprio dal primo che vi capita a tiro, a meno che non siate finiti inspiegabilmente all’addiaccio e vi troviate ad organizzare tardi tutta la questione dell’alloggio (come è successo a me. Io e un’amica siamo state ospitate in couchsurfing da un ragazzo fantastico - senza recensioni - a Bordeaux che ci ha anche fatto da guida per la città, ma siamo state fortunate, o per meglio dire, ci siamo fidate. Sempre meglio trovare persone con recensioni per vivere l’esperienza con più serenità).
LA BATTAGLIA DI POITIERS
Un po’ di storia: Poitiers… Poitiers… Poitiers… il nome suona familiare, vero? Sì, è molto probabile che abbiate già sentito questo nome e verosimilmente l’avete trovato in qualche libro di storia quando eravate alla scuola media. Poitiers è il campo di battaglia della celebre battaglia di Poitiers, tenutasi l’11 ottobre del 732. Gli Ottomani, provenienti dalla penisola araba infatti, erano riusciti a riunire sotto di sè tutte le tribù e le piccole comunità di cui la penisola araba si componeva, ed avevano creato un unico grande impero che non smetteva di espandersi, di diffondere la propria cultura e la propria religione, il neonato Islam, fino a giungere nel Nord Africa e penetrare in Europa dalla Spagna. L’avanzata ottomana sembrava inarrestabile e i segni del contatto fra la cultura ottomana e quella spagnola sono ancora visibili nell’espressione artistica e nell’architettura della penisola Iberica, profondamente influenzata durante l’invasione ottomana. L’impero ottomano, che arrivava da Al-Andalus, il nome arabo per Andalusia e comandato dal suo governatore Abd al-Rahman intendeva raggiungere il cuore dell’Europa attraverso la Francia, tuttavia nella Battaglia di Poitiers l’esercito francese dei Franchi guidato da Carlo Martello (nonno di Carlo Magno) riuscì a sconfiggere l’esercito di Abd al-Rahman e ad arrestare l’avanzata ottomana in Europa. Da questo punto di vista la città ha un grande interesse storico e forse il suo nome resta legato profondamente a questa vicenda piuttosto rilevante del passato, tuttavia nella cittadina di Poitiers non è affatto evidente questo passato glorioso. La città è piuttosto umile e semplice, presenta alcuni elementi architettonici interessanti nel centro della città, ma non fa sfoggio alcuno della gloriosa battaglia di Carlo Martello. Personalmente non ho mai trovato indicazioni del tipo “Carlo Martello sconfisse qui gli ottomani” nè tantomeno cartelli con meno pretese del tipo “qui un ottomano inciampò”. Nulla di nulla. Rien de rien, direbbe Edith Piaf, celebre cantante francese del passato. Non ci sono riferimenti, o perlomeno, io non ho mai trovato riferimenti alcuni alla vicenda degli ottomani.
L’unica volta in cui se n’è parlato è stato in un pomeriggio noioso in casa coi miei coinquilini. La triste storia dell'attentato Bataclan era accaduta solo alcuni mesi prima, e una dei miei coinquilini si chiedeva se la città di Poitiers potesse avere qualche interesse per dei terroristi islamici. Io e il mio coinquilino spagnolo abbiamo ricordato le gesta eroiche di Carlo Martello e abbiamo sostenuto davanti allo sguardo smarrito e disperato della mia coinquilina che se fossimo stati dei terroristi saremmo partiti proprio dal punto in cui tutto era stato interrotto, Poitiers, per dimostrare la brutalità del terrorismo in Europa. A quel punto la mia coinquilina si è imbronciata e si è chiusa in camera per il resto della serata.
LA CITTA’
Poitiers, come ho già avuto modo di dire, è una città piuttosto piccola ma anche preziosa. Se siete della Lombardia o ne conoscete le fattezze, vi faccio un esempio comprensibile: Poitiers è della dimensione di Pavia, e ne racchiude anche lo stesso carattere universitario. Si tratta di una città universitaria, sempre viva perchè popolata da giovani studenti, ma in cui i locali chiudono presto in settimana. La città ruota fondamentalmente attorno al centro storico che si costituisce di due luoghi fondamentali:
-
la piazza in cui si trova la chiesa romanica di Notre Dame La Grande, costruita nella prima metà del XII secolo, davvero meravigliosa, anche all’interno dove si trovano vicino al pulpito alcuni ringraziamenti alla Madonna fatti incidere dai popolani su mattonelle di marmo e appese all’interno della chiesa a foderarne le colonne e le mura interne. Davvero uno spettacolo. La chiesa è stata ristrutturata fra il 1992 e il 2004 e ne sono risultati alcuni frammenti di pietra policromi, che hanno rivelato in pratica che la chiesa era inizialmente colorata. Per questo, durante le sere d’estate, e durante le vacanze di Natale al tramonto, vengono proiettate sulla chiesa alcune luci, che ne colorano la facciata facendola risplendere con i colori che ne abbellivano le mura in passato.
-
L’altro centro vitale della città è piazza du Marechal Leclerc, in cui si trova la Mairie de Poitiers, l’Hotel de Ville, o, per dirla all’italiana, il palazzo del comune. In Francia, se non avete mai avuto occasione di scoprirlo, gli Hotel de Ville sono sempre belli da vedere e la cosa è una certezza matematica tanto quanto il fatto che se in Francia c’è un bel monumento da vedere, da qualche parte lì vicino c’è una giostra a carosello. L’Hotel de Ville di Poitiers è particolarmente bello e se avete l’occasione di entrarci (di solito quando arrivano le nuove ondate di studenti stranieri l’università li invita tutti in una data per un evento di festa aprendo loro le porte dell’Hotel de Ville, tenete d’occhio le mail della Fac) avrete modo di confermare le vostre aspettative. Si affaccia su un’ampia piazza rettangolare, dove si trovano negozi come H&M, moltissimi ristoranti e un cinema sempre pieno di belle iniziative - in Francia infatti si incentivano spesso i giovani registi amatoriali e sovente si trovano al cinema film di ragazzi talentuosi o studenti di cinema, ai quali per altro finiscono i soldi delle tasse dei biglietti del cinema.
Fra la piazzetta della chiesa di Notre Dame La Grande e la piazza grande dell’Hotel de Ville si sviluppa un intricato gruppo di viette che si imparano a conoscere e riconoscere solo dopo lunghe passeggiate. Il mio consiglio è quello di abbandonarsi alle viette, di guardare verso l’alto, perchè alcuni palazzi sono davvero antichi e lasciarsi condurre dal venticello francese fra strade di ciottoli e boutique di dolci. Dietro alla chiesa di Notre Dame si trova un’altra piccola piazza, dove spesso i giovani si ritrovano per bere, giacchè è circondata di piccoli locali notturni.
Uno dei lati della chiesa di Notre Dame affaccia su un lungo stradone dove passano i bus e da cui partono altre strade in discesa verso luoghi remoti come la CAF, in cui gli studenti stranieri in Erasmus possono richiedere un piccolo sostegno economico per la casa (portando un bel pacco di documenti). Fra le varie vie che partono dalla zona degli autobus vicino a Notre Dame, ce n’è una che va verso una non meglio identificata via in cui si trova un grazioso negozietto di piercing e tatuaggi, e continuando a scendere si raggiunge l’orto botanico della città, un vero paradiso. D’estate si tengono anche concerti nella piazza dietro Notre Dame e piccoli eventi divertenti e occasione per ritrovarsi con gli amici. Di fronte alla chiesa invece si trova la Fac di giurisprudenza, bellissima e incantevole, d’epoca e graziosa e se non studiate giurisprudenza vi chiederete se non sia il caso di iniziare. Le sedi delle altre facoltà si trovano invece in una città studi dedicata, raggiungibile facilmente con uno dei bus che partono da Notre Dame. L’università è grande, fornita e moderna. Il campus è tutto vicino e l’università permette a tutti gli studenti di fare corsi gratuiti sportivi nella facoltà di scienze motorie. C’è ogni tipo di corso (anche se per alcuni conviene iscriversi presto, si riempiono facilmente): yoga, fitness, calcio, pallavolo, kayak… e sono tutti gratuiti, un altro degli aspetti super positivi dell’università francese. Non perdete questa occasione.
La compagnia di autobus di Poitiers si chiama Vitalis e i loro abbonamenti non spennano gli studenti come a Parigi, tuttavia gli orari sono sempre un po’ imprevedibili, in particolar modo di notte. Dal momento che la città è piccola comunque, io consiglio di acquistare una bicicletta usata e di girare il più possibile in bici. Secondo me infatti, la bicicletta a Poitiers ha due vantaggi. Il primo è che non è definitiva, la rivenderete a qualche studente quando ripartirete da Poitiers, e allo stesso tempo avrete modo di studiare la città nei suoi particolari e scoprire luoghi meravigliosi, giardini nascosti e palazzi bizzarri durante la pedalata.
Esiste un terzo luogo degno di nota a Poitiers e parlo della cattedrale Saint Pierre. Si raggiunge percorrendo una lunga via in discesa (da provare in bicletta per i più spericolati - a me è quasi venuto un infarto!) che inizia in un vicolo a metà fra la chiesa di Notre Dame e la piazza dell’Hotel de Ville. La discesa è lunga e mi sembra di ricordare che a metà si trovi uno dei residence per studenti della città, e alla fine della discesa ci si trova in una piazza forse troppi piccola per ospitare la grande cattedrale di Saint Pierre. Dico così perchè potrete provare in ogni modo, ma non vi riuscirà di scattare una foto decente alla facciata perchè lo spiazzo davanti alla cattedrale in cui allontanarvi per trovare una bella inquadratura è troppo ridotto. La cattedrale all’esterno è davvero mastodontica, e all’interno non è da meno. I colonnati sono altissimi e vi lasceranno stupefatti per la loro grandezza, tuttavia l’interno è scarsamente decorato e non ci sono dunque grandi cose da vedere, apparte godersi la maestosità e l’altezza del soffitto della cattedrale.
Ci sono altre piccole chiese in città, come la chiesa di Saint Hilaire, lungo una delle vie che partono in discesa dal centro della città, e forse possono darvi anche di più, ma la cattedrale di Saint Pierre mi è rimasta nel cuore, forse soprattutto per quella via che bisogna percorre per raggiungerla, quando si cammina a lungo in discesa per poi trovarsi faccia a faccia con quella pantagruelica facciata.
Esiste anche un modesto museo a Poitiers e un planetario, tuttavia la cosa che viene più pubblicizzata in città è il Futuroscope, un posto in cui tecnologie "d'avanguardia" tipo il 3D... animano un parco divertimenti. Personalmente non sono andata, ho temuto si trattasse di uno spreco di soldi e ho preferito viaggiare per la Francia, ma la scelta definitiva spetta a voi.
La città è un po’ tutta qui, ma per quanto mi riguarda era esattamente ciò che mi aspettavo. La mia idea era di trovare un posto rilassante, dove imparare a conoscere me stessa e la cultura francese e Poitiers non mi ha affatto delusa. Inoltre la città tutta da scoprire e ci sono alcuni scorci inspiegabili da raggiungere che permettono di avere una fantastica visuale sul Clain, il fiume che attraversa Poitiers e che in alcuni punti, al tramonto, fa sembrare la città una città delle bambole. La mia coinquilina detestava Poitiers e io non sono mai stata tanto in disaccordo con lei come quando diceva: “Poitiers non ha nulla da offrire”.
RELAZIONI A DISTANZA: NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO
Sono certa che questo sia un tasto dolente per la maggior parte delle persone che decidono di partire per fare un’esperienza Erasmus. Questo tipo di viaggio infatti si trova cronologicamente all’interno di un percorso universitario, dunque chi l’affronta è giovane e naturalmente non manca di aver creato qualche liason nel luogo natio con grande probabilità. Avete un partner e state per partire? Siamo tutti d’accordo che non sarà facile. Certamente la cosa si fa ancora più difficile se la vostra relazione è iniziata da poco, tuttavia non è impossibile. Al momento sono passati due anni dalla mia esperienza Erasmus e posso dire con assoluta certezza che i mesi all’estero passano in modo incredibilmente veloce. Quando ci si guarda indietro dopo qualche tempo, sembra tutto irreale, lontano, un’esperienza relegata nel passato, come un sogno. L’Erasmus dal punto di vista di una coppia non è una cosa che segna per sempre, è un piccolo ostacolo di coppia ma un grande obiettivo personale, ed è sotto questa luce che tutta la questione deve essere analizzata dai partner. Il mio ragazzo, prima di partire, mi ha incoraggiata - a denti stretti - a non perdere la grande opportunità che mi veniva offerta. E’ evidente che per nessuno dei due era facile, ma sapevamo che ci saremmo aspettati a vicenda e quindi ce l’abbiamo fatta. Chiaramente la questione può essere analizzata da due punti di vista. quello di chi parte e quello di chi resta.
CHI PARTE: naturalmente chi parte è avvantaggiato. La mattina in cui ho lasciato l’Italia per la Francia ero agitata e triste, ma ero anche elettrizzata all’idea di partire. Quando ho salutato il mio ragazzo in stazione, dai finestrini del vetro, piangevo come una fontana. Da un lato non riuscivo a capacitarmi del fatto che non ci saremmo visti per mesi, dall’altro sapevo che sarebbe stato così e cercavo di memorizzare più dettagli che potevo di lui, del suo volto, dei suoi gesti, per portarli con me e custodirli per tutto il tempo fino a quando non ci saremmo rivisti. Quando il treno è partito piangevi ancora, poi ci siamo scambiati qualche messaggio, e poi ho iniziato a fantasticare su cosa mi attendesse e ho smesso di essere triste e ho iniziato ad essere emozionata e impaziente.
CHI RESTA: quella mattina il mio compagno è tornato a casa a dormire (sono partita all’alba), poi è andato a lavorare e non è riuscito a togliersi l’angoscia di dosso per tutto il giorno. Non è stato facile per lui, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta. Se avesse cercato di demoivarmi, se avesse cercato di farmi sentire insicura, non solo non mi avrebbe mostrato alcun tipo di rispetto, ma non ne avrebbe mostrato neppure per le mie ambizioni ed i miei sogni. Studiavo lingue, faceva parte del mio percorso. Se avesse cercato di mettermi i bastoni fra le ruote non se lo sarebbe potuto perdonare. Mi amava e voleva il meglio per me, per cui mi ha lasciato andare e non si è mai mostrato triste o indebolito, ma sempre positivo e fiducioso.
CHI PARTE: appena arrivata in Francia ho iniziato a conoscere persone nuove, sin dal primo istante e poi nuovi spazi, nuovi ambienti, nuove architetture. All’inizio fa un po’ paura (ci ho messo tantissimo tempo prima di girare tutto il centro della città senza avere paura di perdermi) ma tutto arriva, se si ha la pazienza e la costanza di dedicare un po’ di tempo alla scoperta e c’è solo da guadagnarci a scoprire cose nuove. Il tempo passa in fretta, i giorni si susseguono velocemente, mi fa pensare a quelle scene dei film americani dove si vedono le pagine del calendario che si staccano in fila, velocemente, una dietro l’altra, e il tempo passa, i capelli crescono, si sorride di più e ci si stressa di meno per tutti i problemi che abbiamo lasciato alle nostre spalle, nel paese da cui proveniamo, e che sembrano lontani e piccoli, come se non ci potessero toccare e abbiamo finalmente il tempo da dedicare a noi stessi e per fare tutto quello che abbiamo sempre desiderato fare. Per quanto mi riguarda, ho scritto un libro in questo periodo, che è stato pubblicato per una serie di inspiegabili coincidenze al mio rientro in Italia. Non ce l’avrei mai fatta senza l’esperienza Erasmus.
CHI RESTA: le giornate sono lunghe, la persona a cui teniamo è dall’altra parte del mondo - o almeno così sembra - e tutto sembra più triste e difficile. Chiaramente l’Erasus non è più come una decina di anni fa, o di più, quando non ci si poteva tenere proprio in contatto come ora. Adesso c’è Whatsapp, comodissimo per fare le telefonate dall’estero senza pagare (anche se credo che le nuove leggi europee abbiano tolto le tasse sulle telefonate da una nazione all’altra dell’Unione Europea) e c’è Skype per quelli che non possono fare a meno di vedersi.
Nel mio caso, io e il mio ragazzo abbiamo deciso di vederci a metà del mio Erasmus, solo una volta. Quando ci siamo incontrati alla stazione di Poitiers, quando l’ho visto da lontano e l’ho riconosciuto, è stata un’emozione grandissima, e sono scoppiata a piangere. Tuttavia non riuscivo stranamente a riconoscere la sua voce. Mi sembrava strana, mi ero abituata al suono della sua voce al telefono, che chiaramente era molto diverso da quello reale e per un momento ho avuto come una sensazione di non conoscerlo. Quando ci siamo rivisti abbiamo dovuto riabituarci a tutto, al contatto, alla nostra presenza reciproca nella stessa stanza e all’inizio, ho avuto come la sensazione che si stessero invadendo i miei spazi. Sembra stupido, ma in Erasmus ci si abitua ad avere i propri tempi, i propri spazi, le proprie abitudini, e quando qualcuno che ci conosce arriva, pensa che sia rimasto tutto come prima, perchè chiaramente non è l’altra persona che sta vivendo un cambiamento interiore, siamo noi, e questo genera un po’ di confusione, smarrimento o sentimento di rifiuto dell’altro. Quando dopo qualche giorno è ripartito però, mi ero talmente riabituata alla sua presenza che quando l’ho lasciato alla stazione all’alba ero distrutta e non avevo nemmeno la forza di tornare a casa. Sono rimasta seduta ad una fermata del bus per non so quanto tempo a chiedermi cosa mi aspettasse ora che se n’era andato. E’ stato terribile, all’improvviso si è di nuovo soli. Sono stata abbattuta per tutta la settimana successiva. L’eco di quei giorni mi ha lasciato a pezzi. Poi piano piano ho ricominciato la scoperta della Francia e quel sentimento di tristezza se n’è andato. Credo comunque che sia importantissimo che CHI RESTA vada a trovare chi è partito nella città in cui sta svolgendo l’Erasmus. Siamo andati via, stiamo cambiando profondamente, e se il partner si disinteressa al nostro cambiamento, non sarà abbastanza aggiornato al nostro rientro e sarà difficile recuperare da dove ci si era lasciati.
CHI PARTE: Quando sono rientrata non è stato facile riabituarmi alla quotidianità italiana, completamente diversa da quella francese - a partire dal fatto che tornavo a vivere in casa, in famiglia, invece di essere ancora indipendente come a Poitiers - ma ci sono riuscita un pochino alla volta. Mantenermi in contatto col partner è stato importante per me, perchè ho potuto aggiornarlo costantemente su quello che scoprivo, sulle esperienze che facevo, in un percorso di condivisione in remoto. Ho pensato che se avesse fatto, almeno parzialmente, le mie stesse esperienze, anche solo attraverso la mia voce al telefono, sarebbe stato partecipe, si sarebbe sentito più presente e più integrato nella mia esperienza, non isolato o abbandonato, e spesso si è entusiasmato più di me per le cose che mi accadevano intorno o per le persone che ho conosciuto. Quando sono tornata, superato il primo scoglio iniziale, come quello di quando era venuto a trovarmi, ci siamo subito ritrovati. Quando una coppia “sopravvive” all’esperienza Erasmus, dimostra una grande solidità, un grande rispetto reciproco, un grande spirito di squadra e si rivela spesso un’accoppiata vincente. Sei mesi dopo l’Erasmus, io e lui siamo andati a convivere in un appartamentino tutto nostro e la scelta fino ad oggi si è rivelata ben più che azzeccata :)
ESAMI E FESTE
Forse c’è un altro capitolo che va aggiunto a questo articolo ed è la questione delle feste. Credo ci sia questo cliché (sarà un cliché?) che in Erasmus si è tutti festaioli. A questo proposito secondo me è bene ricordare che l’Erasmus resta a tutti gli effetti un’esperienza di studio. Se si parte in Erasmus con l’idea di andare a non fare un bel nulla, bere, uriacarsi e ballare tutto il tempo, penso che ci sia un errore di fondo. L’Erasmus non è Ibiza, e comunque le aspettative di chi parte con questa idea vengono smontate immediatamente. In Erasmus si ha l’incredibile opportunità di vivere un’altra cultura da vicino, di guardarla dall’interno ed è bene essere lucidi e svegli per cogliere il massimo da questa esperienza. Certamente le feste sono parte della vita di uno studente universitario, e a Poitiers forse di più, forse per il fatto che la città si spegne un po’ dal lunedì al giovedì sera. Ma essendo una cittadina di universitari, per la maggior parte della giornata si è impegnati a lezione, o a studiare con qualche compagno di corso, e si preparano gli esami.
Apro una parentesi al riguardo degli esami universitari in Francia, perchè li ho trovati degni di nota: secondo me, gli esami francesi sono un’esperienza assolutamente bizzarra per noi italiani. Gli esami orali non sono domande a bruciapelo a cui bisogna rispondere nei primi due secondi dalla domanda. La domanda viene scritta su un foglio e poi si viene mandati col proprio foglietto in isolamento per mezz’oretta: lo scopo è di pensare ad una risposta completa che tocchi un po’ di punti del programma e dimostri che si è in grado di fare un ragionamento intelligente e coerente su quello che si è fatto durante i mesi passati in aula a seguire le lezioni.
Per uno degli esami di Editoria, sono dovuta andare ad intervistare il libraio che vende fumetti vicino a Notre Dame, il suo negozio si chiama Bulles D’encre ed è un must per tutti i collezionisti di action figure e fumetti, ma anche per chi vuole curiosare nel mondo della bande dessinée francese. Insomma, il modo di studiare ed affrontare gli esami in Francia è di per sé un’esperienza elettrizzante e ben lontana dal nostro modo di studiare in Italia, dove si preferisce quasi sempre l’approccio teorico a quello pratico. Sebbene spesso in aula io mi sia sentita più preparata dei miei compagni, in particolare su aspetti teorici della letteratura, ho riscontrato invece una bellissima e preziosissima capacità di elaborare pensieri critici da parte dei giovani francesi e questo è stato sicuramente parte del percorso che mi ha aiutato a farmi domande su me stessa e a mettermi in discussione.
Quanto alle feste, come ho detto, ce n’è in grande quantità. L’atteggiamento più comune è quello di portare a casa di chi organizza la festa una bottiglia di vino per se stessi, e ognuno fa altrettanto. In questo senso, la festa è piena d’alcol, ma la situazione è sotto controllo e serena. Gli ambienti non sono mai violenti o scortesi, ma ci si trova sempre in ambienti rilassanti e stimolanti in cui parlare, ridere e sperimentare cose nuove. Trovo che la bellezza dell’Erasmus sia il fatto che chi sceglie di fare questo percorso è sempre una persona dalla mentalità aperta e questo permette di creare tavole imbandite di discorsi stimolanti e interessanti spunti di riflessione, anche quando si stanno dicendo stupidaggini o ci si ritrova per due chiacchiere spensierate. Il clima di condivisione che si respira continuamente, fornisce secondo me terreno fertile a chiunque sia ben disposto a cogliere i frutti di una bella discussione.
Mentalità aperta e positiva e cuore sereno e ben disposto devono essere le caratteristiche con cui ci si pone durante l’Erasmus. Solo così si può cogliere il meglio, e tutto il resto arriva da sé.
IL RITORNO
Insomma, i mesi in Erasmus passano velocemente. Senza accorgersene ci si ritrova su un pullman, a fare venti ore di viaggio per tornare in Italia, perché l’idea di prendere un aereo e rientrare in fretta, in un paio d’ore, spaventa un po’. Seduti sul sedile, mentre si guarda fuori dal vetro, ci si domanda dove andrà a finire tutto quello che si è imparato in quei mesi che sembravano dover durare per sempre e invece sono già finiti. E tutto quello che abbiamo vissuto varrà ancora qualcosa quando saremo tornati a casa?A ripensarci, ci si rende conto che è il concetto di casa che è cambiato per sempre, quando si rientra e noi stessi cambiamo per sempre dopo un’esperienza così. Qualcosa dunque, l’Erasmus deve aver significato.
Poitiers è stata per me un’esperienza semplicemente bella. La città è piccola, universitaria, giovane, spensierata, facile e umile. Fare conoscenza è più semplice che nelle città grandi come Parigi. In settimana tutti i locali chiudono presto, ma gli universitari sanno sempre come passare la serata in compagnia. Partendo da Poitiers ho fatto anche diverse gite in altre città, come Bordeaux, Tours o La Rochelle, perché la città si trova in una posizione piuttosto strategica e ho avuto modo di viaggiare da sola, che mi ha insegnato tantissimo. Quando sono rientrata in Italia ho ritrovato il mio fidanzato, la mia famiglia, il mio cane, ma io ero diversa e tutti in un modo o nell’altro se ne sono accorti. Chi è venuto a trovarmi a Poitiers, durante il mio soggiorno, ha sperimentato di persona l’energia esplosiva degli studenti in Erasmus che frequentavo e chi mi ha invece abbracciato al mio ritorno in Italia non ha potuto fare a meno di sorridere quando raccontavo la mia esperienza. L’Erasmus lascia un segno indelebile, impossibile da dimenticare.
Tu che stai leggendo, che pensi possa essere dura mollare tutto, che pensi di non potercela fare o che tremi anche solo un pochino all’idea di andare via, sappi che al tuo rientro, quando ti guarderai indietro, vedrai il paesaggio più bello che tu abbia mai immaginato. E sorriderai come non hai mai fatto prima.
RIFLESSIONI PERSONALI
L’esperienza Erasmus è più complessa di quello che si creda. Se, come me, avete qualche amico un po’ chiuso nelle proprie convinzioni, magari cinico o poco incline alla scoperta dell’animo umano, non aspettatevi che capisca cosa vi è successo e non domandatevi perchè al rientro dall'Erasmus siate tanto delusi da tutto quello che vi circonda. Senza creare allarmismi, è bene dire che spesso le università mettono a disposizione servizi di psicologi specializzati per accogliere gli studenti partiti per l’Erasmus e rientrati da poco. Prima di partire per la Francia ho chiesto ad un’amica, rientrata da un annetto da un Erasmus in Spagna: “a un certo punto questa tristezza passa?” e lei mi ha risposto: “sì, ma dall’Erasmus non si torna indietro”. In un certo qual modo è vero. Quando vivi tutto quello che vivi, conosci persone nuove, fai esperienze che ti toccano nel profondo, visiti posti nuovi, impari a scoprire te stesso, a conoscerti, ad andare d’accordo col tuo carattere e col tuo corpo, e poi rientri, nessuno sa davvero cosa ti ha attraversato l’animo per tutto quel periodo. Quella sensazione di non essere compresi dura parecchio, è innegabile. Questo sentimento per altro non è un’esclusiva dell’esperienza Erasmus. Se avete amici che sono stati lontani da casa per un lungo periodo per qualsiasi altra ragione, un corso in un’altra città italiana o all’estero piuttosto che un lungo viaggio zaino in spalla, vi diranno che il rientro è sempre traumatico. E non si tratta di un rientro traumatico come quello di quando si torna dal mare e ci si rimette a lavorare a settembre, è proprio traumatico dentro di noi, è come rendersi conto che tutto quello che abbiamo vissuto è come svanito nel nulla. Una ragazza che ha letto questo testo alla sua prima stesura, l’ha commentato scrivendomi questo:
«Sono adesso in Erasmus, ho letto tutto fino in fondo e mi ritrovo in ogni singola cosa. In realtà la cosa più difficile in questo momento è che sto cercando disperatamente di legare con la mia coinquilina tedesca (li amo e non posso farci niente!). Però so anche che prima o poi tutto questo finirà e non so cosa ne sarà di lei, né di me, né di questo legame che stiamo costruendo con fatica tra un tiramisù e una porta sbattuta in faccia in una giornata no. Volevo chiederti se sei mai più tornata nella tua città Erasmus e se hai più sentito qualcuna delle persone che hai incontrato lí. Mi saresti di grande aiuto perché davvero, più passa il tempo e più mi sento male all'idea che tutto questo possa finire. Grazie mille.»
Quando ho letto queste parole non ho potuto fare a meno di ricordare quanto quelle sue parole fossero vere, quanto vivere in Erasmus ci faccia sentire costantemente in bilico, a domandarci cosa accadrà quando sarà tutto finito. Le ho risposto così:
«Sono stata a Poitiers nel 2016. Sono passati due anni ormai. La verità è che non ci sono mai più tornata in quella cittadina ma quando ho scritto questo testo sono andata a rispolverare dei ricordi e mi è venuta una gran voglia di tornare. Tuttavia una cosa va detta: se tornassi ora, non ci sarebbe più nessuno. Quella che stai vivendo e che ho vissuto anche io è una coincidenza delle stelle, le persone che stai incontrando, gli eventi che stai vivendo, sono lì adesso e poi quella combinazione di persone non esisterà più nella città in cui ti trovi ora. Ma le persone continueranno ad esistere, quelle sì, e le ritroverai in giro per il mondo. Qualche tempo fa è venuta a trovarmi un'amica dall'Argentina e poi un amico dal Messico. Potrai andare a trovare tutti e in virtù dei legami che stai costruendo, nessuno ti chiuderà la porta. La città in cui ti trovi ora ti lascerà bellissimi ricordi ma sarà vuota quando andrai via. Dovrai andare a scoprire tutte le altre città del mondo, attraverso i tuoi amici, attraverso le chat con loro, attraverso dei viaggi nel loro paese o ospitandoli nel tuo. Quando l'Erasmus sarà finito inizierà la vita, e vedrai, è bellissima.»
Diciamo che da un certo punto di vista credo davvero in quello che ho scritto. E’ vero che la vita inizia dopo l’Erasmus, è vero che è lo stimolo, la scintilla che innesca la nostra curiosità per la vita, ma a volte pensare che quel piccolo mondo che abbiamo imparato a conoscere svanirà a breve e quell’intreccio di persone, profumi, simpatie, amori non esisterà più in quella stessa identica maniera lascia un po’ di amaro in bocca. Ma la vita è fatta così, è piena di momenti unici e meravigliosi, e bisogna saper cogliere il meglio e poi andare avanti, e voltarsi indietro solo per osservare il passato come si fa con una boccia di pesci, dall’alto, per curiosità, senza giudicare e senza provare a rimestare. Ho scritto a quella ragazza che la vita inizia dopo l’Erasmus… ho detto che l’Erasmus è la scintilla. E’ vero, o perlomeno è risultato vero per me, che dopo quell’esperienza non sono più riuscita a star ferma in un solo posto. Cerco di viaggiare ogni anno, col mio ragazzo naturalmente - che si è decisamente dimostrato all’altezza del mio wanderlust - e siamo stati nelle Filippine, ospiti di una famiglia del posto, e poi in India, zaino in spalla per un mese, assaggiando cibi strani e piccanti e godendoci la vita come abitanti del posto. Prima dell’Erasmus la mia attitudine ai viaggi era diversa, portavo le mie convinzioni, i miei punti di riferimento, e cercavo di farli quadrare nel posto in cui andavo. Dopo l’Erasmus ho iniziato a capire quanto fosse vero che ogni cosa è relativa. Ho iniziato a vivere di più la cultura dei posti che ho visitato, ho iniziato ad avere fiducia nel prossimo, ad essere curiosa dei modi che hanno le altre culture del mondo di vivere e organizzare la vita. In India sono stata ospite in casa di due ragazzini che mangiavano sul pavimento, e ho mangiato sul pavimento e poi sono stata ad una cerimonia di fidanzamento e ho pregato senza scarpe in un albergo di Varanasi. Forse prima di partire per l’Erasmus non avrei pensato ad un viaggio del genere ma soprattutto non pensavo di avere il coraggio di vivere il mondo così a fondo, di respirarlo a pieni polmoni. E invece ne sono stata capace e dirò di più mi è pure piaciuto! L’Erasmus, continuerò a ripeterlo a chiunque me lo chieda, è un’esperienza che ti cambia la vita. E se non te lo chiedono, perchè sono troppo chiusi mentalmente o perchè pensano che quell’esperienza non sia altro che un capriccio travestito da percorso di studi, affari loro. Non sanno che si perdono.
Galleria foto
Condividi la tua esperienza Erasmus su Université de Poitiers!
Se conosci Université de Poitiers come abitante nativo, viaggiatore o studente in scambio... condividi la tua opinione su Université de Poitiers! Vota le varie caratteristiche e condividi la tua esperienza.
Aggiungi esperienza →
Commenti (0 commenti)