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Siena - economia

Pubblicato da flag-it Cosimo Bernardi — 5 anni fa

0 Tags: flag-it Esperienze Erasmus Siena, Siena, Italia


Siena è una città fantatica che mi ha permesso di sviluppare una delle mie piu grandi passioni ossia l'economia. Nella fatispecie mi sono concentrato sulla goverannce familiare e l'impatto che questa può avere nella performance familiare. A siena l'economia si respira in ogni angolo di strada e infatti vorrei parlarvi del mio piu grande interesso sopra citato. Negli ultimi anni un notevole numero di ricerche si è preoccupato di indagare le differenze di performance che esistono, all’ interno della comparazione tra imprese familiari e non familiari, per poter meglio comprendere se e in quale maniera il coinvolgimento della famiglia nella proprietà (FIO) e il coinvolgimento di questa in mansioni gestionali (FIM) possa in qualche maniera essere impattante sulle performance. Uno studio di tale portata, ossia di indagine sulla governance familiare, non è soltanto conveniente, poiché amplia le ricerche su una forma di impresa spesso trascurata, ma ci consente di comprendere al meglio forme di governance alternative, rispetto alle public companies, alla luce dei più recenti scandali finanziari, di cui si è parlato in precedenza, che hanno minato la fiducia degli investitori (Enron, Parmalat). Ad ogni modo poiché, i risultati che provengono da queste ricerche non ci consentono di pervenire a delle risposte certe e condivise, appare necessario dover ampliare le ricerche per giungere sempre più a delle conclusioni quanto più obiettive possibili. Associazioni positive, negative e nulle sono state trovate tra queste variabili in relazione a diverse misure di performance. Possiamo, con certezza affermare, che la produzione di questi risultati, in conflitto tra di loro, sono il frutto della presenza, in queste realtà aziendali, come in qualsiasi altra azienda, di vantaggi e svantaggi. Non a caso in un paper Moores & Barettstabiliscono che  la presenza di soggetti familiari all’ interno dei vertici aziendali e/o in compiti gestionali può essere positivo o negativo, perciò si dovrebbe creare un’ unica paradossale condizione per poterli affrontare.

Per queste, preliminari condizioni, e alla luce dei contrastanti risultati che provengono a noi, dalle precedenti ricerche noi ci aspettiamo che le relazioni tra le performance e l’ impresa familiare, in tutte le sue declinazioni abbia un andamento non lineare.

Noi testiamo queste due ipotesi in quanto, consapevoli del fatto che ci possano essere sia effetti positivi ce negativi, supponiamo però che la presenza di effetti positivi si possano avvertire solo a condizione che la proprietà familiare, cosi come la presenza all’ interno di mansioni gestionali, in questo caso il Consiglio di Amministrazione non sia fortemente concetrata e vi sia una buona composizione di familairi ed esterni. 

Per fare ciò, e stato necessario dividere il lavoro in due parti principali, la prima che avesse come scopo quelli di descrizione e teorizzazione, la seconda invece che avesse un carattere empiricio, testando le ipotesi da noi effettuate.

Nello specifico nel primo capitolo si sono gettate le basi che consentano di comprendere meglio questo tipo d’ impresa, e soprattutto come abbia potuto resistere, al giorno d’ oggi nonostante vi fosse una riluttanza verso questa da parte di molti.

Inoltre ci siamo voluti concentrare su un punto che rappresenta ancora una sfida al giorno d’ oggi ossia il “family business definition dilemma” infatti, nonostante le dimensioni del fenomeno non si può dire che vi sia una visione unitaria in merito alla definizione prevalente, con problemi che si ripercuotono all’ interno delle analisi empiriche, in merito alla costruzione dei campioni e alle comparazioni con altri studi.

Infine sono state studiate le caratteristiche tipiche, circa la corporate governance, non a caso, il family business caratterizzandosi della presenza di due istituti, presenta delle declinazioni in merito agli organi dei due istituti.

Nel secondo capitolo, invece, sono state fornite le prospettive teoriche prevalenti, in materia di governo aziendale e di governance familiare, nello specifico (agency,steardship, stagnation) adottando un approccio resource-based, con l’ ausilio di un lavoro di D. Miller e I. Le Breton Miller.

Una volta presentate queste teorie, e messo in luce gli aspetti positivi e negativi di una governance familiare, sono state delineate delle ipotesi in merito ai due filoni che sono sotto la nostra lente d’ ingrandimento: il coinvolgimento familiare nella proprietà e il suo coinvolgimento nella gestione.

Il capitolo 3 ha avuto come principale obiettivo quello di fare il punto della situazione, attraverso la rassegna delle analisi condotte fino a questo momento, in merito agli effetti che la governance familiare può avere sulle performance, e fornire le principali evidenze dei risultati esistenti.

Venendo poi alla parte principale del nostro lavoro, ci si è voluti indagare su quello che è l’ impatto sulla performance della proprietà familiare o del coinvolgimento, testando le nostre ipotesi su un campione di 201 imprese quotate in Borsa Italiana per un periodo reiterato che va dal 2011 al 2015. Il campione complessivo ha dato origine ad un panel di 1005 osservazioni, fortemente bilanciato.

Nonostante lo scopo fosse quello di testare il legame tra variabili indipendente e variabile dipendente, alla variabile indipendente che si voleva di volta in volta indagare  sono state legate ulteriori variabili di controllo,  rappresentate da quelle comunemente utilizzate : Età : riferendosi in questo caso agli anni dell’ azienda

  • Firm size: riferendosi invece alla dimensione dell’ azienda, catturata attraverso il numero dei dipendenti.
  • Settore: definita in base a delle variabili dummy in base al numero dei settori.
  • Firms’ area in base all’ area di attività di pertinenza per poter catturare eventuali effetti dall’ essere ubicati in una zona o in un’ altra. Per meglio catturare i risultati che volevamo raggiungere si è fatto ausilio di un modello ad effetti random che utilizzano un diverso metodo di stima dei coefficienti da quello comunemente utilizzato ossia il feasible GLS; ciò è stato supportato da un test di eteroschedasticità. 

    Dai contributi che provengono da associazioni di categoria, ricercatori supportati da fondazioni, scuole che offrono programmi di family business, si comprende come l’ interesse verso l’ impresa familiare, stia riscontrando, negli ultimi anni, particolare successo.

    Questo specifico interesse  è da attribuire anche alle scuole di matrice italiana, favorito sostanzialmente dallo sviluppo economico del nostro paese, caratterizzato dalla crescente presenza di questi modelli e la contestuale discesa, in ambito internazionale, di strutture imprenditoriali caratterizzate dalla diffusione dei capitali, in maniera rilevante,  tra il pubblico degli investitori.

    In anni relativamente recenti, per motivi che vanno ricercati nella difficoltà di trovare una definizione comune e la volontà di dettare una politica economica comune atta a supportare questi modelli, anche le istituzioni nazionali e non hanno voluto prestare attenzione dandone il loro contributo.

    La letteratura nei confronti del family business prima degli anni ’80 è pressoché sterile; solo da quel momento tende a rivestire un’ interesse continuativo da parte di molti. Nel 1983 l’ Organizational Dynamic dedicò un numero speciale all’ argomento e la rivista, attualmente dedicata (Family Business Review) vedeva la luce nel 1988.

    Il motivo principale per cui vi è stato questo cambiamento di tendenza negli studi, è da attribuire alla longevità, che queste imprese manifestano, in quanto molte di queste sorte a cavallo del dopoguerra, riuscivano a resistere e durare anche a lungo nel tempo, tanto da dover effettuare il salto di generazione tipico di questo tipo di compagine aziendale.

    Non a caso il motivo per cui si ritenesse, che il family business avesse caratteristiche poco interessanti, e quindi ritenuto, il suo studio, scartabile a priori, era da ricercare nel pensiero appartenente a molti che si trattasse di un modello ormai superato e pieno di criticità tangibili.

    Si può facilmente comprendere, come questo tipo di modello, calzi molto bene e sia il modello premiante, nei settori a bassa intensità di capitale, nei cui settori è stato dimostrato come queste caratteristiche, che non necessitano forzatamente di conoscenze di tipo manageriali resistono abbastanza bene e possano rivelarsi fonte di vantaggio competitivo.

    Tutto ciò è in grado di spiegare le ragioni e i motivi per cui lo studio del family business sia diventato così prolifico: 

    Innanzitutto si tratta di un fenomeno della competitività glocale;

    Infatti nonostante ancora non ci sia una definizione universalmente accettata, che possa consentirci di conoscere in maniera unanime il conteggio complessivo del fenomeno, possiamo tutti convenire sul fatto che si tratti di un modello che assume dimensioni rilevanti;

    Inoltre, si tratta di un istituto non tipizzato nella letteratura internazionale.

    Nella credenza comune che possano essere accostate ad aziende di piccole dimensioni, oggi il fenomeno comprende caratteristiche di dimensioni imponenti; a tal proposito è bene studiarne ancora i tratti caratteristici.

    Per ultimo, nella confusione più totale nel cui vive il nostro il contesto, caratterizzato da recenti scandali finanziari si inverte il pensiero con cui guidare la competitività.

    Questo scenario ha indotto in molti un rinnovamento della scala delle prerogativa, che vede al primo posto la difesa del valore, rivalutando anche le strategia dell’ impresa che se non sono ben pianificata possono condurre al, più disastroso, fallimento.

    I modi attraverso cui è stata gestita la ricerca in questo settore, è da dividere in diversi filoni, criterio che spiega i diversi argomenti che nel family business venivano e vengono trattati.

    Una prima fase, ha come scopo l’ analisi delle relazioni, sulla carta positive, che scaturiscono dal connubio famiglia-azienda.

    Va messo in luce come nella prima parte dello studio, sia stato rivolto più a logiche relazionali, che a tematiche riguardanti le dinamiche aziendali, generando uno studio che si sostanziava in maniera maggioritaria nello studio della famiglia in se piuttosto che della reciproca influenza dei complessi organizzativi.

    La seconda fase riguarda, invece, lo studio di fattori critici di successo/fallimento delle aziende familiari.

    Possono essere ricomprese in questa categoria le dinamiche successorie presenti in azienda, la formazione in merito alla guida dell’ azienda, messa in pratica sui figli.

    Mentre in anni più datati, veniva attribuita scarsa attenzioni a temi di questo tipo, lasciando il fenomeno alla discrezionalità delle varie compagini aziendali, oggi viene prevista in molti studi o modelli tipo quello del life cyclemodels.

    La terza fase ha come obiettivo gli assetti proprietari e di governo. 

    Rientrano in questo filone le scelte strategiche aziendali in termini di governance.

    Negli ultimi trent’ anni, un'altra fase, ossia la quarta, ha avuto come principale obiettivo lo studio, anche da parte di ricercatori di macroeconomia, analizzando quale sia la relazione tra un sistema di governance presente in una particolare area e i risvolti macroeconomici conseguenti in quel particolare contesto.

    Un tema, questo, che ha riscosso, specie nel nostro paese, particolare interesse, data la presenza su vasta scala che si rintraccia di questo modello, che comunque deve confrontarsi con il contesto assai turbolento di oggi.

    Ai giorni nostri, invece, l’ attenzione è posta, sulla scia di Basilea 2, sui mezzi monetari detenuti dall’ impresa familiare, che ha avuto nel passato sempre una relazione singolare con il capitale.

    Non poche ricerche dimostrano come questo tipo di imprese sia avverso a fonti di finanziamento esterne, o comunque con qualsiasi tipo di influenza di tipo esterno.

    Da questi tipi di ricerche quello che è stato appurato è che le imprese familiari:

    • Non seguono una traiettoria definita e possono vivere anche a lungo nel tempo;
    • Non sono sempre caratterizzate da piccole e medie dimensioni, ma anche da grandi qualora lo richiedano le esigenze;
    • Molti sistemi economici fanno leva su questo modello;
    • Godono di particolare interesse, nei paesi economicamente sviluppati;
    • Possono essere oggetto di analisi afferenti a varie discipline; dalla macroeconomia, alla psicologia, all’ economia aziendale. 

      Gli economisti, ma gli storici ancora di più stabiliscono che nonostante l’ evoluzione di questo tipo di imprese sia stato diverso, in termini di tempo, quasi tutti gli imprenditori optavano per questa forma di organizzazione per poter condividere il rischio d’ impresa, in modo da non compromettere il patrimonio lasciandolo a soggetti di non sicura affidabilità.

      La sua evoluzione, non può dirsi uguale in qualsiasi territorio, in quanto dipenda da una serie di fattori atti a stabilirne la sua capacità di adattamento al contesto;

      Questi fattori potrebbero essere riassunti in sociali, culturali e storici, primo tra tutti il grado di industrializzazione raggiunto, in quanto tutti convengono sul fatto che ai primi stadi dell’ industrializzazione l’ impresa familiare abbia giocato un ruolo di primo piano.

      Per tale ragione la persistenza in alcuni contesti piuttosto che in altri sta a significare non un’ incapacità nella trasformazione da un modello ritenuto più obsoleto rispetto ad altri più moderni, ma la volontà di alcuni imprenditori di investire in forma che in una certa area si dimostrano maggiormente vincenti.

      In questi paesi, ad esempio, non sempre di carattere europeo, il family business, pare conservare una certa rilevanza e il passaggio a forme organizzative più evolute, non sembra riprodurre l’ ormai condiviso percorso di convergenza verso le public companies.

      I casi di questi paesi documentano che l’ attribuzione di caratteri negativi inflitti a questo tipo d’ impresa sono da considerarsi errati, poiché, specie negli ultimi anni hanno fatto ricorso a strumenti che ci inducono a ritenere che, anche qui, si potesse operare in maniera efficiente.

      Tra le prime presenza a controllo familiare si possono annoverare, nell’ esperienza dell’ Asia Orientale, lo zaibatsu in Giappone e lo cheabol in Corea del Sud.

      Il primo che va dal 1800 inoltrato fino ai primi del ’900, ha rappresentato un modello in grado di garantire tassi di crescita importanti all’ economia giapponese; grazie alla carenza di qualità manageriali, che consentiva ad una nicchia di imprese di essere presenti in alcuni settori, e con la presenza di house bank che ne garantivano i finanziamenti hanno avuto terreno fertile.

      Era caratterizzato da un gruppo di imprese diversificate a controllo familiare, rappresentate da ricche famiglie di mercanti, che avevano colto l’ opportunità di acquisire le aziende che venivano cedute dallo stato. 

      Caratteristiche simili, presentava il modello coreano dello cheabol, che ricalca il modello giapponese tranne per il fatto che questi non potevano essere controllate dalle banche, ed era lo stato che si assumeva l’ onere definire le scelte gestionali.

      La presenza di questi modelli non sono una caratteristica esclusiva dei paesi asiatici, ma rappresentano un tratto comune di quei paesi dove l’ industrializzazione è sbocciata con maggiore lentezza.

      In Sudamerica è possibile registrare l’ esistenza di modelli simili definiti grupos, sviluppati tra gli anni ‘ 20 e gli anni ’30 , rappresentando un modello ancora originale che convive con le più grosse imprese multinazionali.

      Nel nostro paese, l’ esistenza di un simile fenomeno, può essere compreso valutando la storia che contraddistingue lo stivale, facendo coincidere l’ impresa familiare con una peculiarità strutturale del nostro paese.

      Il tratto principale è che nei primi anni in cui il nostro stato vedeva la nascita delle prime forme organizzative era, ed in parte anche adesso, privilegiava le pratiche vicine al settore agricolo, al tessile e al manifatturiero.

      Le caratteristiche del nostro paese, organizzato, da anni, secondo la forma del distretto, possono anche essere comprese analizzando i dati a nostra disposizione sulle prime diciassette aziende  più antiche al mondo che rilevano per più della meta una presenza di Family Business del tutto italiana.

      Da un analisi comparativa a livello europeo, si può comprendere il senso prima dello nascita di questo modello: in Inghilterra così come in Italia, il modello fu previsto per dare una risposta alle incertezze e ai fallimenti di mercato.

      Nel caso in cui si volesse studiare in quali settori, diversi da quelli presenti nelle fasi di industrializzazione, avesse attecchito il family business, si può ovviamente affermare che questo tipo di impresa trova particolare applicazione in quei settori dove vi siano bassi costi di transazione, ricavabili questi dalla natura dell’ attività svolta.

      Oltre a questi fattori che hanno consentito di avere una strada spianata alle imprese familari, occorre sottolineare invece i caratteri legislativo-istituzionali che potessero garantire a queste imprese una certa sopravvivenza.

      Ad esempio, si può far riferimento al Bubble Act[1] in Gran Bretagna, che hanno impedito per un certo periodo di tempo ai soggetti che volevano organizzarsi in forma

      [1]Storica legge inglese, promulgate nel 1720 dal Parlamento, con l’ intento di ovviare a fallimenti di mercato avvenuti in precedenza e alla causa principale di quessti fallimenti ossia la South Sea Bubble che ammetteva l’ istituzioni di sole partnership e quindi I soci rispondevano con il proprio patrimonio dei debiti contratti da altri.

      d’ impresa di non farlo secondo la forma di società per azioni, ovvero in maniera equivalente in Germania secondo Gesellschaft mit beschränkter Haftung, l’ equivalente della nostra società a responsabilità limitata.

      Anche nel nostro paese in merito a questi punti, il trasferimento della proprietà, i meccanismi di trasmissione ereditaria ed anche le tasse di successione avevano consentito di essere particolarmente longeva.

      Tutti questi fattori possono, sicuramente, giustificare il motivo per cui nel nostro paese, ma in tutto il mondo, il family business abbia trovato strada fertile e rappresenta ancora oggi un modello da difendere.

       

      Family business: un modello ancora difficile da definire

       

      Le imprese familiari giocano un importante ruolo nei risvolti economici di molti paesi, rappresentando una fetta importante del tessuto imprenditoriale.

      A distanza dei primi anni in cui i ricercatori più lungimiranti iniziavano a imbattersi, nello studio del fenomeno, il campo del family business può essere considerato ancora pieno di insidie.

      Allo state attuale, infatti, non siamo in grado di riconoscere una definizione univoca e largamente accettata di family business, anche se in letteratura ve ne sono alcune.

      D’ altronde è riconosciuta la difficoltà di dare una definizione univoca e universalmente accettata, data la variegata presenza di questi modelli con caratteristiche assai peculiari da zona a zona.

      L’ utilità di una definizione, in questo caso, può servire a supportare gli obiettivi di ricerca, ovvero essere necessaria per disegnare una linea di demarcazione atta a distinguere tra tutto ciò che può essere considerato come impresa familiare e tutto ciò che non rientra in questo modello (quest’ ultima si è resa particolarmente avvertita, nel momento in cui sono state effettuate ricerche empiriche che potessero valutare chi tra le due performa meglio)

      Forti di queste premesse, si può comprendere, come la mancata accettazione in maniera unanime di una definizione, rende poco comparabili le ricerche, poiché evidenze 

      empiriche che fanno uso di definizioni diverse sfoceranno in una costituzione di campioni altrettanto diversi.

      Nonostante i miglioramenti conseguenti ai vari tentativi, derivanti da ricercatori afferenti a discipline e obiettivi differenti, si può affermare che anche se piccoli passi avanti sono stati mossi riguardo al problema, ancora oggi una definizione di family business internazionalmente riconosciuta è assente.

      Questi problemi, sono maggiormente aggravati al giorno d’ oggi, in un contesto internazionale e in pieno cambiamento, dove le famiglie e le culture differiscono non solo in termini geografici ma anche con il passare del tempo.

      Per poter essere considerata fruibile, una definizione deve essere poco ambigua e trasparente, in modo da poter operazionalizzare e quantificare il fenomeno.

      Ad ogni modo tutti gli autori che hanno cercato di dare una definizione al fenomeno del family business si sono avvalsi di aspetti propri di tale tipo di azienda oppure hanno fatto riferimento a criteri multipli.

      Di seguito sono portate le definizioni esistenti in letteratura, che vari autori, per varie ragioni, hanno contribuito a dare: 

      Appare evidente come per poter definire un azienda come familiare i diversi autori hanno fatto cenno a differenti approcci, ma tutte possono essere ricomprese in due differenti filoni:

      Un interessante metodo per definire il family business è il COI (Component of involvement approach, alternativamente definito come approccio demografico, il quale cercando di creare una distinzione con le imprese non familiari, valuta queste in relazione al grado di coinvolgimento della famiglia in termini di proprietà, gestione, e quindi, governance e la stabilisce come la sola condizione sufficiente.

      Molti autori criticano questo approccio in quanto tramite questa definizione che, nonostante i vantaggiosi criteri di misurazione oggettiva, senza che debbono essere svolte necessariamente indagini personali, non permette di creare una linea di demarcazione chiara tra Family e Non-Family e non consente di definire i vantaggi derivanti dalle strategie ascrivibili alla famiglia.

      In pratica a questo, poi vi potrebbe essere una disparità di consensi anche all’ interno della stessa, ossia tra chi fa cenno a questa definizione: in pratica se per alcuni è necessario che il nucleo familiare sia presente nella proprietà e nel management per altri per poter parlare di impresa familiare è necessario che ci sia un singolo socio individuale, o si utilizzerebbero soglie non uguali tra di loro.

      Aggrapparsi a questo tipo di metodo, non di per se abbastanza affidabile poiché valutare un’azienda come familiare, facendo riferimento alla sola proprietà potrebbe rivelare delle incomprensioni, stante l’ esistenza di strumenti atti a maschierare la natura di chi detiene effettivamente il capitale (meccanismi di voto, holding, fondazioni)

      Un altro metodo, più soggettivo, e a scelta di chi identifica il fenomeno, adottato in ricerca è l’ intention-based approach[1], che valuta un’ azienda si in base al coinvolgimento della famiglia, che come è ovvio deve essere presente, ma lo valuta come criterio necessario, considerando il comportamento e la volontà di intendere l’ azienda come tale e quindi l’ ambizione ad esserlo; ma anche questo approccio presenta delle pecche rinvenibili nella difficoltà di operazionalizzare i dati riguardo a: condivisione dei valori del business tra i familiari, la capacità di trasmettere tali valori agli eredi; ossia tutti dati che potrebbero essere reperite solo tramite interviste.

      Utilizzando una simile definizione si cadrebbe allo stesso modo in un errore poiché alcune imprese potrebbero qualificarsi come familiari ed altre no, guardandole, invece, da un punto di vista oggettivo.

      Astrachan et al. (2002)[2] cercano, data la difficoltà di stabilire una linea di demarcazione tra ciò che si intende come familiare e ciò che invece non lo è, di chiarire il problema avvalendosi di un modello, che combina le caratteristiche dei precedenti approcci, capace di definire il grado e il modo di coinvolgimento della famiglia.

      Per fare ciò considerano tre dimensioni di influenza delle famiglia: il potere, l’ esperienza e la culura.

       

      Per quanto riguarda la prima dimensione per potere, si intende la capacità della famiglia di influenzare l’ azienda tramite la proprietà, la governance, e quindi, nel management.

      Questa classe del modello, ha come obiettivo, quello di valutare il grado di potere, in generale nelle mani della famiglia, ovvero che può essere ricondotto al suo nome tramite soggetti da essa nominati. 

      La dimensione definita come experience ha a che fare con l’ esperienza accumulata in azienda che è resa possibile dai livelli di generazione che si sono succeduti e dal numero dei membri della famiglia che sono impiegati.

      Per molti autori un’ impresa può essere definita familiare quando il passaggio da una generazione ad un'altra è previsto; per molti altri invece ciò è possibile solo a passaggio generazionale avvenuto.

      Ciò che gli autori si sentono di dichiarare all’ unisono è che il passaggio genera valore sia alla famiglia che all’ azienda.

      La terza dimensione ossia quella della cultura asserisce che potrebbero essere considerate come imprese familiari quelle in cui famiglia e imprese condividono gli stessi valori e principi. 

      In tempi più recenti il voler dare una definizione a questi modelli non è stata solo prerogativa di ricercatori.

      Sulla base di questi problemi, ancora presenti, le istituzioni di respiro europeo e non, hanno cercato di dare una definizione al fenomeno, dapprima in Italia, con il diritto di famiglia in cui all’ art 230 bis c.c. si dice che: “è quell’ impresa in cui collaborano, in maniera continuativa, il coniuge, la persona unita civilmente, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo dell’ imprenditore” .

      In questa maniera si da tutela a quelle figure che legate da vincoli di parentela o affinità prestavano lavoro a favore dell’ impresa con il carattere della continuatività.

      Qui si è voluto rifromare nel 1975, il diritto di famiglia, non sovrapponendosi alla disciplina già presente nel diritto societario.

      Il Family Business Group, in ambito europeo, nel 2009, ha cercato di dare una definizione, che possa assistere i vari lavori di ricerca e possa, tramite politiche ad hoc, promuoverne il fenomeno, quella è stata la sede nel quale si è discussa la necessità di una definzione comune del modello in ambito europeo. 

      Dopo aver tentato di definire il family business, il cui scopo ultimo è quello di creare, un campione necessario alla nostra analisi, ora vogliamo delineare le più importanti  caratteristiche di questo tipo di imprese in modo da poter comprendere idriversche ci consentano di stabilire quale legame abbiano, e quanto possano impattare sulle performance.

      Il campo delle imprese familiari presenta tra i molti, ancora tanta ignoranza, che Corbetta definisce “false credenze”[1], che spesso scaturisce in diversi errori di valutazione circa le caratteristiche di questo modello.

      Non tutti gli autori, sono concordi per le sue peculiarità, a ricomprendere quella familiare, tra i tanti tipi di aziende, in quanto la vocazione prima di questo tipo di impresa, nella maggior parte dei casi, non è la realizzazione di un fine economico, ma i soddisfacimento di bisogni che circolano intorno al fenomeno, provenienti da soggetti che potrebbero dirsi, in un certo qual modo, portatori d’ interesse a vario titolo nell’ impresa.

      Di fatto prendendo a riferimento l’ impresa in senso generale, o meglio, volendo definire colui che voglia fare impresa secondo l’ art 2083 c.c., sfuggirebbe il senso effettivo del family business; l’ articolo infatti recita: “è imprenditore colui che esercita professionalmente un’ attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi”.

      Se volessimo darne una definizione più sociologica del fenomeno diremmo che è imprenditore colui che spinto da un sogno, un’ ideale o un interesse non puramente economico, organizza i mezzi della produzione per creare lavoro per i propri familiari, benessere, e bisogni propri da soddisfare-

      Proprio per tali ragioni l’ aspetto su cui tutti abbiano un pensiero unanime, rappresentando una peculiarità distintiva rispetto alle altre compagini, è che le imprese familiari siano caratterizzate da due istituti in grado di condizionarsi vicendevolmente, e 

      in alcuni casi addirittura accavallarsi. Questi istituti possono apparire in antitesi in quanto entrambi manifestano diversi valori, norme e principi;

      Non a caso la famiglia è caratterizzata per lo sviluppo di caratteri emotivi, di solidarietà, e la messa al centro dell’ individuo, mentre il business tende ad essere contraddistinto dall’ elevata competizione tra i membri e nella ricerca di fini economici, che possano consentirgli di realizzare un maggiore profitto;  per tale ragione possono implicare un trade-off tra i due istituti; è ciò che è scaturito da uno studio di Lansberg(1983) su uno ricerca di diversi parametri: selezione, formazione, valutazione e ricompensa.

      Alternativamente ad un modello a due cerchi, o meglio a due dimensioni, Tagiuri e Davis (1983) hanno cercato di spiegare le possibili interrelazioni che possono crearsi oltre che alla famiglia e al business, anche rispetto ad una dimensione che i precedenti lavori ignoravano: la proprietà.

      Secondo gli autori è un modello efficiente in termini di validità, in quanto ci consente di spiegare, i diversi ruoli assunti da chi opera in quest’ impresa, e in maniera intuitiva le complessità esistenti nel family business e di comprendere i punti di forza e le sfide di questo sistema. 

      È intuitivo che i legami che si creano tra le dimensioni, possano variare nel corso della vita dell’ impresa,  ed è ancora più chiaro che una situazione di elevata influenza possa palesarsi nel caso in cui la famiglia goda di ampi ruoli.

      Quindi è appurato che negli stadi iniziali di vita dell’ impresa risulta abbastanza difficile distinguere la dimensione aziendale da quella familiare, in quanto in questa fase la maggior parte delle incombenze siano di pertinenza del fondatore[1].

      Ad ogni modo in merito alle influenze e interazioni  che possono scaturire il modello si enuclea in quattro gruppi di interesse, ciascuno caratterizzato da diversi punti e obiettivi.

      • Dove si intersecano la proprietà e la famiglia, sono coinvolti soggetti appartenenti al nucleo familiare con quote di capitale azionario, che pur non partecipando a compiti di governance o manageriali, si aspettino comunque un ritorno della stessa, e promuovendo anche la prosperità dell’ azienda in quanto manifestano un alto grado di identificazione nella stessa.
      • Dove si intersecano famiglia e business, siamo in presenza di soggetti familiare non detentori di quote di capitale. Sono soggetti, solitamente giovani, che vogliono costruire la loro carriera in aziende, ovvero con legami familiari lontani alla proprietà. Potrebbero manifestare un certo sconforto se sviluppano la concezione che dei loro sforzi ne beneficiano altri.
      • Dove si intersecano proprietà e business, siamo in presenza di soggetti, che pur non appartenendo alla famiglia, sono li sono state attribuite delle quote di capitale, per far in modo che questi sviluppino un certo grado di identificazione al pari dei familiari. Se pur questo è il tentativo, spesso questi soggetti sono mossi da interessi egoistici che li portano a mettere in primo piano i loro obiettivi.

      Nel fulcro del modello,  in cui vi è un influenza completa di famiglia, proprietà e business, sono presenti soggetti che appartenenti al nucleo familiare, detengono una certa percentuale di capitale e sono impiegati a vario titolo nei ruoli gestionali dell’ impresa; sono portatori d’ interessi che vanno da: identificazione 

      • all’ interno dell’ azienda, remunerazione, carriera nella stessa, e per quanto loro possibile, farla prosperare. 

        Le imprese familiari continuano a giocare un ruolo rilevante nelle moderne economie di molti paesi avendo un risvolto in ambito economico e sociale, fino ad intaccare, in maniera positiva, l’ andamento del Pil e del tasso di occupazione

        Da fonti comparate, possiamo dire che allo stato attuale, il modello familiare si presenta come il modello prevalente, in tutte le economie, con una tendenza al consolidamento e in alcuni casi al suo sviluppo[1];[2].

        In Italia possiamo apprezzare una presenza di aziende familiari per circa 800.000, rappresentando l 85% del totale delle aziende presenti nello stivale, e contribuiscono in termini di occupazione per circa il 70%; Figurano,ancge, per medie e grandi dimensioni,infatti,  su un campione di circa 4000 aziende sul totale per il 56% di tutte le aziende che riescono ad ottenere ricavi superiori a 50 mln di euro, anche se la maggior parte delle nostre imprese si caratterizza per piccole dimensioni[3].

        Una delle caratteristiche tipiche appartenente alle aziende familiari italiane è che si distinguono quanto a longevità; non a caso possiamo vantare 15 delle 100 aziende più antiche al mondo[4].

        Quanto alla concentrazione settoriale,nel nostro paese, l’ osservatorio AUB, stabilisce che esse risultano maggiormente presenti nel settore manifatturiero e nei settori del commercio al dettaglio e all’ ingrosso incidendo rispettivamente per il 43% l’ uno e per il 28% l’ altro, seguono con quote meno consistenti il settore finanziario e immobiliare per il 12% e successivamente con un incidenza a scendere nei settori di energia e trasporti, costruzioni, trasporti e servizi in genere, dati che risultano ,quasi, pedissequamente in linea con quelli da noi raccolti. 

        Per quanto, invece, attiene alla concentrazione geografica, la maggior parte di questo tipo di imprese risulta situato nel nord Italia, e il resto per una piccola parte nel centro e nel sud e isole.

        Questo tipo di modelli, in Italia, pesano, all’ interno del mercato dei capitali italiano, per circa il 60%, contribuendo al 25% della capitalizzazione.

        Sono perlopiù caratterizzate da imprese di piccola e media dimensione, concentrate nel settore manifatturiero. 

        Dati non dissimili dalla rilevanza che assume il fenomeno all’ interno del family business in Italia, è possibile ricavarlo anche in paesi lontani, in termini geografici e culturali dal nostro, sottolineando ancora una volta l’ influenza positiva sul sul Pil, e sulla forza lavoro.

        Di seguito viene riportare una tabelle, che descrive, in maniera più ampia, la numerosità del fenomeno:

        Altra caratteristica, questa volta, che è possibile riscontrare in maniera diversa, tra il nostro paese e gli altri riguarda il team manageriale: non a caso con un numero molto prossimo al 60% le società familiari sono caratterizzate da un management composto per la sua interezza da membri familiari.

        Questi dati in merito al management possono essere considerati diversi rispetto agli altri stati, come pure quelli che si riferiscono alla longevità, trattati precedentemente.

        Il governo d’ impresa, o più comunemente, come si fa oggi utilizzando i termini angolofoni la corporate governance, interessa, le relazioni esistenti tra coloro che si potrebbero dire portatori di interessi diversi all’ interno dell’ azienda, dagli shareholders agli stakeholders a seconda dell’ interpretazione che si ha dell’ istituto, e potremmo definirla come l’ insieme delle regole, delle procedure e delle strumentazioni necessarie per giungere alle migliori scelte strategiche in modo tale da assicurarne nel tempo l’ economicità. “The system by which companies are directed and controller, Cadburt report, 1992”

        Dagli anni ’80 in seguito ad eventi che si sostanziano in scandali finanziari delle più grandi multinazionali è sorto il dubbio e il ritorno a temi come la salvaguardia del valore creato dall’ azienda.

        Solitamente, a seconda tel tipo d’ impresa le funzioni di corporate governance, possono dividersi in due cateoria.

        Una funzione protettiva, ossia di protezione del valore creato, che a seguito della separazione tra proprietà e controllo, nelle public companies si rendeva maggiormente necessaria; Questo perché, nasceva la possibilità per i gestori, non proprietari, la possibilità di comportarsi opportunisticamente, in base ai 

        1)    propri interessi, il che faceva scattare per il principale i cd. Costi di agenzia, e ulteriori costi di monitoraggio per evitare che questi atteggiamenti si verificassero. Da questa prospettiva, il governo di un impresa ha lo scopo di far convergere gli interessi tra principale e agente per ottenere performance superiori.

        2)    Una funzione creativa, ossia di creazione del valore, che risponde alle esigenze dei vai portatori d’ interesse, grazie all’ interazione che si crea dagli organi al proprio interno[1].

        Gli organi principali di cui si avvale la corporate governance sono l’ assemblea degli azionisti,  il consiglio di amministrazione, e il management.

        Oltre gli organi, in termini strutturali, si può comprendere, come altri meccanismi diversi da quelli interni, sono presenti per regolare il funzionamento della corporate governance, come ad esempio, I codici di autodisciplina di Borsa Italiana, le società di revisione, la Consob.

        Riprendendo il discorso sulle imprese familiari, queste, presentano caratteristiche peculiari in termini di composizione del Consiglio di Amministrazione, e altre situazioni che le consentono di gestire situazioni di difficoltà tra gli istituti di impresa e famiglia come il consiglio di famiglia e i patti di famiglia.

        Prima di studiarne le teorie che ci consentano di formular le nostre ipotesi, maggiore attenzione, si vorrebbe dare, alle caratteristiche, strutturali, in tema di governo aziendale, che possono caratterizzare queste forme d’ impresa.

       


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