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Viaggi nei balcani


Prima di inziare la parte dedicata ai miei viaggi nei balcani, altra mia grande passione vorrei parlare un po di quella che è una delle mie piu grandi passioni osssia lo studio delle etnie dei balcani. cosi simili e cosi diverse tra di loro hanno smepre suscitato in me molto interesse tanto da essere sempre inserite nei miei elaborati di laurea. capisco che a molti potrebbe non interessare la questione ma venendo a contatto con gente indigena mi sono sempre di piu incuriosito ed il fatto di parlare di una di queste esperienze mi inorgoglisce a tal punto che vorrei condividerla qui.  Le mie ricerche sono volte a chiarire le modalità con cui le minoranze presenti nei vari Stati nazionali che si sono formati all’indomani dello smembramento di quella che era la Repubblica Federale di Jugoslavia vengono tutelate. Prima di addentrarmi nella questione ovviamente vanno effettuate diverse premesse che passano dalla situazione storica e politica, a quella sociale e linguistica. Chi mi conosce, è a conoscenza anche del grande amore che nutro per i Balcani, dallo studio delle lingue ai semplici viaggi di curiosità e raccogliendo i quesiti dei miei interlocutori, le domande   che più spesso mi sono state poste quando si parlava degli studi che ho intrapreso e che ho intenzione di intraprendere avevano sempre a che fare con la questione etnica che non può quasi mai essere avulsa da quella linguistica; quando ad esempio parlavo del fascino che i Balcani hanno avuto su di me durante i miei studi, la domanda postami più frequentemente era sul come si fosse arrivati ad una scissione di piccoli Stati di cui in molti ignorano persino la topografia , nonostante siano  ad uno schiocco di dita da noi ; basterà infatti oltrepassare Trieste per trovarsi in Slovenia o Croazia o intraprendere un centinaio di chilometri di navigazione dai nostri porti adriatici per trovarsi in luoghi che seppur così vicini ci sembrano distanti anni luce. Un’altra domanda postami molto frequentemente è quella che chiede quale lingua si parli nei Balcani e vi sorprenderà sapere che la maggior parte delle persone lo ignora del tutto. Io stesso, prima di intraprendere questi studi conoscevo solo dove fossero posti questi stati o dove fosse posta la Jugoslavia e sapevo che i cognomi di quest’area, nella maggior parte dei casi, terminassero con il suffisso –ić ignorandone a mia volta la motivazione. Ovviamente una volta scoperto perché i cognomi terminassero con questo suffisso non mi sono accontentato e ho voluto scoprire quale lingua si parlasse in quest’area, dopo aver scoperto anche questo ho voluto scoprire perché si è arrivati ad una frammentazione simile che non riguarda solo i confini e la religione ma da vent’anni a questa parte riguarda anche la l’etnia e la lingua.Sembra infatti che se la guerra sia terminata sul campo, come chiarirò nel corso del mio elaborato, sia ancora in atto nei Balcani per mezzo della differenza etnica e della lingua che dividono o meglio ancora vogliono essere usate come  mezzo per dividere, per farsi ancora una volta guerra e non per comunicare. Per comprendere tutto quello che riguarda la mentalità balcanica risalente all’ultimo trentennio e anche più a mio avviso bisognerebbe analizzare il quadro storico più recente di queste terre e forse anche più remoto, poi analizzare l’interessantissima questione linguistica ed etnica che spesso uso come esempio per chiarire i quesiti di chi mi chiede delle differenze che ci sono tra questi popoli così vicini a noi e tra di loro ma anche così lontani da noi e tra di loro . Successivamente servirà soffermarsi su quello che è il tema centrale del mio elaborato ossia su come le varie etnie presenti nei vari Stati formatisi a seguito dello smembramento della Jugoslaviasiano distribuite nei vari territori e su come esse siano tutelate sia nel caso si tratti di minoranza etnica sia in caso contrario. Nel corso della mia vita ho avuto l’opportunità di recarmi più volte nei Balcani: dalla Slovenia alla Serbia passando per la Bosnia e ho avuto la fortuna di conoscere molte persone provenienti da tutte le aree dei Balcani con cui più volte affrontavo discorsi di tipo culturale, etnico, religioso, linguistico, politico, storico o sportivo. Questo mi ha permesso di addentrarmi nella mentalità balcanica, un requisito probabilmente fondamentale per comprendere molte cose che ad una mentalità europea possono sembrare incomprensibili. I vari progetti effettuati nei Balcani con la mia associazione Beyond Borders, finanziati dal Consiglio d’Europa, avevano lo scopo principale di collaborare tra le diverse associazioni con il fine di debellare l’odio; un sentimento purtroppo dilagante in quest’area.Analizzando la storia più recente dei Balcani c’è da dire che dall’anno 1991 le tensioni di tipo etnico, da sempre tangibili in quella terra che al momento dei fatti si chiamava Jugoslavia, esplosero definitivamente, portando il paese ad un conflitto che si risolse prima nel 1995 con gli accordi di Dayton e successivamente nel 1999 con il bombardamento da parte della NATO sulla città di Belgrado . Il fulcro su cui giravano le controversie era il futuro dell'entità federale jugoslava, ovvero la fortissima divergenza di opinioni tra le repubbliche che costituivano la Repubblica federale. La violenta dissoluzione finì sotto i riflettori della comunità internazionale, che scese in campo nel tentativo di placare le ostilità. In più cercò di non essere solo uno spettatore impotente, consapevole dei legami che condivideva con il proprio vicino slavo. Negli anni precedenti alla crisi, i rapporti tra Jugoslavia e il resto dell’Europa avevano sperimentato un costante miglioramento; le ottime relazioni con la Jugoslavia erano diventate il fiore 

all'occhiello della Comunità Europea, sino ad allora vista dalla potenza americana come un’entità ancora troppo distaccata dal resto del suo stesso continente. L'interscambio economico era florido, e l’Europa tutta auspicava che, con la fine della Guerra Fredda e il crollo del comunismo, la Jugoslavia potesse diventare una vera e propria porta per la penetrazione nell’ Est Europa. Credendo fervidamente in questo progetto, la Ce si era resa sponsor di diverse iniziative, tra cui la Quadrangolare, un’iniziativa del tutto italiana, atte a promuovere anche la cooperazione culturale e politica, oltre che economica. In questo contesto, la disgregazione della Federazione si presentò quindi, come un'eventualità da scongiurare, nel timore di distruggere un rapporto privilegiato che si stava lentamente costruendo. Le velleità secessioniste delle due repubbliche di Slovenia e Croazia andavano dunque scoraggiate. Il governo europeo cercò di ritagliarsi un ruolo mediatore nelle istanze delle entità jugoslave, promuovendo una soluzione unitaria ed appoggiando, quantomeno inizialmente, il governo federale. Contemporaneamente, si adoperò per trovare una soluzione concordata con gli intenti della Comunità stessa, che in quel momento stava affrontando la discussione sull'integrazione, in nome di una politica estera comune. Protagonista di questa fase furono iministri degli esteri dei Dodici, forti sostenitore di tali indicazioni. Un grave errore che però fu fatto da chi si era messo in prima linea, fu quello di non considerare le differenze etniche che si erano soppresse in passato ma che erano pronte a resuscitare, per essere usate come leva da gente senza scrupoli, per costringere i popoli dell’area balcanica ad odiarsi tra di loro. Gli strascichi della crisi sono visibili ancora oggi, dove la guerra si fa alla comunicazione, alla tutela delle minoranze e al rispetto dei propri fratelli.


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